“Pensare per squadre è una prerogativa maschile, io sono una donna, non penso per squadre, penso per relazioni”. ilLibraio.it ha intervistato la scrittrice Chiara Valerio, a cui è stato assegnato il coordinamento del programma generale di “Tempo di Libri”, la nuova fiera dell’editoria che si terrà a Milano dal 19 al 23 aprile 2017: “Perché ho accettato la sfida? Curiosità, che è il mio primo motore in tutto. Poi la possibilità di dismettere, quantomeno di provarci, la distinzione tra cultura alta e cultura bassa. La distinzione visiva…”. Quanto al Salone del libro di Torino…

Quello di Chiara Valerio è senza dubbio il nome che colpisce di più nella squadra che lavorerà alla prima edizione di Tempo di Libri, la nuova fiera dell’editoria che si terrà a Milano dal 19 al 23 aprile 2017, presentata oggi dopo mesi di polemiche con il Salone del libro di Torino.

Il programma della nuova manifestazione sarà elaborato su più livelli, con alcune aree principali coordinate da altrettanti responsabili (retribuiti): a Chiara Valerio è stata assegnata la guida del programma generale.

Già collaboratrice di Nottetempo e autrice per Rai3, in questi giorni in libreria con Storia umana della matematica (Einaudi), Valerio è nata a Scauri nel 1978 e vive a Roma.

La scrittrice è molto inserita nell’ambiente editoriale della Capitale, che non ha certo fatto mancare critiche nei confronti dell’Aie e dei grandi gruppi editoriali milanesi in queste settimane.

L’abbiamo intervistata per capire come ha in mente di affrontare questo non semplice impegno.

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Chiara Valerio, la sua nomina è arrivata a sorpresa: cosa l’ha spinta ad accettare questa sfida?
“La curiosità, che è il mio primo motore in tutto. Poi la possibilità di dismettere, quantomeno di provarci, la distinzione tra cultura alta e cultura bassa. La distinzione visiva. Le spiego. Sono cresciuta in un paese dove non c’era una libreria e non c’era una biblioteca, dunque il mio orizzonte, oltre i molti libri in casa, era il giornalaio dove Tolstoj e Dickens (in allegato ai quotidiani) erano accanto a Skorpio (forse è una storia che racconta Tommaso Pincio, ma vale anche per me). Perciò ho accettato, penso che le persone debbano vedere tutti i libri e poi scegliere”.

Senza dubbio è presto per entrare nei dettagli, ma come immagina il suo programma?
“Spero prima di tutto che non sia il mio programma, ma il programma della fiera dell’editoria italiana con le sue sezioni, le persone che pensano e ci lavorano, e tutto il resto. Queste cose non si fanno mai da soli. Poi, non mi sono mai piaciuti troppo i possessivi. Mio tuo suo. I possessivi hanno a che fare con l’identità. L’identità è un concetto asfittico, mi piacciono le appartenenze. Se ha letto Il bambino nella neve di Wlodek Goldkorn, sa cosa intendo. Lo immagino somigliante di più a una lettrice e a un lettore, cioè più interessato alle storie e ai temi che ai nomi e ai marchi. Lo immagino con percorsi sonori, io lavoro da anni in un programma di Radio 3, Ad alta voce, con Anna Antonelli, Fabiana Carobolante e Lorenzo Pavolini, che va in onda ogni giorno, e semplicemente si leggono i libri, e quei grandi romanzi arrivano in paesi come quello in cui io sono nata, senza libreria e senza biblioteca, e dunque per me, la voce che legge, la voce umana è importante. Ma sono intenzioni, non è un programma, quindi non so se le ho risposto”.

A quali modelli vorrebbe ispirarsi? Che tipo di innovazioni vorrebbe portare?
“Penso che non ci sia immaginazione del futuro senza memoria del passato, quindi terrò conto di tutto quello che ho visto, anzi, che ho guardato”.

La sua presenza favorirà un riavvicinamento tra la nuova fiera milanese e l’editoria romana, da cui nei mesi scorsi sono arrivate critiche nei confronti dell’Aie?
“Per me non è l’editoria romana, per me sono persone che sono state e saranno sempre i miei interlocutori, come io sono stata e spero di continuare a essere il loro. Poi so che i libri sono oggetti sentimentali più di altri, e che, come ha scritto (credo ne L’età dell’argento) Ginevra Bompiani, con la quale ho felicemente lavorato (e imparato) a Nottetempo negli ultimi 8 anni, non si può solo parlare, si deve piangere e ridere insieme, bisogna passare per queste due inclinazioni del torace”.

Pensa sia possibile superare le tensioni dei mesi scorsi e trovare forme di collaborazione con il Salone del libro di Torino, che tra un paio di settimane dovrebbe presentare il nuovo progetto?
“Certo che penso sia possibile. Dobbiamo far sì che sia possibile perché i libri sono sempre la prosecuzione uno dell’altro, e dunque devono esserlo le manifestazioni che intorno ai libri crescono. Poi, come ha scritto Virginia Woolf (credo in Una stanza tutta per sé) pensare per squadre è una prerogativa maschile, io sono una donna, non penso per squadre, penso per relazioni”.

 

Fotografia header: Chiara Valerio

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