Intervista a Glenn Cooper autore di La mappa del destino ISBN:9788842916710

Segreti millenari, avventure in epoche remote e luoghi impervi sono gli ingredienti principali del nuovo romanzo di Glenn Cooper. Ancora una volta è un libro antico e misterioso ad accendere la trama. La mappa del destino narra di un manoscritto rimasto nascosto per secoli nel muro di un’abbazia e ritrovato per caso in seguito a un incendio. Il testo è in codice, tuttavia l’incipit in latino è di una chiarezza allarmante: l’autore del manoscritto (un monaco dell’abbazia di Ruac) afferma di avere duecentoventi anni e di essere pronto a raccontare la sua storia. Si tratta di una burla medievale o è il fedele resoconto di un miracolo inspiegabile? Intanto l’archeologo Luc Simard, durante la perlustrazione delle grotte di Ruac, s’imbatte in una serie di dipinti rupestri che raffigurano le stesse piante riprodotte nel manoscritto. Si tratta del primo passo lungo una strada che rischia di condurre l’umanità verso un punto di non ritorno. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

D. Dopo il successo ottenuto dalla serie con protagonista Will Piper, ora si presenta al pubblico italiano con un libro a sé stante. Con che spirito ha affrontato questa nuova avventura?

R. Nessuna differenza di approccio rispetto al passato. Del resto, anche il mio romanzo d’esordio era nato come libro singolo. Soltanto a bozze ultimate è nata l’idea di scrivere un sequel. A dir la verità non mi sento affatto tagliato per il ruolo di scrittore “seriale”. Ho un carattere piuttosto irrequieto e questa vivacità mi porta a esplorare sempre nuove strade. Anche se alcuni lettori sarebbero felicissimi se scrivessi libri su Will Piper per tutta la vita, non penso che lo farò.

D. La mappa del destino presenta alcuni degli elementi tipici della sua narrativa: libri misteriosi, antichi monasteri, la continua alternanza tra piani temporali. Tuttavia, in questo romanzo, il cammino a ritroso nel tempo si snoda addirittura sino all’epoca dell’Uomo di Cro-Magnon. Quali difficoltà ha incontrato nel ricreare una società primitiva?

R. La rappresentazione di personaggi preistorici è stata la sfida più grande. Pochi scrittori sono stati in grado di ottenere esiti soddisfacenti. Jean Auel, autrice del ciclo di Ayla, rappresenta una vistosa eccezione a questa regola. Compresi subito che il problema più grosso era rappresentato dai dialoghi. Quali parole potevo mettere in bocca ai miei personaggi? Dovevano sembrare moderni o esprimersi in una lingua artificiosa e primitiva? Alla fine ho scelto di filtrare la loro esperienza in terza persona senza nemmeno un dialogo. Ritenevo che fosse l’approccio migliore e coltivo la speranza che i lettori approvino la mia scelta.

D. Il primo capitolo si chiude con una frase di grande effetto, che allude al tema forte del libro: “Io, Barthomieu, monaco dell’abbazia di Ruac, ho 220 anni. E questa è la mia storia”. Com’è nata l’idea di rispolverare il tema dell’elisir di lunga vita?

R. Il ruolo che ricopro in un’azienda di biotecnologie mi consente di essere sempre aggiornato sui recenti sviluppi nel campo della genetica e sulle conseguenti implicazioni nello studio della longevità. Un argomento davvero affascinante. Le scoperte scientifiche degli ultimi anni lasciano intravedere la possibilità di creare medicinali in grado di allungare la vita. Il fatto che parecchi farmaci vengano ricavati da piante, mi ha portato a sviluppare l’idea di un elisir scoperto in età preistorica.

D. La pittura rupestre ha grande rilievo nella trama. Quando ha sviluppato l’interesse per iscrizioni e graffiti primitivi?

R. Le pitture rupestri di Lascaux mi hanno sempre affascinato, al punto da avere un ruolo decisivo nella mia decisione di studiare archeologia all’università. Conoscevo molto bene la materia anche prima di mettermi a scrivere il libro, ma – non contento di ciò – mi sono rimesso a studiare per apprendere nozioni utili alla stesura di La mappa del destino. Con il pretesto delle ricerche, ho acquistato una serie di interessantissimi volumi sull’argomento, cito in particolare il fondamentale “Lascaux: Movement, Space and Time” di Norbert Aujoulat.

D. Come d’abitudine, Lei fa interagire figure storiche e personaggi di fantasia. Com’è caduta la scelta su Bernardo di Chiaravalle?

R. È stata la vicenda di Abelardo ed Eloisa a guidarmi sino a lui. Le loro lettere d’amore rappresentano un autentico tesoro di eloquenza e sono ancora in grado di destare commozione presso i lettori moderni. Bernardo di Chiaravalle fu loro contemporaneo e probabilmente il più influente uomo di chiesa di quel tempo. Le loro vicende finirono inevitabilmente per intrecciarsi.

D. Qual è la caratteristica che identifica più di ogni altra l’ordine cistercense?

R. Dell’ordine di San Bernardo colpiscono innanzitutto l’austerità e la fede illimitata. All’interno dell’ordine c’erano senza dubbio anche ipocriti e impostori, ma la purezza di quegli ideali e la stoica adesione alla fede mi toccano nel profondo.

D. Il generale André Gatinois ha un ruolo chiave all’interno dell’Unità 70, un’agenzia d’intelligence francese che punta tutto sulla segretezza. I temi connessi ai servizi segreti mi hanno richiamato alla mente il recente scandalo di Wikileaks. Posso avere una sua opinione in proposito?

R. Wikileaks? Curioso questo parallelismo. Non ci avevo mai riflettuto. Allora, vediamo un po’. La trasparenza dovrebbe essere una buona cosa, no? Ma a quale costo? Governi e diplomazie svolgono attività che possono sembrare per certi versi losche, pur essendo assolutamente indispensabili. La segretezza, d’altra parte, è un requisito fondamentale senza il quale un’iniziativa diplomatica è destinata a fallire. Credo che tali iniziative abbiano salvato molte più vite di quante ne siano state sacrificate per raggiungere un dato scopo. Io tendo spesso a guardare entrambe le facce della medaglia e questo farebbe di me un pessimo politico.

D. Uno dei suoi personaggi, a un certo punto, fa riferimento a un testo singolare, il manoscritto Voynich. Esiste? Di che si tratta?

R. Il manoscritto Voynich è uno dei più affascinanti documenti della storia. Si tratta di un enigmatico manoscritto del XV secolo che resiste tuttora ai tentativi di decifrazione. È illustrato sontuosamente con immagini colorate di piante bizzarre, corpi di donna e creature celesti, ed è stato giudicato sia come una burla che come un testo genuino.

D. Sono vere le voci relative alla sua intenzione di scrivere un altro libro su Will Piper?

R. Ho sempre dichiarato che non l’avrei mai fatto. Tuttavia, recentemente, mi è venuta un’idea interessata per un terzo – e ultimo – episodio della serie. Appena avrò terminato il libro su cui sto lavorando, proverò a cimentarmi.

Intervista a cura di Marco Marangon

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