“Ho un ricordo preciso della prima volta in cui sono stato lasciato. Undici anni, madre rappresentante Folletto popolarissima nel quartiere…”. L’intervento dello scrittore Gianni Solla, in libreria con il romanzo “Tempesta madre”: “Lei già sapeva andare in bicicletta mentre io non avevo mai mollato le rotelle. Gambe piene di graffi per le cadute, le sue, nuove ma inutili le mie. È lei a dirmi: se cadi, ti rialzi”

La settimana scorsa la caldaia non partiva. Nell’attesa del tecnico mia moglie e mio figlio si sono trasferiti a casa di sua madre. Sono rimasto a casa due giorni riscaldando l’acqua in una pentola mentre mi accordavo con delle librerie per fare un firmacopie a cui pensavo non avrebbe partecipato nessuno.

Mi piaceva pensare a causa della pandemia. Quando il tecnico è venuto, ha smontato il pannello anteriore, e ha detto che la situazione è complicata. Mi ha fatto vedere dove il calcare ha compromesso i meccanismi. Gli ho preparato un tè perché ha il pacemaker e poi mi ha raccontato che suo figlio ha un problema, ho fatto di sì con la testa ma non ho capito esattamente cosa.

Mi ha detto che la domenica prima sono andati dietro al ponte sulle strade nuove e gli ha insegnato a guidare. Ha messo solo la prima ma la macchina non si è spenta. Ha rimontato il pannello e la caldaia si è accesa. Suo figlio ha ventinove anni, anche se ne dimostra dodici, e la settimana prossima gli farà mettere la seconda. Quando è andato via ho visto dalla finestra la macchina con la scritta Riparazioni caldaie sulla fiancata.

Mi sono lavato con l’acqua calda e alla libreria ho parlato con un mucchio di persone e firmato una piletta di copie. Mia moglie è rimasta a dormire un’altra notte da sua madre e le ho chiesto, ma torni? E lei ha detto, ma sei scemo?

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Ho un ricordo preciso della prima volta che sono stato lasciato. Undici anni, madre rappresentante Folletto popolarissima nel quartiere. Ero contemporaneamente innamorato di madre e figlia. Lei già sapeva andare in bicicletta mentre io non avevo mai mollato le rotelle. Gambe piene di graffi per le cadute, le sue, nuove ma inutili le mie.

È lei a dirmi: se cadi, ti rialzi. Poi un pomeriggio mi telefona e me lo dice. Mi chiede scusa a inizio conversazione. La premessa è terribile, capisco che qualcosa non va. Dice che io e lei non possiamo più, e a questo punto il ricordo diventa confuso. Per fortuna il pouf di finta pelle contiene l’improvvisa mancanza di forze. Da quel momento mentre i miei amici continueranno ad ascoltare i Duran Duran, io mostrerò interesse per avvilenti cantanti le cui parole d’amore assomigliano tantissimo alla mia vita di undicenne. Julio Iglesias e Fred Bongusto sembrano ispirarsi a quello che mi succede. Le cassette dei miei genitori diventano preziose. Capisco due cose: che siamo una famiglia triste, e che abbiamo terribili gusti musicali.

Nel mio quartiere c’è un negozio di kebab. Quando restiamo da soli Omar mi dice che per tornare a casa percorre quattro chilometri a piedi ogni notte perché gli autobus notturni non passano mai. Si dispiace quando c’è anche sua moglie con lui. È un ragazzo magro, ha il codino e indossa sempre un cappellino con una scritta. Tiene la Bibbia nella vetrina accanto al ketchup e quando non ci sono clienti ne legge un verso.

Mi ha detto che San Giovanni a Teduccio è un quartiere di brave persone e che gli vogliono tutti bene anche se alcuni ragazzi gli chiedono la carta argentata per il cobret. Poi mi racconta che nel suo villaggio la sua famiglia è la più ricca perché ha più di quaranta capre, e che certe capre ti incornano alle spalle. Riescono a buttare a terra un uomo di ottanta chili, ma nel suo villaggio nessuno ne pesa più di settanta. Poi mi mette le mani dietro la schiena e mi fa sentire come colpiscono le capre e ci mettiamo a ridere.

“Balliamo, sembra scritta per noi due questa canzone
è una storia che assomiglia al nostro amore
un amore mezzo pazzo come me”.

Fred Bongusto, Balliamo.

tempesta madre Gianni Solla

IL LIBRO E L’AUTORE – Autore napoletano, che ha firmato libri come Il fiuto dello squalo (Marsilio), Airbag (Ad est dell’equatore), e le raccolte di racconti, Tropico di San Giovanni a Teduccio (Senza Patria) e Seppellitemi con l’accappatoio (RGB), Gianni Solla torna in libreria con Tempesta madre (Einaudi).

Il romanzo racconta la storia di Jacopo, unico maschio della classe dell’istituto Santa Sofia, che a otto anni ha già un complicato rapporto con le donne. A partire da quello con la madre, che gli fa imparare a memoria versi di Majakovskij, spegne i mozziconi di sigaretta nei piatti ed è divorata dalla voglia di vivere. Per le suore della scuola è chiaro che quella ragazza con la maglietta troppo corta è all’origine dei comportamenti di Jacopo: taciturno, fin troppo interessato alle gambe delle sue compagne e soprattutto fissato con la scrittura. I suoi temi, che hanno sempre lei come protagonista, fanno il giro della scuola.

Sua madre e suo padre non vivono insieme ma non hanno mai smesso di litigare furiosamente, lei in italiano e lui in napoletano, lui macellaio e lei segretaria della Brahms edizioni musicali. Una notte, Jacopo e la segretaria – cosí lui chiama sua madre – si trasferiscono abusivamente in una palazzina popolare al Rione delle mosche: due buste, una scatola, e lo zaino di scuola come unico bagaglio. L’ascensore non funziona e il bagno è senza porta, ma c’è un solo letto in cui dormire: se Jacopo dovesse scegliere un momento perfetto della sua vita, indicherebbe quello. Nel rione c’è anche la macelleria di suo padre, e il pomeriggio Jacopo si chiude nella cella frigo a riempire di parole i fogli per incartare la carne.

Quella di Jacopo è un’educazione sentimentale fallimentare, e a leggerla scappa spesso da ridere. Un incontro disastroso dopo l’altro, fino alla catastrofe definitiva: l’incontro con Veronica, maestra di meraviglia e di fuga. Un romanzo amaro, ironico, abrasivo, che rivela una nuova voce di inusuale freschezza, in cui il sorriso e l’emozione convivono a ogni pagina.

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