Un inedito (la title track) e 14 tra le canzoni più celebri, incise dal vivo con la Royal Philharmonic Concert Orchestra. In occasione dell’uscita del disco “Torneremo ancora”, su ilLibraio.it un viaggio nei brani (e nei testi) più amati di Franco Battiato. Tra introspezione psicologica e riferimenti pop, sincretismo culturale e gusto mediorientale, stilemi amorosi tradizionali e trasgressioni elettroniche, l’approfondimento sull’opera di un artista che ha sempre amato sperimentare

In Sicilia, provincia di Catania, per soli sei anni è esistito un paese di nome Giarre Riposto. Venne creato dal regime fascista nel ‘39, dall’unificazione di due comuni omonimi. La città, che durante la sua breve vita cambierà nome in Ionia, è dimenticabile. I due centri di Giarre e Riposto si separeranno nuovamente dopo la Guerra, nel ’45, a causa delle diverse vocazioni economiche – rispettivamente agricola e marittima. Questa cittadina farà tuttavia in tempo a dare i natali a uno degli artisti siciliani più celebri: Franco Battiato.

Da tempo circolano voci sulle condizioni di salute dell’artista, ma è la musica quella che dovrebbe essere messa al centro: a questo proposito, Torneremo ancora è il nuovo progetto discografico del cantautore, più di settant’anni e 35 album all’attivo. Un inedito (la title track) e 14 tra le più celebri canzoni, incise dal vivo con la Royal Philharmonic Concert Orchestra.

I quattordici brani sono così eterogenei che è lecito presumere siano stati scelti perché tra i più significativi della carriera di Battiato – rappresentativi dell’eterogeneità stessa di quest’ultima, all’insegna delle continue sperimentazioni strumentali.

Introspezione psicologica e riferimenti pop, sincretismo culturale e gusto mediorientale, stilemi amorosi tradizionali e trasgressioni elettroniche si accavallano e si fondono in questo album come nell’intera produzione discografica dell’autore. Eccone una breve disamina:

Come un cammello in una grondaia – Come un cammello in una grondaia, 1991

 

Il primo brano prende il nome dal sedicesimo album di Battiato, uscito nel 1991.

La similitudine, in apparenza inutilmente ermetica, racchiudere in pochissime parole profonde riflessioni filosofiche di origine orientale: si tratta di una citazione di Al-Biruni, scienziato persiano vissuto tra l’XI e il XII secolo. Il pensatore (che tra le altre cose è stato medico, scienziato, filosofo, matematico) si riferiva all’inadeguatezza della propria lingua per esprimere concetti e descrivere argomenti di carattere scientifico. Il riferimento non stupisce se si pensa alla fascinazione di Battiato per il mondo arabo e se si considerano altre strofe come:

Vivo come un cammello in una grondaia
in questa illustre e onorata società!
E ancora, sto aspettando, un’ottima occasione
per acquistare un paio d’ali, e abbandonare il pianeta

L’autore fa suo il riferimento del pensatore all’inadeguatezza, portandolo dalla sfera delle scienze a una dimensione filosofico/esistenziale.

Le sacre sinfonie del tempo – Come un cammello in una grondaia, 1991

 

Anche questa canzone appartiene al sedicesimo album. Legata nuovamente a temi esistenziali, canta delle sofferenze della vita terrena e delle prospettiva di rinascita e reincarnazione, verso una completa realizzazione della propria vita spirituale:

Siamo esseri immortali caduti nelle tenebre, destinati a errare; nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione

Lode all’inviolato – Caffè de la Paix, 1993 17°

 

Questo album, Miglior Disco dell’Anno per la storica rivista italiana Musica e dischi, forse più di tutti rende manifesti gli interessi e il sincretismo culturali del suo autore: compaiono infatti testi in latino, arabo, persiano. Il titolo stesso omaggia un locale parigino caro a Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico e maestro di danze armeno.

Nell’album, popolato da riferimenti a mitologia greca (Atlantide) e alla tradizione irachena (Fogh in Nakhal), Lode all’inviolato rappresenta una delle punte massime delle riflessioni esistenziali e spirituali dell’intera carriera musicale di Battiato. L’insegnamento mistico e filosofico di Gurdjieff vede come scopo ultimo della propria crescita spirituale il “risveglio”, raggiungibile solo una volta che sia stata presa consapevolezza dei meccanismi maladattativi e degli automatismi che ci condizionano e danneggiano, e attraverso l’attenzione a sé, la meditazione e “danze sacre”

Degna la vita di colui che è sveglio
Ma ancor di più di chi diventa saggio”

Solo lasciandosi alle spalle la menzogna, la rabbia, e dopo aver accettato la sofferenza come parte della vita stessa sarà possibile avvicinarsi al proprio vero io, alla propria essenza

“Quanti personaggi inutili ho indossato […] e poi la sofferenza che ti rende cieco […] le Nuvole non possono annientare il sole”

Con un ammonimento a non cedere alle lusinghe del mondo, seducenti ma sterili per la nostra ascesa spirituale

“Il Diavolo è mancino e subdole
suona il violino”

L’animale – Mondi Lontanissimi, 1985

 

Canzone in chiusura dell’album, dove la perenne dimensione di ricerca si dilata e muta in esplorazione spaziale. È forse l’album più vicino alle sonorità della world music degli anni Ottanta – in particolare No Time no Space – in particolare alla musica americana del tempo: ritmi sostenuti, incalzanti, quasi concitati; musica digitalizzata, e abbondanza di testi in lingua inglese.

L’animale non è però tra i brani che manifestano maggiormente le caratteristiche distintive della raccolta: piano e violini accompagnano un testo personale che, non senza ironia, maschera da canzone d’amore un’indagine della scissione tra mente e corpo, tra aneliti intellettuali e desiderio.

“Avrei voglia di dirti che è meglio se sto solo

Ma l’animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai […] mi rende schiavo delle mie passioni […] L’animale che mi porto dentro vuole te”

Tiepido aprile – Il Vuoto, 2007

 

Siamo nel pieno della collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro, con dal 1995 scrisse i testi della maggior parte delle sue canzoni. Un limpido lirismo pastorale rende questo brano pulito e commovente, dove riconciliarsi con la natura significa riconciliarsi con se stessi e trovare – almeno per un poco – la pace dei sensi.

“Pensieri leggeri si uniscono alle resine dei pini
Si fa chiara la mente come nuvola…”

Povera patria Come un cammello in una grondaia, 1991

 

Questa canzone, con la sua palese carica critica rivolta a governi e istituzioni, è stata ed è tutt’oggi adottata da molti ascoltatori come inno contro determinati orientamenti politici o addirittura singole figure pubbliche. È interessante come nel 1991 l’utilizzo della parola Patria rappresentasse quasi un elemento innovativo: espressione usata e abusata in periodi come quello risorgimentale o nel ventennio fascista, era caduta quasi in disuso.

Il Battiato dal respiro cosmico e profondamente meditativo sembra fermarsi un attimo per volgere lo sguardo alle cose mondane, a quello che sta accadendo nel suo Paese, e a prevalere di fronte al “fango” nel quale “affonda lo stivale dei maiali” non sono tanto rabbia e impotenza quanto un senso di profonda tristezza. Dirà in un’intervista:

“Se ho scritto Povera Patria è perché sono coinvolto. Ogni sera guardare il telegiornale è una sofferenza, a meno che non si resti indifferenti a questo passare, che so, da Riccardo Muti ai morti ammazzati. Quella che una volta poteva essere una caratteristica simpatica […] oggi diventa infame; […] l’italiano che pensa a se stesso era […] un individualista […] Oggi è insopportabile. Basta col tirare a campare […] non si può più restare indifferenti.”

Il contrasto di parole di dura critica proposte in rima baciata e accompagnate da una dolce suonata al pianoforte si chiude con uno spiraglio di ottimismo finale:

“Vedrai che cambierà
si può sperare […] che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po’ da vivere”

Te lo leggo negli occhi – Fleurs, 1999

 

Fleurs è un album di cover che Battiato ha realizzato nel 1991, focalizzato principalmente sulla canzone italiana e francese – la copertina reciterà: “Esempi affini di scrittura e simili”. Su 12 tracce solo tre sono inediti di Battiato e Sgalambro. Seguiranno nel 2002 e nel 2008 altri due album di cover, rispettivamente Fleur 2 e Fleur 3.

Te lo leggo negli occhi, che ebbe varie cover, fu in origine concepita nel 1964 dal celebre Sergio Endrigo Sergio Bardotti: la sua prima esecuzione del cantante Dino fu accompagnata da cori e da un’orchestra diretta da Ennio Morricone.

La canzone, che con dolcezza ripercorre un tipico tema amoroso – una storia d’amore ormai conclusa, ma dove basta solo lo sguardo di lei a far vibrare di tenerezza e passione il cuore dell’innamorato – fu composta da Endrigo in un sola notte, in un albergo di Napoli, dopo aver partecipato a una trasmissione televisiva dedicata alle canzoni di George Gershwin.

Di una banalità struggente e confortante, questo brano non può che far chiedere a chi la ascolta se la fiamma dell’amore non arda solo nel cuore di chi la canta.

Perduto amor – Fleurs 3, 2001

 

Anche qui la canzone originale, di Salvatore Adamo, risale agli anni Sessanta: è la triste ballata per la fine di un amore. Perdutoamor è anche il titolo di un film di Battiato, il suo esordio alla regia a 58 anni. Della pellicola – in cui fa un cameo anche a De Gregori e Sgalambro stesso, l’autore dirà:

“Il protagonista, un “cavaliere inesistente”, condivide con gli altri caratteri (stereotipi di comodo) l’incontro con lo “straordinario”… Così la lezione di cucito, di tantra, l’esoterismo, la filosofia. Il mio intento era quello di comporre e plausibilizzare questi sprazzi di veglia. La macchina da presa è il vero protagonista”

Prospettiva Nevsky – Patriots, 1980

 

L’album Patriots, per cui in origine era previsto un titolo come I telegrafi del martedì grasso, è considerato il primo – tiepido – successo commerciale di Battiato: qui troviamo i primi cantati in arabo (Arabian Song, l’incipit di Up Patriots to arms). Sarà nell’anno successivo, con La Voce del Padrone, che Battiato verrà consacrato come grande artista visionario contemporaneo.

La canzone prende il nome di una celebre via (le “prospettive” erano lunghe strade principali, il cui corrispettivo italiano potrebbero essere i Corsi) di San Pietroburgo. Ci troviamo in Unione Sovietica: siamo al termine della rivoluzione d’ottobre del 1917. Il periodo è quello della NEP, la Nuova Politica Economica istituita da Lenin e durata otto anni, prima dell’imposizione dei piani quinquennali di Stalin, con lo scopo di tamponare momentaneamente i dissesti socio-economici causati dal regime bolscevico. Sotto la NEP ci fu una relativa libertà individuale e finalmente un piccolo spazio per l’espressione artistica.

Un brano fortemente descrittivo, di grande potere evocativo, inscena un universo dove nuovo (guardie rosse, esercito armato, artisti come Stravinskij con le sue influenze etniche e primitiviste) e antico (“vecchie coi rosari”, la tradizione della messa e un culto religioso millenario) prodigiosamente convivono. Come sempre Battiato mescola alto e basso con sapienza quasi alchemica, regalandoci frasi come “e gli orinali messi sotto i letti per la notte/ e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione”.

Resta la domanda su chi sia il maestro a cui si riferisce nell’allusiva e bellissima frase finale: probabile si tratti di nuovo di Gurdjieff, che visse effettivamente in Russia nel periodo 1915-1992 e il quale sosteneva che, attraverso un faticoso percorso interiore, fosse possibile accedere a una vita superiore (l’alba) che vada oltre la morte e quindi il termine di quella terrena (l’imbrunire).

La cura – L’imboscata, 1996

 

Scritta da Sgalambro e a oggi considerata una delle più belle canzoni d’amore di lingua italiana.

Una canzone d’amore nel suo senso più puro e disinteressato: quello, appunto, di cura. La speranza non è che la persona amata ricambi il nostro amore: tutto quello che ci si augura è il suo benessere in senso fisico, mentale e spirituale. Invocazioni, quasi formule propiziatorie, si mescolano a suggestioni oniriche, filosofiche e di luoghi lontani. Nonostante l’altissimo livello del sentimento cantato, esso non assume carattere divino ma resta profondamente umano: il destinatario è un essere umano con le sue debolezze e fallibilità, come si evince da strofe come

ti proteggerò […] dai fallimenti che per tua natura
normalmente attirerai” […]

e

ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
dalle ossessioni delle tue manie

I treni di Tozeur, Mondi Lontanissimi, 1985

 

Il brano, che insieme alla cantante Alice Battiato porterà all’Eurofestival del 1984 a rappresentare l’Italia, è ambientato nell’omonima località tunisina. Qui era solito manifestarsi il fenomeno della “fata morgana”: dalle carovane che passavano nei pressi del lago salato che circonda la città i viandanti vedevano davanti ai loro occhi miraggi di centri abitati, luoghi, gruppi di persone: ciò che realmente esiste viene distorto e reso irriconoscibile. Cose e creature sono in evoluzione, mutamento e movimento.

E ti vengo a cercare

 

Se ne La cura l’amore era dall’uomo per l’uomo, qui assume carattere divino – confermato dai cori che richiamano la preghiera in chiusura del brano. Da molti ricordata per la celebre scena del film Palombella Rossa, questa canzone si apre come un invito a prendere atto del bisogno, della necessità di ogni essere umano del confronto, della relazione con gli altri

E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare
Perché ho bisogno della tua presenza
Per capire meglio la mia essenza

Si tratta di qualcosa che dall’alba della storia dell’uomo chiunque ha provato nella propria esistenza, perché è scritto nelle leggi del mondo

Questo sentimento popolare
Nasce da meccaniche divine
Un rapimento mistico e sensuale
Mi imprigiona a te

E se, nel desiderio di “non accontentarsi di piccole gioie quotidiane” dovessimo fare come un eremita che rinuncia a sé”, molto probabilmente continueremmo comunque a cercare l’altro, gli altri, perché solo tramite il confronto riusciremo a conoscere e capire meglio noi stessi (“In te vedo le mie radici”), fino a sublimare l’amore per le singole persone in un generale amore per l’umanità tutta, divino per la sua estensione ma che è sempre stato dentro di noi.

Le nostre anime – Anthology – Le nostre anime, 2015

 

L’inserimento più recente, tra gli inediti di un album che già ripercorreva alcuni successi della carriera di Battiato. Un’altra canzone intimista d’amore perduto, ma con toni meno ingenui, più consapevoli. Sull’inevitabile nostalgia nel ricordare quello che si immagina come un grande amore (“c’eravamo tanto amati/e non l’abbiamo capito”) prevale un senso di profonda accettazione e fiducia nella natura armonica delle cose

“Scendono inaspettatamente
lacrime come pioggia spontanee da allegria […] le nostre anime
cercano altri corpi
in altri mondi
dove non c’è dolore
ma solamente
pace e amore”

L’era del cinghiale bianco, omonimo, 1979

 

Il brano prende il titolo dal nono album dell’autore, e segnerà l’inizio del suo avvicinamento alla new wave, pur non mancando gli arrangiamenti e i riff sperimentali che hanno caratterizzato gli album precedenti.

Del cinghiale e della sua simbologia parlò l’intellettuale ed esoterista francese Réné Guénon, tra le letture predilette di Battiato – ironicamente citato nella canzone Magic Shop.

Nel suo saggio Simboli della scienza sacra, Guénon pone l’accento in particolare sulla mitologia celtica, dove il cinghiale simboleggia l’autorità spirituale (contrapposta al potere temporale rappresentato dall’orso), e quella degli Indù, che parlavano proprio di “ciclo cosmico del cinghiale bianco”. È l’età dove l’uomo raggiungerà la sua massima levatura mistica e spirituale.

È uno dei brani dove più si sovrappongono i piani, immagini familiari delle quotidianità di vari popoli e ricerca interiore: i turisti che a Tunisi sono bloccati dalla pioggia estiva e che si intrattengono con un anziano locale per ammazzare il tempo diventano i miti occidentali al capolinea, dove la vacanza diventa il vuoto di un sistema di valori ormai svuotato di significato e incapace di assorbire o anche solo spiegare le leggi della natura e dell’universo. Ed è forse non il progresso ma la sapienza antica di popoli lontani, incarnata dalla figura di un sapiente che ce ne fa dono, a rappresentare la via per tornare a un autentico progresso, inteso come crescita e pieno fiorire della vita interiore dell’essere umano.

 

“[La mia e’, N.d.R.] una carriera omogenea, con una permanenza di impulsi e desideri sempre uguali, in una direzione: il desiderio primario è sempre stato lo stesso, la ricerca, la voglia, il gusto di scoprire il perché di questo viaggio.”
Franco Battiato (da un’intervista a Rai Educational)

Fotografia header: Franco Battiato GettyImages-16-10-2019

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