“Mi piace la Raggi con suo figlio il primo giorno in Campidoglio….”. Su ilLibraio.it la scrittrice Francesca Barra riflette sul tema della maternità e spiega perché essere una madre felice e impermeabile significa anche rendere i propri figli partecipi

La prudenza nel dichiarare la propria felicità deriva dal fatto che più si cresce, più ci si espone a riflettori e più si restringe lo spazio in cui raccontare il proprio stato di serenità. C’era un tempo in cui avrei risposto illuminando ogni angolo del mio viso, fra le pieghe delle mie rughe, che essere madre mi aveva permesso di alleggerire il mondo e rendermi una donna più lieve, consapevole, risolta. Oggi lo sussurro perché non voglio ferire nessuno e nemmeno aprire troppo il mio cuore a chi è abituato a frantumarne un po’.

Ma che io sia per prima cosa una madre e che non ricordi cosa significhi il mio tempo senza esserlo stata è una verità, perché altrimenti sarei stata folle a concepire tre figli.
Il primo è arrivato con l’incoscienza dei miei venticinque anni. Il secondo, arrivato dopo sette anni, è stato il figlio della costruzione.
Dopo scosse di assestamento, tsunami, montagne russe, è arrivata una bambina e se con il maschio mi sono innamorata, con lei ho imparato a conoscere meglio l’universo femminile, nel quale sono capitata e non per scelta. E spesso, dimenticandone le tappe.
Il senso di pudore e di protezione, mi ha fatto costruire un mondo in cui esporli il meno possibile è quasi un dovere.

Ma ho anche la certezza (fra poche settimane partorirò il terzo) che la cosa migliore che una madre possa fare, non per essere perfetta, ma per essere una madre buona, è cercare non di rinunciare ai propri spazi o al proprio lavoro, ma di coinvolgerli, rendendoli partecipi di scelte che altrimenti subirebbero. Ascoltare il proprio corpo, non subire condizionamenti, forzature, ricatti.

Dal parto in poi ho imparato a usare uno scudo. Cercano di condizionare ogni tuo gesto: dal modo in cui devi sopportare le fatiche, all’allattamento, alla gestione del tuo nuovo Tetris.
La mia vittoria consiste in questo. Essere una madre impermeabile fuori e una spugna in casa.
Ho riflettuto su questo durante la lettura di spietate critiche al neo sindaco di Roma, Virginia Raggi. Rea, secondo alcuni, di aver portato suo figlio il primo giorno di insediamento in Campidoglio. E lo dico senza la faziosità di posizioni politiche, ma davvero da madre e da donna.

Non credo che essere madri ci renda professioniste migliori. Ci mancherebbe, questa presunzione danneggerebbe anni di solidarietà ed emancipazione.
Ma insomma, questo bambino è stato coinvolto suo malgrado in una scelta così rivoluzionaria. Cosa c’è di male a rendersi conto con i propri occhi di ciò che farà sua madre?
Come potete pensare di fargli sopportare la lettura di commenti violenti, aggressioni verbali, titoloni di giornali in cui si raschia il fondo della propria privacy, e poi di dirgli: stai alla larga?
L’avete tirato voi dentro per i capelli e non ve ne rendete conto.
Ogni giorno, da quando Virginia Raggi è stata eletta. E lei ha il diritto e il dovere di mostrargli la sua verità.

La Meloni lo ha fatto ancor prima che sua figlia nascesse. E così tante altre madri. I personaggi pubblici possono fare due cose: nasconderli (impossibile) o rendere loro la vita più semplice e il più normale possibile.
Perché questa è l’unica immagine di madre che condivido: imperfette, in difficoltà, vulnerabili e forti al tempo stesso. Come tutte. Mi piace l’immagine di Roma come luogo in cui accogliere i bambini. Mi piace la Raggi con suo figlio il primo giorno in Campidoglio. Tutti hanno condiviso momenti così importanti con la famiglia, con chi si ama e con chi dovrà imparare a sacrificare tempo e spazi per una “missione” che investe il genitore.

Mi piace che si coinvolga suo figlio nelle scelte professionali. Perché essere genitore vuol dire anche questo. Non solo “imporre” le proprie scelte, ma condividerle.
Che vediate il male in quelle immagini e poi vi scateniate strumentalizzando il ruolo di madre per i titoli sui giornali (sindaci madri, ragazze, bamboline), vuol dire avere esaurito argomenti profondi e credibili. Vuol dire non essere persone serie. Mi piace che non esista un luogo e un ruolo in cui smettere di essere totalmente se stesse. Senza per questo perdere credibilità e serietà. Anzi. Sapete chi sono le prime persone di fronte le quali una promessa si deve mantenere? I propri figli. Quindi per me quelle foto hanno perfino un valore.

Brava Virginia Raggi. E ha ragione il suo piccolo Matteo: “Ora però basta”.
Ogni tanto è quello che dovremmo ripeterci: basta così.
E si torna alla propria normalità.
Che poi, e ve lo sussurro, è davvero meravigliosa.

francesca barra
Francesca Barra

L’AUTRICE – Francesca Barra, giornalista, conduttrice e scrittrice, lavora per le principali testate televisive e collabora con diversi giornali. È autrice dei libri Il quarto comandamento, Giovanni Falcone un eroe solo, Tutta la vita in un giorno. Per Garzanti ha pubblicato i romanzi Verrà il vento e ti parlerà di me e Il mare nasconde le stelle.


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