Arte e crimine sono inesorabilmente legati. In occasione dell’uscita del suo nuovo libro, “Venezia Enigma”, su ilLibraio.it la riflessione di Alex Connor (autrice di thriller e romanzi storici ambientati nel mondo dell’arte), che parte dal successo della serie Netflix “Lupin”

Lupin è stato un gran successo. La domanda è: perché? La premessa è semplice: un uomo si suicida, dopo essere caduto in disgrazia a causa della ricca e potente famiglia Pellegrini, che lo ha ingiustamente accusato di aver rubato una collana di diamanti. Il figlio cercherà vendetta, chiaro. Ed eccoli qui: tutti gli ingredienti di una storia perfetta. Con l’aggiunta di un elemento particolare, la scintillante e seducente bellezza del mondo dell’arte.

Arte e crimine sono inesorabilmente legati. Laddove ci sono costosi capolavori, ci sono anche delitti. Laddove ci sono collezionisti, ci sono anche criminali, e infine laddove c’è una pessima reputazione, le quotazioni aumentano. Ci piace credere che questo accada perché la gente ammira il bello, ed è così, ma solo fino a un certo punto, perché la verità è che l’arte è spesso questione di possesso e di status, una forma di snobismo culturale. Nel sottobosco del suo mondo – un luogo ben lontano dalle rispettabili e affermate gallerie – c’è un alveare che brulica di vecchi galeotti, galoppini e ladruncoli assoldati per rubare a comando.

Non sto affatto scherzando: se un ricco collezionista desidera possedere un quadro può pagare un ladro perché lo rubi. Certo, il tutto va pianificato con estrema attenzione e può volerci anche molto tempo per raggiungere l’obiettivo. A volte il furto fila liscio e il dipinto scompare per sempre. Altre, diventa uno dei grandi misteri del mondo dell’arte. Della caravaggesca Natività dei santi Francesco e Lorenzo, per esempio, non si hanno notizie dal 1969, quando venne rubata, a Palermo. Non si è mai accertato chi abbia commissionato il furto.

Alcuni investigatori credono addirittura che si sia trattato della mafia. Altri che la tela sia finita in pasto ai porci. Altri ancora sostengono che sia stata fatta a pezzettini, dei quali adesso ne rimarrebbe uno solo, in Svizzera. Secondo un’altra teoria invece, il quadro era così famoso che non è stato possibile venderlo. A mio parere, fu rubato per dimostrare lo status e il potere del collezionista che se ne è impossessato, e ovviamente anche perché vale una vera fortuna.

Già, perché un quadro può generare del denaro standosene semplicemente appeso a una parete. Non molte altre cose ci riescono. Le ville vanno mantenute, gli affari gestiti, un grande dipinto invece se ne sta zitto e immobile, mentre il suo valore continua a crescere. Ad alcuni collezionisti non importa che il loro capolavoro debba rimanere segreto, esporlo non è la loro priorità.

A questo proposito, è famoso il caso di un miliardario giapponese che ha sborsato 82 milioni di dollari e mezzo per il Ritratto del dottor Gachet di Van Gogh e non l’ha esposto per dodici anni, per via di problemi legati all’assicurazione. A oggi, di questo capolavoro si sono perse le tracce. Altri collezionisti acquistano opere d’arte per sbandierare la propria ricchezza e la propria cultura. Perché è così: l’arte rappresenta un marchio di qualità. Un uomo in grado di apprezzarla è considerato un esteta. E in molti sono convinti di poter accelerare la propria scalata sociale grazie all’acquisto di un’opera d’arte.

A questo punto mi sembra doveroso precisare che il mondo dell’arte è popolato per la maggior parte da persone rispettabili, che vendono e comprano in maniera onesta e corretta, e che i criminali che traggono profitto da questo ambiente sono solo una piccola percentuale. Il fatto è che per costoro il profitto in questione è considerevole. Nel maggio del 2020, le forze dell’ordine hanno sequestrato 19.000 manufatti artistici rubati che circolavano sul mercato internazionale.

Trent’anni fa ci fu un furto da miliardi di dollari di opere di Degas, Rembrandt e Vermeer, che vennero trafugate da una galleria di Boston. La polizia inglese è stata a un passo dal rintracciarle, poi però il suo contatto, un gangster, è sparito. Negli anni della Primavera araba, molte opere d’arte sono state razziate e vendute all’estero. E questa lista potrebbe continuare a lungo.

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E poi c’è la questione della contraffazione, una pratica così antica che persino Michelangelo falsificò una statua. I vecchi trucchi sono stati messi alla prova e testati per secoli. Per far sembrare antica la pietra, bisogna urinarvi sopra. Se invece si vuole dare un’aria vissuta all’avorio finto, basta piazzarlo tra i seni di una donna: il sudore è in grado di trasformare la plastica in un materiale preziosissimo. Naturalmente, negli atelier dei grandi maestri si praticavano falsificazioni assai più raffinate.

Ci sono per esempio una miriade di quadri firmati da Rubens che sono stati in realtà dipinti dai suoi apprendisti. Stessa cosa per Rembrandt e Van Dyck; gli allievi si occupavano del grosso della tela, il maestro si limitava ai volti o ad aggiungere un suo tocco finale. Questo significava che le botteghe erano molto redditizie, quasi come delle vere e proprie fabbriche. C’è una vecchia battuta che dice: “Corot ha dipinto un migliaio di quadri. Diecimila di essi sono esposti in America”.

Eppure al mondo c’è un numero limitato di dipinti di Tiziano, Rembrandt e Turner e, dal momento che il mercato dell’arte contemporanea non prospera come quello dei grandi maestri, ci si è rivolti ad altro. Ormai infatti c’è un gruppo sempre più numeroso di collezionisti di opere e reperti “maledetti”. In Olanda, per esempio, sono stati rubati molti cimeli nazisti – elmetti, armi, uniformi – per un valore di circa 1,77 milioni di dollari. E i quadri del serial killer Wayne Gacy sono stati esposti e messi in vendita a Las Vegas. Esiste persino una scultura di bronzo di un uomo decapitato e immortalato in una posizione contorta, basata sulla fotografia di una delle vittime di Jeffrey Dahmer.

Il mercato dell’arte deve soddisfare il gusto del pubblico. Esso è a volte macabro, e questo forse ha suscitato una sorta di repulsione, in alcuni ambienti, poiché per l’arte sono state spese delle cifre offensive e i crimini all’arte connessi ne hanno fatte guadagnare altrettante a chi li ha commessi. E questo ci riporta a Lupin e al motivo del suo successo. Nonostante abbia a che fare con la bellezza nelle sue manifestazioni più alte e grandiose, il mondo dell’arte può rivelarsi snob, elitario, classista e chiuso. Il demi-monde che con esso fa affari è oscuro e, a volte, pericoloso, e i personaggi come quello di Lupin non sono i più gettonati.

Coraggio, ammettiamolo, chi di noi nella battaglia tra Davide e Golia non farebbe il tifo per il primo?

(Tradotto da Clara Serretta)

alex connor, venezia enigma

L’AUTRICE E IL LIBRO – Alex Connor è autrice di thriller e romanzi storici ambientati nel mondo dell’arte. Lei stessa è un’artista e vive in Inghilterra. Cospirazione Caravaggio, uscito per Newton Compton nel 2016, è diventato un bestseller, mentre nel 2017 Il dipinto maledetto ha vinto il Premio Roma per la Narrativa Straniera.

Il suo nuovo libro, Venezia Enigma (Newton Compton, traduzione di Tessa Bernardi), è ambientato nella Serenissima del XVI secolo. Dopo un disperato tentativo falli­to di assassinare il suo aguzzino, Marco Gianetti fugge con la sua amante, Tita Boldini. Angosciato dai crimini che pesano sulla sua coscienza, in cerca di redenzione si è rivolto all’enigmatico olan­dese Nathaniel der Witt.

Quest’ultimo, però, brama vendetta: è giunto a Venezia per indagare su una se­rie di brutali omicidi che hanno sconvolto la città; omicidi legati ai famigerati Lupi di Venezia, ai quali non perdona l’assassinio di sua figlia. Con il suo nuovo allea­to, sotto la minaccia dello spietato Pietro Aretino, der Witt inizia la sua ricerca.

Mentre a uno a uno i Lupi cominciano a essere scoperti, Marco crede di aver tro­vato finalmente la pace. Ma la vita di qualcuno che gli è molto vicino potrebbe essere in grave pericolo e una spia un tempo fedele ad Aretino, Adamo Baptista, minaccia di svelare i segreti di Marco: la Sere­nissima è sempre più un luogo si­nistro e la sete di sangue dei Lupi non è ancora placata

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