“Nel mondo in cui viviamo, la fantasia che è solo sogno, è malattia. La fantasia deve produrre soluzioni. Deve disegnare scenari credibili per lettori che, ormai, vivono quotidianamente nell’incredibile. Stiamo riponendo nel fantasy contemporaneo speranze millenaristiche? La fantasia deve darci la chiave di lettura del nostro mondo catastrofico, da cui non possiamo fisicamente uscire. Altrimenti, come ne usciamo?” – In occasione della pubblicazione de “La dorsale” (prevista per il 17 novembre), primo volume di una nuova saga fantastica per ragazzi e non solo, su ilLibraio.it la riflessione dell’autrice Maria Gaia Belli

Uscire dal mondo

Fantasticare è bene? A quanto pare, no. Fuori da certi parametri, fantasticare è un disturbo, maladaptive daydreaming, in italiano “disturbo da fantasia compulsiva” – un problema per il quale vengono proposte terapie che dovrebbero portare a una guarigione.

Guarire dal fantasticare. Guarire da quel comportamento ossessivo che ti impedisce di lavorare, dedicarti alla carriera, alle attività sociali, alle pratiche quotidiane, perché quel tempo lo passi a sognare un mondo che non esiste. Un mondo che non è il tuo, e in cui, a dirla tutta, nemmeno vorresti vivere – perché un mondo inventato non è meno imperfetto del reale. Un mondo che sogni per il semplice fatto che richiede d’essere sognato.

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Nella serie di videogiochi Final Fantasy (si chiamano tutti così, “Fantasia finale”, e ce n’è sempre un altro subito dopo. Non troverei in mille anni esempio migliore per dire cos’è la fantasia) c’è un titolo particolare. Final fantasy X racconta un mondo che straborda dal pentolone del genere fantastico, dove possono coesistere robot e polli cavalcabili, navi volanti e mistici invocatori, magia e pallanuoto. È un mondo tanto bello, e tanto irreale, che viene il dubbio che possa esistere, e che sia tu a non esistere (e questo, poi, è un altro disturbo ancora).

A un certo punto scopri che il mondo con cui hai giocato per oltre 200 ore, con una mappa così vasta, con dettagli minimi così raffinati e personaggi in carne e ossa tanto reali, è un sogno. C’è una cornice narrativa superiore, dove qualcuno sta sognando il gioco a cui stai giocando. Neanche il mondo del gioco è vero per il mondo del gioco. Si tratta solo di una fantasia che serve a proteggere ciò che è rimasto di un mondo vecchio, sofferente, inabitabile.

In poche parole, il nuovo mondo meraviglioso è una fuga.

Dicevo sopra: fuori da certi parametri, il fantastico è malato. Il gruppo di ingegneri del socialmente accettabile che ha deciso questi parametri – che ha piantato i paletti dentro i quali un drago è carino, è innovativo, fuori dai quali un drago è un problema – li ha definiti così: disturbato è il soggetto la cui “fantasia sostituisce l’interazione umana e/o interferisce con il funzionamento accademico, interpersonale o professionale”.

Nel mondo in cui viviamo, la fantasia che è solo sogno, è malattia. La fantasia deve produrre soluzioni. Deve disegnare scenari credibili per lettori che, ormai, vivono quotidianamente nell’incredibile. Stiamo riponendo nel fantasy contemporaneo speranze millenaristiche? La fantasia deve darci la chiave di lettura del nostro mondo catastrofico, da cui non possiamo fisicamente uscire. Altrimenti, come ne usciamo?

Penso a Ofelia, la giovane Attraversaspecchi (dall’omonima tetralogia di Christelle Dabos, edizioni e/o), che trova soluzioni a mondi morenti con la pratica del non fermarsi in un posto solo perché qualcuno le ha detto di restarci.

Penso a Pidge, e a sua sorella Brigit, in La pietra del vecchio pescatore (Pat O’Shea, ripubblicato recentemente da TEA nella traduzione di Pier Francesco Paolini), minuscoli abitanti di un mondo reale, l’Irlanda, che un giorno comincia a sfumare accogliendo rane parlanti, bracchi-umani, streghe une e trine, e i nostri piccoli eroi non possono far altro che viaggiare e viaggiare inutilmente, improduttivamente, in questo mondo segreto, senza avere idea di quale sia la soluzione al problema, visto che per buona parte della storia non hanno idea nemmeno di quale sia il problema.

Penso soprattutto a Lyra, la protagonista di Queste oscure materie (Philip Pullman, Salani), che vive in un mondo imperfetto, fatto di tanti alti e bassi molto bassi – ma via, le persone possono parlare con la propria anima in forma animale, e se non è quello uno dei migliori mondi possibili in cui stare, allora dove? – eppure Lyra vede aprirsi uno squarcio nel cielo e ci entra. Davanti alla possibilità di un oltre, Lyra abbandona le interazioni umane note, i progetti di vita futuri professionali e affettivi, e fugge dal proprio mondo reale senza sapere dove andrà, perché un mondo nuovo promette sempre un passo avanti.

Per creare il mondo narrativo della Dorsale, indubbiamente mi sono ammalata di qualcosa. Non l’ho domandato io. Si è presentato da sé, come si presentano i sogni, che possiamo accettare e appuntare appena svegli, prima che scappino, oppure dimenticare. Ho visto altri mondi e sono scappati. Questo è rimasto con me, per tantissimi anni, così ogni giorno esco dal mio e resto per un po’ a guardarlo. È una pratica che richiede spesso d’abbandonare la produttività. Mi hanno detto: piuttosto comprati un acquario. Ma gli acquari sono piccoli, e soprattutto – cosa che odio – sono chiusi.

Mi sono affezionata ad alcune persone che vivono dentro questo mondo, e la loro vita, vista da fuori come loro non possono vederla, mi è sembrata una storia. La prima parte di questa storia, L’anno del ferro, uscirà a novembre 2021 per effequ, e racconta la Dorsale quando queste persone erano bambini. Dentro questo mondo ci sono alcune cose che per noi non sono reali, tra cui i draghi. Ma comunque, secondo i parametri di cui sopra, sono draghi che non servono a niente.

Dorsale Effequ

L’AUTRICE E IL LIBRO – Maria Gaia Belli, classe 1991, è laureata in Italianistica a Bologna ed è redattrice, copywriter, docente di laboratori per bambini e ragazzi. Ha partecipato con un racconto all’antologia Hortus mirabilis. Storie di piante immaginarie (Moscabianca 2020) e collabora con varie riviste, tra cui Tropismi, inutile, Nazione indiana Le parole e le cose.

Con La Dorsale (effequ) dà inizio a una nuova saga fantastica per ragazzi, ma non solo. La vicenda vede come protagonista Kami, una giovane che vive allo stato selvatico sulla dorsale. Il mondo che conosce è fatto di piccole cose e grandi difficoltà, Luk sta nei quartieri ovest della città di P., dove si arrangia con lavoretti e piccoli furti, per aiutare la madre a mantenere sé e la sorella.

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L’autrice Maria Gaia Belli

Key è il secondo figlio di uno degli uomini più ricchi del Nord. È un ragazzo tranquillo, ma dal carattere indipendente, che non sempre riesce ad adattarsi alle tradizioni ingessate della famiglia. Per motivi diversi tutti e tre si ritrovano arruolati in Accademia, una cittadella dove si allevano i futuri soldati e i draghi da corsa, sostentamento della città. Lì conoscono Leila, e le quattro vite si intrecciano. La loro crescita si affianca a quella della città, scandita da tempi ed eventi programmati dall’Accademia.

L’anno del ferro è il primo volume di una trilogia che segue la crescita dei quattro giovani e li accompagna in un mondo fantastico e spietato, dove l’unico modo per sopravvivere è guardarsi le spalle a vicenda. Tra amicizia, intrecci amorosi e grandi guerre, si sviluppa una grande epopea che si muove lungo le asperità montuose della dorsale, la grande montagna di ferro che delimita il loro mondo.

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