È la più classica delle formule fiabesche ad aprire “Tempi moderni”, raccolta di racconti di Cathy Sweeney, autrice irlandese al suo esordio letterario. Sono ventuno storie, spesso brevissime, innestate in un quotidiano irreale – a tratti fantastico, a tratti inquietante –, che si fa riflesso distorto della nostra società – L’approfondimento

C’era una volta una donna così innamorata del membro del marito da portarselo in giro, durante il giorno, nel suo portapranzo. C’era una volta un palazzo che si era ammalato, ma anche un uomo che girava film senza telecamera. E c’era una volta persino una donna il cui figlio era un uomo molto più anziano di lei.

È la più classica delle formule fiabesche ad aprire Tempi moderni (Il Saggiatore, traduzione di Claudia Durastanti) raccolta di racconti di Cathy Sweeney (in copertina, nella foto di Meabh Fitzpatrick, ndr), autrice irlandese al suo esordio letterario. Sono ventuno storie, spesso brevissime, innestate in un quotidiano irreale – a tratti fantastico, a tratti inquietante –, che si fa riflesso distorto della nostra società.

Cathy Sweeney Tempi moderni

Ad alimentare l’atmosfera fiabesca non mancano poi re, sfarzosi castelli, nonne, lupi e apparenti magie. Ma tutto è quasi sempre al rovescio: come in Una storia nuova dentro una storia vecchia, in cui una Cappuccetto Rosso intenta a fuggire un’insoddisfacente vita coniugale, si addentra volontariamente nella foresta per sedurre il lupo cattivo.

Delle fiabe, le storie di Sweeney rispettano anche la classica collocazione spazio-temporale indefinita. Ma se è vero che i fatti narrati potrebbero all’apparenza accadere in ogni tempo e in ogni luogo, non sfuggono alle contaminazioni del mondo moderno: e così, tra re e regine si mescolano inaspettati terapeuti, social network e mezzi di comunicazione di massa. C’è persino posto per un’inspiegabile epidemia che, tra le altre cose, costringe le persone a indossare mascherine.

Anche nei racconti più realistici, però, sono gli elementi insoliti, i paradossi e le bizzarrie a tirare sempre le fila di ogni storia: nel racconto La donna il cui figlio era un uomo molto anziano, per esempio, una giovane madre single si trova costretta, per poter lavorare, a lasciare ogni pomeriggio suo figlio in un congelatore, per poi tornare a scongelarlo a fine giornata, provocando degli effetti imprevisti sulla sua crescita.

A nulla serve chiedersi il perché o cercare di trovare una spiegazione che rispetti le regole della logica. L’assurdo è intessuto con naturalezza nella trama delle storie. Se infatti gli ospiti della festa in La celebrazione non hanno, e non devono avere, il sentore che stia accadendo qualcosa di strano, il lettore sì, il lettore è chiamato direttamente dal testo a confermarne la sua “normalità irragionevole”: “sapete come funziona”, “sapete com’è”, ci apostrofano, di tanto in tanto, i personaggi dei racconti.

I protagonisti di queste storie non vivono felici e contenti come le loro controparti fiabesche. Molti di loro sono intrappolati in cittadine noiose, in cui conducono vite mediocri, con lavori frustranti. Il matrimonio è un istituto in crisi, sgretolato sotto il peso di una comunicazione assente, figli problematici, amanti, malesseri personali. Il sesso, invece, è un tabù che talvolta si rompe con violenza (c’è un’insegnante che va a letto con un suo studente con problemi di apprendimento); altre lo si rinnega con nostalgia (un uomo guarda solo i porno dell’epoca del muto); altre ancora, lo si esternalizza, dissociandolo da sé (c’è una moglie che regala al marito una bambola gonfiabile) o lo si sostituisce con la violenza fisica (una coppia risolve tutti i suoi problemi alternandosi sulla sedia elettrica).

Casuale o meno, è infine quasi impossibile ignorare il richiamo all’omonimo film di Charlie Chaplin del 1936 e alla sua dissacrante analisi in chiave comica di quell’alienazione portata dai nuovi “tempi moderni”. Le due opere – letteraria e cinematografica – condividono una visione critica della società che le ha prodotte. Laddove, però, Chaplin riusciva a sottrarsi, nel suo modo tutto umano, all’alienazione della catena di montaggio, i personaggi di Cathy Sweeney sembrano essere ingranaggi intrappolati in un presente che non riescono a governare.

Unica via di fuga possibile: l’irreale, il sogno, quell’impulso, quasi animale, di tutto ciò che è privo di logica.

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