“Non amo particolarmente la letteratura sudamericana. La trovo troppo grassa, floreale, sovrabbondante. A me piace la nettezza della lingua….”: Francesco De Gregori si racconta in un libro-intervista con Antonio Gnoli.
Su ilLibraio.it il capitolo in cui il grande cantautore parla di libri e scrittori: “America di Kafka? Pur essendo uno dei libri più profondi del Novecento, possiede una semplicità disarmante…”

Francesco De Gregori si racconta attraverso una serie di conversazioni condotte dal giornalista di Repubblica Antonio Gnoli raccolte in Passo d’uomo (Laterza). La sua vita e il suo mondo emergono in una successione di pensieri, ricordi ed emozioni. Le sue canzoni fanno da sfondo alle nostre esistenze intrecciate con la storia italiana.

De Gregori racconta le esperienze ha vissuto con coerenza e desiderio: i libri letti e amati e gli autori che lo hanno segnato; l’America con i suoi miti e la politica con i suoi equivoci e il senso di cosa abbia voluto dire per lui essere di sinistra senza lasciarsene condizionare.

Passo d'uomo

Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un breve estratto tratto dal libro, in cui De Gregori parla degli scrittori amati (e non solo)

AG Eppure hai letto un testo come America di Kafka.
FDG Per puro e incosciente amore, torniamo sempre lì. Pur essendo uno dei libri più profondi del Novecento, possiede una semplicità disarmante.

AG Penso che sia il suo romanzo più cinematografico. Quando leggo le pagine dedicate al teatro Oklahoma ho la sensazione che Kafka avesse in mente le scenografie di Hollywood.
FDG Sai che Fellini avrebbe voluto farne un film? Proprio in Intervista riprende se stesso che sta girando America.

AG Cosa ti è piaciuto del romanzo?
FDG Quel personaggio mite e incorruttibilmente buono che è Karl Rossmann. È un romanzo strano, perché di solito i personaggi che ci piacciono sono quelli inclini alla negatività: Raskolnikov di Dostoevskij, l’Innominato di Manzoni, Meur-sault di Camus. Invece in America l’eroe è buono, eppure stranamente mi seduce. E poi c’è il fascino geografico del Paese che, soprattutto in gioventù, mi ha provocato un forte coinvolgimento.

AG L’America di Kafka è molto particolare.
FDG È un’America sognata da chi in fondo non c’è mai stato. È il risultato di cose lette e dei resoconti degli emigranti che tornavano in Europa. C’è un’intuitiva fedeltà a quel mondo. Anche straniante. Mi torna in mente la descrizione che egli fa della scrivania dello zio di Karl. Sembra la prefigurazione di un computer, di un aggeggio meccanizzato, utile, certo, ma fuori dalla comprensione immediata. In qualche modo è come se, con largo anticipo, avesse intuito l’incontrollabilità della tecnologia.

AG A proposito di stranezze, c’è anche un certo erotismo nei suoi romanzi, che non ti aspetti.
FDG È vero, è come se Kafka affrontasse diverse sfumature di femminilità, fino ad arrivare a Brunelda, un personaggio che compare nel penultimo capitolo e che ha le fattezze di una virago terribile. È una cantante, ex mantenuta, una vera prostituta nell’animo.
C’è un meraviglioso capitolo, che è uscito solo in appendice alla nuova traduzione, dove Karl Rossmann è costretto a spingere la carrozzella con Brunelda sopra che va a fare i suoi servizi in un bordello. Kafka descrive la difficoltà di traspor¬tare quel peso notevole e a un certo punto ci fa intravedere il pudore di questa donna fin lì descritta in termini odiosi. Lì per un attimo si trasfigura, come se non volesse più essere riconosciuta nel mestiere che fa, si vergogna e si mette addosso un telo, qualcosa che la mimetizzi, la nasconda. È uno dei momenti più lirici di tutto il romanzo.

AG Accennavi prima a un tuo bisogno di semplicità, quasi un rimpianto per ciò che non sei riuscito a realizzare. Ora, è vero che c’è una letteratura che ha degli esempi in cui la semplicità è un valore artistico. Ma al tempo stesso c’è una grandezza nella complessità linguistica.
FDG Non disprezzo la complessità purché sia necessaria.

AG Tomasi di Lampedusa divideva gli scrittori fra grassi e magri.
FDG Mi pare una suddivisione originale. Io, ad esempio, non amo particolarmente la letteratura sudamericana. La trovo troppo grassa, floreale, sovrabbondante. A me piace la nettezza della lingua. Però mi rendo conto che se vuoi raccontare il mondo della psicoanalisi, la scoperta dell’inconscio, condensare in una giornata la vita di un uomo, indagare la relazione tra un padre, il figlio e la moglie che lo tradisce, se vuoi descriverne i contorcimenti e alla fine provocare il lettore quando Leopold Bloom si masturba su una spiaggia, davanti al mare, se insomma vuoi scrivere l’Ulisse e vuoi rinnovare il linguaggio allora non puoi inseguire la semplicità.

AG Mi colpiva la tua accusa di fastidiosa ridondanza della letteratura sudamericana.
FDG Il suo sgargiante barocco è anche bello, ma quando leggo questi autori ho l’impressione di mettermi su un tapis roulant e di farmi trasportare. È una direzione obbligata.

AG Ci sono autori meno barocchi.
FDG A chi pensi?

AG Julio Cortázar per esempio.
FDG Lo conosco poco. Ti confesso, e so che la cosa può deludere molti, che sono stato vaccinato da Gabriel García Márquez. Dopo di che ho lasciato un po’ perdere. Mi piace Osvaldo Soriano, un paio dei suoi libri belli li ho letti. Ora, vedi, qui sul tavolo ho dei racconti di Juan Rulfo, me li ha regalati uno dei due miei figli. Tu mi dici che Rulfo è un grande. Spero dunque di ricredermi.

AG Borges come ti appare?
FDG L’ho letto poco, è come se l’eccesso di mitologia che gli è stata creata attorno me lo abbia fatto tenere lontano. Ho letto molto il romanzo americano e inglese. Però non vorrei dare l’impressione di uno che passa la vita a leggere. La verità è che io annuso. L’importante è che non mi annoi. Anche i russi non ne ho letti tanti. A parte Gogol’ che mi piace tantissimo, Čechov e qualcosa di Dostoevskij, devo ammettere molte lacune. Non ho mai letto Il dottor Zivago. Morirò senza aver letto purtroppo la Recherche. A meno di non passare una lunga vacanza alle terme dove l’unica lettura consentita e consigliabile potrebbe essere Proust. Vivo tutto questo senza complessi di colpa e senza inferiorità culturale. Credo che un uomo possa prendere alcune cose dalla letteratura, ma non necessariamente da quelli che decretiamo siano i capolavori. Oltretutto, parlo spesso per sentito dire. Ma è un sentito dire orecchiabile, gradevole, senza che un ditino alzato mi spieghi come va il mondo.

AG Mi piace questa onestà dichiarata…

(continua in libreria…)

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