“A scuola non si muore”, il primo giallo di Gaja Cenciarelli, ci porta tra le mura di una scuola romana, dove viene trovato ucciso il vicepreside, tutt’altro che trasparente e detestato da molti. La professoressa Magnani e i suoi studenti scopriranno quanto i pettegolezzi e le conversazioni sentite qui e là tradiscano importanti indizi per dare una mano alla polizia a risolvere l’indagine. Un romanzo ironico, fresco e disinibito

Quando si apre A scuola non si muore (Marsilio) di Gaja Cenciarelli ci si ritrova immediatamente catapultati in una scuola romana da circa duemila alunni, imperfetta ma pullulante di vita, desideri, aspirazioni, delusioni e sentimenti più o meno repressi.

Non ci vuole molto perché uno studente, Francesco Ferzetti, passando davanti a un’aula, avvisti a terra il corpo del vicepreside Giuliano Colagrossi. Avvicinandosi, il ragazzo scopre che l’uomo è stato ucciso da un proiettile e, cosa ancor più sconvolgente, gli sono state tagliate le mani.

La vicenda si mette in moto quando un pallidissimo Ferzetti torna in classe e riferisce alla sua insegnante di inglese, la professoressa Margherita Magnani, che cosa ha visto.

A scuola non si muore

Conosciamo così, in un momento di estrema difficoltà, la protagonista del romanzo: Margherita Magnani è una donna amichevole – secondo alcuni colleghi fin troppo – con i suoi studenti, che rappresentano tutto per lei. Single dopo una serie di storie naufragate, a quasi cinquant’anni Magnani rifugge nuove relazioni, finge di non accorgersi delle attenzioni del collega di religione e si concentra soprattutto su ciò che avviene a scuola, oltre che sul cinema d’autore.

Disposta a chiudere un occhio davanti agli improperi dei suoi studenti e a lasciarsi andare lei stessa a qualche parola colorita, se necessario, Margherita Magnani è scioccata da quanto è accaduto al vicepreside, che un tempo riteneva un suo caro amico, ma che di recente l’aveva criticata aspramente in un collegio docenti. La causa, sempre la stessa: Magnani dà troppa confidenza ai suoi allievi.

Cosa può essere accaduto a Colagrossi?

Basta guardarsi attorno, parlare con i colleghi e ascoltare ciò che i ragazzi hanno captato qui e là da stralci di conversazioni dei loro prof per accorgersi che Colagrossi non era solo colui che reggeva la scuola, a fronte di una Dirigente propensa a delegare (per usare un eufemismo). No, Colagrossi era anche “anaffettivo, gelido, opportunista, egoriferito, completamente privo di empatia. Una scrollata di spalle davanti al dolore altrui, e fine” (p. 294). Insomma, più volte aveva dato dimostrazione di non tenere affatto ai ragazzi, di adottare metodi poco ortodossi per spronarli, di avere un’ottica ben poco inclusiva e di trascurare i capisaldi della privacy.

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Adesso, tutti (studenti compresi) non fanno che ipotizzare moventi e possibili assassini. Anche Magnani non si dà pace, perché per alcuni lei aveva tutte le ragioni per odiare il vicepreside, dopo il suo attacco diretto in pubblico. Dunque, la protagonista, anziché rintanarsi a tenere a bada i suoi tanti sintomi che, da brava ipocondriaca, si sente sempre, decide di darsi da fare e indagare con l’aiuto dei suoi studenti. La polizia, d’altra parte, c’è ma sembra piuttosto bloccata nelle indagini. Invece la velocità è tutto, perché alcuni indizi lasciano supporre che l’assassino o l’assassina potrebbe tornare a colpire.

Gaja Cenciarelli foto di Sabrina Manfredi

Gaja Cenciarelli nella foto di Sabrina Manfredi

Questo primo romanzo giallo di Gaja Cenciarelli è profondamente immerso nell’atmosfera scolastica che l’autrice conosce a fondo, visto il suo lavoro di insegnante. Più che girare semplicemente attorno all’indagine – benché il desiderio di risolvere il caso ci sia, chiaramente –, la narrazione si concentra sull’atmosfera ciarliera della scuola, spruzzata dell’effervescenza di un po’ di romanesco: l’autrice osserva le storture del sistema con ironia, traccia il ritratto di giovani affezionati a una professoressa che sa ascoltarli, a prescindere dall’inevitabile gap generazionale.

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Magnani, infatti, è un’insegnante moderna, che abbatte le distanze dai suoi studenti e li frequenta anche fuori dalle mura scolastiche in modo un po’ poco ortodosso. Ad esempio, non è normale che i ragazzi sappiano il suo indirizzo e le citofonino, se sono preoccupati per lei, o che le scrivano su Whatsapp decisamente di frequente e passino di tanto in tanto a darle del “tu”. Viene da pensare che questi elementi, che raccontano un rapporto un po’ sui generis e poco consigliabile nella realtà, siano però molto funzionali nella narrazione. Semplificano la comunicazione tra Magnani e i ragazzi, che portano il loro contributo fondamentale alle indagini.

A scuola non si muore è una lettura fresca e disimpegnata, particolarmente adatta all’estate. Pur facendo proprie le tecniche tradizionali del giallo, il romanzo non manca mai di offrirci ora un po’ di ironia ora un po’ di satira, senza tralasciare il gusto per il pettegolezzo, che serpeggia effettivamente anche tra le vere aule scolastiche.

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