Il caso di Jozsef Szajer, europarlamentare ungherese sorpreso a partecipare a un’orgia a Bruxelles nel pieno di una pandemia mondiale, di cui molto si è detto nei giorni scorsi, fa tornare in mente la storia (di finzione) narrata da Robert V. Horvath in “Radio Budapest”. Il romanzo racconta, tra le altre, la vicenda di un uomo politico che nasconde la propria sessualità, e riesce a stimolare comprensione e compassione. Ancora una volta, si conferma il ruolo della letteratura e il potere a esso legato: quello di permetterci di andare oltre la superficie delle cose
Abituati ormai alle notizie lampo che ci colpiscono e ci fanno parlare, soprattutto sui social, per poi essere dimenticate poche ore dopo, negli ultimi giorni ne è emersa una che è stata discussa (per poi esaursi in fretta) da diverse prospettive: Jozsef Szajer, europarlamentare ungherese, fedelissimo di Viktor Orbán, beccato a partecipare a un’orgia omosessuale a Bruxelles nel pieno di una pandemia mondiale.
In molti ne hanno scritto e parlato. Alcuni hanno voluto evidenziare l’ipocrisia intrinseca di un fervente rappresentante di una politica omofoba e tradizionalista. Altri hanno sottolineato l’irresponsabilità nell’organizzare una festa con un’emergenza sanitaria in corso (oltretutto in Belgio, uno dei Paesi più colpiti da Covid-19). Altri ancora hanno deciso di enfatizzare l’aspetto più comico: pare che il deputato abbia tentato una fuga finita male attraverso una grondaia.
Aggiungiamo poi che l’argomento “orgia” qualche pensierino lo solletica sempre e comunque. Ma al di là della grottesca immagine di un uomo che tenta la fuga, rimane ferito e, una volta raggiunto dalle forze dell’ordine, sanguinante e dolorante, sfoggia il tesserino da europarlamentare invocando una non meglio precisata immunità per evitare l’arresto, quello che rimane è la drammaticità (e la tristezza) della vicenda (c’è poi da aggiungere che Szájer nel frattempo si è dimesso).
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Leggendo alcuni articoli sul caso, il pensiero è andato immediatamente a Radio Budapest, romanzo di Robert V. Horvath edito da SYNCRO/EUROPA, un progetto interessante che coinvolge narrativa, illustrazione e artigianato per raccontare la “giovane Europa gay”.
Nel romanzo viene presentata, attraverso gli occhi di Bob, giovane americano omosessuale di origini ungheresi, la scena LGBTQ di Budapest, divisa tra gli attivisti che, con grandi rischi e difficoltà, cercano di opporsi alla politica del Fidesz (il partito di Viktor Orbán appunto, notoriamente omofobo) e i moltissimi che preferiscono vivere la propria omosessualità con assoluta discrezione, le “velate”: vengono definiti così gli omosessuali nascosti, coloro che vivono la propria sessualità in segreto. Spesso si tratta di personaggi pubblici, e proprio tra questi spicca Tibor, stella nascente della politica ungherese, con una bellissima moglie, tre figli, una stupenda casa e una carriera all’apice. Non pensare a Szajer sarebbe stato pressoché impossibile. Eppure in Radio Budapest c’è qualcosa che nessun semplicistico titolone di questi giorni ha riportato: la complessità del dramma creato da una vita passata in sordina.
“Non posso dire che provassi pena per Tibor. Non era certo tipo da compatire, con i suoi successi professionali e politici… Però capivo che su quella superficie liscia c’era un’increspatura dolorosa e ineliminabile. Tibor non avrebbe mai conosciuto l’amore sereno tra due uomini apertamente gay”.
Sono parole di Bob che, per un breve periodo, diventerà amante dello sfuggente politico e l’insegnante di inglese del figlio. E sono tante e diverse le storie che attorno a lui ruotano: da László, impegnatissimo e instancabile attivista politico, a Jànos, famoso dj che teme che il dichiararsi possa nuocere alla propria reputazione e alla carriera: “Tutti sanno che è gay e tutti sanno che è un segreto”.
Purtroppo nella realtà storie come la sua sono ancora tantissime, in tutto il mondo: uomini e donne che vivono vite a metà, esistenze permeate da una tristezza che nessuno conosce. Ed è forse anche questo il motivo per cui risulta complesso provare empatia per il personaggio di Tibor: lui, come Szajer, è in una posizione di potere. Legifera, può decidere per altri, può imporre modelli di vita e di comportamento. In questo caso l’ipocrisia della sua esistenza si tramuta, in un certo senso, in violenza verso chi decide – e soprattutto riesce – a vivere la propria sessualità in maniera serena.
Ma il grande pregio di Radio Budapest sta proprio in questo: riuscire ad approfondire la storia di Tibor andando oltre la facciata dell’uomo politico che nasconde la propria sessualità. Tra le pagine del libro scopriamo cosa lo ha condizionato, cosa lo spinge ad agire in un modo anziché in un altro. Riusciamo a trasformare la violenza in comprensione, accoglienza, compassione.
Ancora una volta appare tanto più importante il ruolo della letteratura e il potere a esso legato: quello di permetterci di andare oltre la superficie delle cose, di approfondire e soffermarci sulle sfaccettature di una vita che il titolo di un giornale non può – e non vuole – mostrare. Se la notizia voleva suscitare scandalo, pruriginosa curiosità, rabbia (o, molto banalmente, un click) un romanzo come Radio Budapest spinge quella curiosità oltre.
Per questo progetti come SYNCRO/EUROPA sono importanti e ancora oggi servono, se non altro affinché aiutino a traghettarci a un momento storico in cui si rivelino non più necessari. Questa è la speranza.