Il romanzo rosa si sta muovendo verso un futuro più inclusivo? Un’indagine a partire dalla rappresentazione della questione razziale negli Usa, passando per la critica dei lettori e la situazione in Italia. Per tentare di immaginare il futuro di un genere molto amato dai lettori…

Beverly Jenkins è una scrittrice di romanzi rosa ambientati nel passato, con al centro personaggi afroamericani. Intervistata – con le colleghe Alisha Rai e Alyssa Cole, e numerose altre scrittrici – dal Guardian, ha sottolineato come, da un lato il romanzo rosa si stia aprendo “alla diversità”, ma dall’altro l’editoria sia ancora “pervasa dal razzismo”. Un esempio, per Jenkins e le colleghe, sarebbe rappresentato da eventi letterari in cui i presentatori si focalizzano sugli aspetti “razziali” dei romanzi, dai protagonisti afroamericani ai capezzoli “bruni” delle eroine nelle scene d’amore.

Altri, ben più preoccupanti, segnali del razzismo insito in parte del mondo che ruota attorno al romanzo rosa sarebbero rappresentati dalle strategie di marketing adottate per promuovere le opere di autrici di colore che scelgono di scrivere di personaggi che, come loro, non sono bianchi. Esistono collane dedicate alle opere di queste autrici in cui l’unico discrimine è la “razza delle eroine e delle scrittrici”. Le autrici, inoltre, denunciano come in librerie e centri commerciali le loro opere vengano relegate a scaffali dedicati a “lettori afroamericani”, come a significare che tutti gli altri lettori non siano interessati alle loro storie.

E ancora, il premio Rita, dedicato ai migliori romanzi rosa, premia soprattutto storie scritte da autrici bianche.

Una serie di osservazioni che sono state prese in considerazione anche da autrici bianche come Suzanne Brockmann, che negli anni Novanta ha scritto un romanzo con personaggi afroamericani per Harlequin, e che, ritirando il Rita alla carriera, ha dedicato il suo discorso all’inclusione nel mondo del romance, suscitando il dissenso di alcune colleghe.

Da quanto traspare nell’articolo del Guardian, infatti, il mondo del romanzo rosa negli Usa è spaccato tra chi vorrebbe mantenerlo un ambiente “non politicizzato” (in maggioranza scrittrici over sessanta, bianche e repubblicane) e chi invece vorrebbe renderlo più inclusivo.

Simile la questione per i lettori: da un lato le lamentele nei confronti dell’inclusione, dall’altro lettori che, come racconta la scrittrice Yolanda Wallace a Bustle, “sono appassionati e si fanno sentire. Se i nostri colleghi non ci segnalano passaggi problematici, di sicuro lo fanno i nostri lettori”.

E ancora Eva Leigh, autrice di romance storici, sempre su Bustle: “Non è raro che un lettore critichi il comportamento di uno dei nostri eroi e lo scrittore risponda con umiltà che la prossima volta farà di meglio”.

Infatti, il romanzo rosa, talvolta definito come un genere anti-femminista per le dinamiche del rapporto tra eroe ed eroina, la sottomissione fisica della donna all’uomo, si sta, in alcuni casi, muovendo verso un futuro più inclusivo.

E anche in Italia sembra essere successo qualcosa, come aveva raccontato la scrittrice Roberta Marasco proprio sulle pagine de ilLibraio.it: “Il romance è cambiato, più in fretta della mentalità sessista della nostra società, e non sarà facile trovare fra le sue pagine le donzelle in attesa di essere salvate che popolano l’immaginario dei detrattori del rosa. Tutto il contrario. Il rosa è un genere che ha saputo reinventarsi con audacia e che non ha avuto paura di sperimentare, pur restando fedele alla regola imprescindibile del lieto fine”.

Che sia anche una conseguenza del #metoo? Gli autori intervistati da Bustle sembrano invece pensare che si tratti di una rivoluzione precedente al fenomeno.

Di sicuro è interessante tenere d’occhio il futuro del romanzo rosa, genere che solo “nel 2016 ha rappresentato il 23% del mercato della narrativa negli Stati Uniti. Ed è stato stimato valere più di un miliardo di dollari all’anno, solo negli Usa”.

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