Sono moltissimi i filippini che scelgono di emigrare verso il Medio Oriente, gli Stati uniti o l’Europa in cerca di un futuro migliore: nei nove racconti di “Famiglie ombra”, Mia Alvar, che ha vissuto un’esperienza simile, descrive le loro storie

Famiglie ombra (Racconti edizioni) di Mia Alvar raccoglie nove racconti, i cui protagonisti sono figli della diaspora filippina: esuli, emigranti, uomini e donne che hanno lasciato il proprio paese, e spesso parte della propria famiglia, per cominciare una nuova vita in Medio Oriente, negli Stati Uniti o in Europa. Con la speranza di poter, un giorno, dopo aver messo da parte risorse sufficienti, tornare a casa.

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Oggi le Filippine non sono più una colonia, ma restano un paese povero, dove ammalarsi può significare andare in rovina per pagarsi le cure, diviso dagli scontri tra cristiani e musulmani, e in mano a un presidente, Duterte, molto discusso. Per questo sono moltissimi i filippini che scelgono di emigrare verso il Medio Oriente, gli Stati Uniti o l’Europa, in cerca di un futuro migliore.

Famiglie ombra parla al cuore di chiunque abbia mai cercato un posto che si possa chiamare “casa”. Nove storie figlie della diaspora filippina e di un tempo in cui la distanza sembra essere la barriera, alla perenne ricerca, come siamo, di ricongiungerci con chi amiamo, separati da confini reali o solo immaginari.

Mia Alvar, autrice a sua volta nata a Manila, capitale delle Filippine, cresciuta in Bahrein, e poi negli Stati Uniti, riversa intere vite in poche pagine e tratteggia una paziente geografia dei sentimenti, un itinerario umano capace di abbracciare in un solo potente sguardo i bassifondi di Manila, la New York dell’11 settembre e il Medio oriente di chi sgobba nel deserto per mandare i soldi in patria.

Un farmacista ormai newyorkese ritorna a casa carico di medicine contrabbandate, per assistere nella morte un padre che ha sempre odiato e a cui inevitabilmente ha finito per assomigliare. In Bahrein, una conventicola di riccone filippine dà feste e organizza karaoke per i compatrioti meno fortunati, in attesa che una serpe in seno mandi in rovina quel castello di smancerie. E poi le vicende familiari e politiche dei coniugi Aquino, raccontate proprio mentre il loro destino – e quello della nazione tutta – sta tragicamente per compiersi.

Una volta Mia Alvar ha descritto così il suo paese: “Le Filippine sono state colonizzate dagli spagnoli per 400 anni e dagli statunitensi per 50: 400 anni in convento seguiti da 50 a Hollywood”. Una inconciliabilità riflessa nella sua scrittura, in cui la Storia si insinua nelle storie, cesellando veri e propri romanzi in miniatura gravidi di una sensualità sospesa tra fedeltà “cattolica” ed emancipazione “americana”.

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