Amanda Lear, musa e amante di Salvador Dalí per diciassette anni, racconta in un libro la genesi e lo sviluppo della loro eccentrica relazione. E fa attraversare così gli Anni Settanta, Parigi, New York e Londra, facendo incontrare Andy Warhol, i Beatles, Picasso e i Rolling Stones, e ridisegnando il concetto di amore e di arte…

Dalí tendeva alla calvizie ed era un po’ in carne. Lo trovai presuntuoso e, per essere sincera, ridicolo con i suoi baffi impomatati e il panciotto di lamé dorato. A ogni frase brandiva un bastone da passeggio con l’impugnatura d’oro. La sua corte era composta da vergini di professione e giovani parrucchieri pederasti”.

È l’autunno del 1965 quando Amanda Lear incontra Salvador Dalí (e non ne rimane poi così affascinata).

I due si conoscono ai tavoli del Castel, in Rue Princesse, a Parigi. Lear aveva scelto il celebre club di Saint-Germain-des-Prés per una cena con il suo fidanzato, Tara Browne, e l’amico di lui, Brian Jones, chitarrista dei Rolling Stones (dici poco), appena mollato dalla fidanzata e legittimamente disperato.

Arrivata al Castel, Lear aveva incontrato una coppia di amici londinesi, i quali avevano invitato lei e i suoi compagni di serata al tavolo con loro. “Erano seduti a un lungo tavolo il cui posto d’onore era occupato da Salvador Dalí, seduto su una specie di trono, circondato dai suoi cortigiani e da giovani favorite adoranti”.

Quello è l’innesco della relazione tra Salvador Dalí e Amanda Lear. Relazione inaspettata dal momento che lei, studiosa di Belle Arti, non era proprio una grande ammiratrice delle opere del pittore surrealista, preferendo piuttosto Picasso, Magritte e de Chirico. Eppure, nonostante la partenza poco promettente, Lear sarà per diciassette anni amante e musa di Dalí, in un rapporto che difficilmente potrebbe rientrare nelle più conosciute categorie d’amore (ma cosa potevamo aspettarci, in fondo, da due personaggi così?).

Intanto: fu un rapporto a tre, Dalí-Lear-Dalí, dove l’ultimo Dalí sta per il cognome acquisito della moglie di Salvador, Gala, nata Elena Dmitrievna Djakonova. La sera del Castel, Amanda Lear aveva poco più di vent’anni mentre Gala settantuno, dieci in più di Dalí.

È proprio “A Gala” che Amanda Lear ha dedicato il suo ultimo libro, La mia vita con Dalí (Il Saggiatore), le cui pagine raccontano l’incontro tra due – anzi tre – destini che hanno avuto la forza di ripensare i concetti di arte e di amore.

La dedica a Gala ci racconta della sincera amicizia nata tra le due e di serate, tavole e pensieri condivisi con genuinità all’interno del “triangolo”.

Di Gala, Amanda Lear ha raccontato a Vanity Fair: “Questa donna straordinaria fu di una generosità assoluta: mi accolse immediatamente in seno alla sua coppia. Siamo rimaste amiche fino alla sua morte, capiva che ero una ricchezza, non un ostacolo”.

La mia vita con Dali Amanda Lear

Ma c’è un altro aspetto straordinario del rapporto tra Lear e Dalí: non aveva a che fare col sesso. “Il voyeurismo di Dalí mi preoccupava, ma allo stesso tempo capivo perché dava tanto peso alle questioni sessuali. Ammetteva di essere impotente e probabilmente le sue conversazioni e i suoi scritti erotici non erano che una compensazione”. Quello tra loro era “amore allo stato puro“, come ama definirlo Lear, fatto di risate e delle storie più interessanti del mondo. “Non ho mai più incontrato un uomo di questo livello“, nonostante Lear sia stata musa dei più grandi artisti del suo tempo, da David Bowie, “l’uomo più truccato con cui sono andata a letto”, ad Andy Warhol.

La mia vita con Dalí è così dedicato all’uomo che fece innamorare Lear dell’amore più profondo di sempre, e a Gala, che le permise di viverlo, alimentandolo ogni giorno.

Dentro questo libro autobiografico c’è il verso di García Lorca che Dalí, innamorato dei fianchi di Lear, dedicò alla sua musa; ci sono gli Anni Settanta tra Parigi, Londra e New York; ci sono Andy Warhol, Pablo Picasso, Federico Fellini, Aristotele Onassis, i Beatles e i Rolling Stones; ci sono le vacanze tra Cadaqués, Port Lligat e Figueres, le terre di Dalí; ci sono storie che sembrano arrivare da un film di Woody Allen e che, invece, sono tasselli della straordinaria vita di Amanda Lear, raccontati da chi li ha attraversati per davvero.

Lear – donna la cui biografia dice pittrice, cantante, attrice e conduttrice televisiva, ma la cui identità è impossibile da etichettare – ha saputo prendere parte alla storia come pianeta e non come satellite, diventando calamita, miccia e fuoco. Attorno a Lear si sono raccolti i più alti rappresentanti della storia del suo tempo e leggere La mia vita con Dalí permette di osservare la sua incredibile collezione esistenziale un po’ più da vicino.

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