Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, racconta a ilLibraio.it come si sta evolvendo la lingua italiana, parla dell’abuso dei termini stranieri, di come la scuola può aiutare i ragazzi e dello sdoganamento di alcune norme che, in determinati casi, possono essere superate. Vale anche per il tanto discusso (non) uso del congiuntivo…

La lingua è natura, si evolve“. Come, lo spiega Francesco Sabatini, Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca, nel suo Lezione di italiano (Mondadori). “Un’opera più scientifica”, che si  propone di indagare la grammatica, ma soprattutto di sondare il cervello, tramite la neuroscienza, per comprendere come impariamo e utilizziamo la nostra lingua.

francesco sabatini

Come si sta evolvendo l’italiano

Le lingue per fortuna cambiano, dobbiamo però evitare di stravolgere rapidamente le costruzioni, altrimenti rischiamo di non capirci più. L’evoluzione della lingua è naturale, ma oggi la velocità ha invaso tutti i processi. Bisogna prestare attenzione a mantenere il contatto sia con la tradizione precedente, sia con la società in cui viviamo“, specifica il linguista, filologo e lessicologo Sabatini intervistato da ilLibraio.it.

Uno dei rischi principali, sottolinea l’autore, è “specializzarci troppo”: un linguaggio ricco di tecnicismi, usato al di fuori del gruppo a cui questi lemmi appartengono, rischia di rendere le nostre parole incomprensibili ai più.

I rischi che corrono i ragazzi e il compito della scuola

Rischio che corrono anche i giovanissimi, che trascorrono il loro tempo libero comunicando in chat coi coetanei. “Per eccesso di velocità e per via del lessico ristretto al giro dei propri amici, la lingua dei ragazzi rischia una riduzione, un impoverimento. Compito della scuola, perché si parla di ragazzi in età scolare, è quello di inviare ai ragazzi gli input, gli indirizzi e i consigli più appropriati”, continua Sabatini. “La velocità fa parte della specie umana e cresce nel tempo, ma è importante avere coscienza e conoscenza del passato, ‘perdere i vagoni dietro’ non è un vantaggio”.

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Le influenze straniere

Una lingua che si evolve aprendosi anche alle influenze straniere, però con moderazione e cognizione di causa, perché, come argomenta Sabatini, “introdurre parole da altre lingue può essere necessario, soprattutto in alcuni ambiti”. Tuttavia bisognerebbe seguire alcuni accorgimenti: “Tradurre e adattare le parole straniere alla pronuncia e alla grafia italiana per renderle più famigliari”, ad esempio.

Altrimenti si rischia una corsa verso la parola straniera “che crediamo di aver capito, ma magari proprio chi la usa non ne conosce il significato e così crea una frattura, un distacco dagli altri e una confusione generale. Per questo, secondo l’autore del saggio, l’introduzione di parole straniere è un processo sì naturale, ma da far maturare con una certa attenzione. Possiamo condensare in quattro punti il rischio che altrimenti si corre: non conoscere bene il significato della parola, e quindi non sapere ciò che si dice; non saperla pronunciare e quindi renderla incomprensibile a chi veramente conosce la lingua; non saperla scrivere, ossia avere incertezze al momento di metterla per iscritto.; e, infine, non farci capire da un numero sufficientemente alto di persone“.

Il dibattito sul congiuntivo…

L’evoluzione della lingua non si limita all’introduzione di lemmi stranieri, nella sua opera Sabatini spiega anche come alcune ‘norme’ possano essere superate. Fenomeni come l’uso del congiuntivo in alcune subordinate, la frase segmentata, l’uso del pronome gli per soggetti femminili o plurali, ad esempio, “hanno fatto parte dell’italiano più sciolto, più semplice, da secoli. Non sono una novità degli ultimi anni”, ricorda l’autore. “Nel passato, mancando l’unità politica e sociale, l’italiano era una lingua d’elite e prevalentemente scritta, per fortuna ora è parlata e questi fenomeni di scioltezza e semplificazione avanzano. Oggi non possiamo ributtare queste peculiarità, ma dobbiamo distinguere tra livelli e stili di lingua diversi, anche nello scritto. Narrativa, articolo, saggio possono permettere queste semplificazioni perché si avvicinano al parlato, scritture più tecniche e formali invece non ne hanno bisogno”. Per quanto riguarda il congiuntivo “bisogna distinguere casi in cui è obbligatorio e strutture in cui invece c’è un’antica tendenza all’uso dell’indicativo, come dopo i verbi credere, pensare, ritenere“.

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