“Il femminismo è superato. Falso!”, saggio di Paola Columba, è (anche) l’occasione per riflettere sulle differenze tra i movimenti del passato e il “nuovo” femminismo, in cui un ruolo importante è svolto dalla rete e dai social

Il femminismo è superato? O ce n’è ancora bisogno? Questa è la domanda che si è posta (e ha posto) la regista e autrice Paola Columba. Una riflessione che l’ha portata a incontrare e interrogare giovani donne e portavoci storiche del movimento femminista italiano come Lea Melandri, Luisa Muraro, Lidia Ravera.

Dalle risposte e dalle riflessioni raccolte sono nati il documentario Femminismo! e il saggio Il femminismo è superato. Falso! (Laterza), che permette di riflettere sul ruolo del femminismo nel nostro Paese e di leggere testimonianze di personaggi che hanno combattuto per i diritti delle donne (basti pensare alle battaglie per l’aborto e il divorzio).

Sempre più spesso si sente parlare di femminismo in tv e soprattutto online (tanto che si dibatte anche sul rischio che il femminismo diventi una “moda”, e di questo ilLibraio.it ha discusso, ad esempio, con Andi Zeisler, scrittrice e co-fondatrice di Bitch, e con Jessa Crispin autrice del pamphlet Perché non sono femminista. Un manifesto femminista), ma davvero le giovani donne italiane si sentono femministe e riconoscono il valore delle battaglie portate avanti nei decenni passati dalle figure chiave del movimento?

Columba, intervistando studentesse e giovani lavoratrici di tutta la penisola, ha raccolto testimonianze e riflessioni che raccontano una situazione contrastante. Da un lato c’è chi ritiene che ormai il femminismo sia superato, dall’altro chi ancora riconosce la necessità di occuparsi dei diritti delle donne.

L’autrice, tuttavia, sembra riportare e approfondire soprattutto il parere di chi vede il femminismo come ormai inutile, visto che “le donne hanno tutti i diritti”, o di chi identifica il movimento come un “maschilismo al contrario”. Una prospettiva, quella adottata, che sembra dimenticare l’attenzione, soprattutto negli ultimi anni, per la situazione femminile in Occidente.

In Italia, e non solo, sono tante le ragazze che si sentono femministe, e che discutono di questi temi in rete. E che sarebbe interessante interpellare.

Columba parla di “un intimo disagio” che l’ha spinta a indagare sulle condizioni del femminismo in Italia. Una “sorpresa crescente di non riuscire più a riconoscermi nel mio paese, il luogo in cui sono nata e che mi ha reso libera” e che nasce dalla scoperta di come la condizione di parità tra uomini e donne sia ancora lontana in Italia. Disparità salariale e gender gap che si amplia di anno in anno, tanto che l’Italia è recessa di 32 posti dal 2015 (ora è 82esima su 144 paesi secondo il Global Gender Gap). Dietro ai dati Columba individua “comportamenti sessisti, misogini e maschilisti in famiglia, nei luoghi di lavoro e in politica. Per non dire dell’uso di vecchi e nuovi stereotipi nel linguaggio, in pubblicità, in televisione e sul web”.

Nonostante questi dati, che evidenziano una retrocessione nei diritti delle donne in Italia, come racconta Columba non mancano ragazze che “si sentono pari agli uomini”, che “si sentono libere. E non percepiscono il pericolo di perdere i diritti faticosamente ottenuti dalle loro nonne e dalle loro mamme”.

Mettendo a confronto le testimonianze di queste giovani “non femministe” con i racconti delle femministe storiche, Columba cerca una risposta a una delle domande che porta avanti nel saggio: se alcune delle ragazze di oggi considerano il femminismo superato, dove ha fallito il movimento, che è stato invece centrale per le donne delle generazioni precedenti?

Una domanda a cui nel libro Columba non sembra trovare una risposta, anche perché, probabilmente, sottovaluta l’intersezionalità del femminismo contemporaneo, spesso in contrasto con l’esclusivismo di alcuni gruppi “storici”.

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