“Il libraio da sempre è un commerciante particolare, che vende beni ma soprattutto le idee che quei beni contengono, e attraverso il suo lavoro aiuta comunità, territori, a costruire una propria identità culturale e sociale”. Sulla riapertura delle librerie si è aperto un dibattito tra gli stessi librai, alcuni favorevoli e altri contrari. In una lettera aperta, il presidente dell’Associazione Librai Italiani Paolo Ambrosini si rivolge ai suoi colleghi. Parla del lavoro che l’Ali sta facendo per garantire che l’apertura avvenga nel pieno rispetto delle norme sanitarie oggi richieste. E ricorda che “aprire non significa rinunciare agli strumenti emergenziali che il governo ha varato che sono confermati”

Come abbiamo raccontato, in questi giorni segnati dall’emergenza covid-19 si sta molto parlando di librerie e della loro riapertura (qui gli ultimi aggiornamenti, ndr). Anche tra i librai stessi, come abbiamo scritto, non sono mancate le divisioni.

Qui di seguito riprendiamo la lettera aperta firmata da Paolo Ambrosini, proprietario della Libreria Bonturi di San Bonifacio (Verona) e presidente dell’Associazione Librai Italiani.

di Paolo Ambrosini

“Quando l’11 marzo è stata disposta la chiusura delle librerie come libraio ho obbedito alle indicazioni governative senza alcuna polemica perché avevo ben chiaro che in quel momento in gioco c’era l’interesse superiore del Paese.

La settimana scorsa il governo ha riconosciuto che il libro è un bene necessario e ha dato quindi facoltà alle imprese librarie di riprendere oggi l’attività, e quindi aprirò la mia libreria onorato di offrire al mio territorio  un servizio essenziale e di aiutare il Paese a ritrovare un’idea di futuro, anche grazie al mio lavoro, e lo farò assieme a moltissimi colleghi in tutta Italia che in queste ore, anche grazie all’Associazione, hanno lavorato  per garantire che l’apertura avvenga nel pieno rispetto delle norme sanitarie oggi richieste.

A quanti tra i miei colleghi sono preoccupati voglio ricordare che aprire non significa rinunciare agli strumenti emergenziali che il governo ha varato che sono confermati; fare impresa, essere imprenditori, significa comunque avere la forza e il coraggio di superare i momenti difficili come questi  in cui fare associazione non è facile, perché le difficoltà aumentano le spinte al movimentismo e alle opinioni non organizzate, ma sono e resto convinto più che mai in queste ore che mio dovere sia lottare per dare prospettiva alle nostre aziende e far sì che le librerie aprano e non chiudano, il tutto sempre nel rispetto delle decisioni che le autorità ritengono di dover assumere e del giusto equilibrio tra tutela sanitaria e la libera iniziativa d’impresa.

Il libraio da sempre è un commerciante particolare, che vende beni ma soprattutto le idee che quei beni contengono, e attraverso il suo lavoro aiuta comunità, territori, a costruire una propria identità culturale e sociale; e questo l’abbiamo fatto in tutte le situazioni anche le più difficili, e a tutte le latitudini: penso ai librai che in epoca di guerra hanno tenuto aperte le loro attività, talvolta in modo anche clandestino, per far circolare i libri, e gli scritti di autori anche contrari al governo dell’epoca, o a quei librai che con il loro lavoro hanno costruito ponti tra culture e mondi diversi, ai librai che hanno permesso nel corso dei secoli la diffusione di un sapere che diversamente sarebbe rimasto privilegio di pochi…

Oggi viviamo una condizione particolare di grande ansia e paura collettiva e questo fino a quando non ci sarà un vaccino e una cura; per questo diventa fondamentale trovare una grammatica comune di convivenza con il virus: è interesse di tutti, non solo di noi librai; capire come gestire un’impresa che ha fatto nel tempo della socializzazione un suo punto di forza è essenziale non solo per noi che quell’impresa gestiamo, ma anche per tutti i colleghi del commercio, del turismo, dei servizi, cioè per una parte determinante dell’economia e della società del nostro Paese. Non posso accettare che il commercio sia ridotto alle sole piazze virtuali, e che tutte le aziende che fanno vivere le nostre città debbano morire per una crisi che da sanitaria corre il rischio di diventare socio-economica.

Per questo apro la mia libreria per aiutare il Paese a ripartire, per dimostrare che è possibile superare le ansie e le paure che il virus ci ha instillato, per ridare fiducia e prospettiva all’Italia e agli italiani e lo faccio consapevole del ruolo che da sempre il libraio ha in Italia, consapevole che oggi servono i libri, il sapere, la conoscenza che i libri trasmettono, per superare le difficoltà di questo momento storico.

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