Torna su ilLibraio.it la rubrica #LettureIndimenticabili, con Donatella Di Pietrantonio che racconta il suo legame con “Finzioni”, celebre raccolta di racconti di Jorge Luis Borges: “Non so se e come sono sfuggita al labirinto di quella biblioteca, ma se l’ho fatto è stato solo per smarrirmi di nuovo…”

Avevo poco più di vent’anni e studiavo Odontoiatria a L’Aquila. Mi dibattevo tra un manuale di anatomia patologica e i tre volumi di ortodonzia del Langlade. Qualche sera mi concedevo una puntata alla cantina del Boss, in fondo a via Castello. Stavo a pensione a due passi, al civico 55, dalla fiorentina signora Leda che mi rimpinzava di buon cibo ed era riuscita ad attaccare alcuni chili di carne alle mie ossa. Uscivo dal portone e già mi arrivava il vocio di chi era rimasto fuori, nel fine settimana le due stanze del Boss non riuscivano a contenere gli studenti universitari, i docenti, un certo tipo di aquilani che lo frequentavano. Danilo Bandini non apparteneva a nessuna di queste categorie, era diverso da tutti. Cappello nero a falde larghe, capelli più o meno lunghi, un libro sempre nella tasca del cappotto. I suoi invidiosi detrattori lo ritenevano troppo robusto per la speleologia che si ostinava a praticare e, quanto alle immersioni subacquee, raccontavano che provava la nuova muta da sub nella vasca da bagno di casa, con la madre che tentava di spingerlo sott’acqua.

A volte trascriveva a memoria poesie di Baudelaire su fogli di carta e poi ne bruciacchiava i bordi con l’accendino, per invecchiarli. Li lasciava sul bancone del Boss. L’ho conosciuto un pomeriggio che mi ero fermata lì dopo le lezioni, ma l’avevo adocchiato da tempo. C’era poca gente, ero seduta in un angolo con un imbarazzante bicchiere di acqua minerale davanti. Dal Boss si beveva quasi esclusivamente vino rosso sfuso, ma io ero e sono quasi astemia. In una libreria lungo la strada avevo comprato un romanzo, l’ho aperto alla prima pagina. Danilo si è seduto al mio tavolo, nonostante i molti ancora liberi. Non ho motivo di dubitare che l’avesse attratto il libro e non la mia persona. Ha allungato la mano sul legno e gliel’ho passato, a disagio. Ha letto l’incipit e me l’ha restituito con un’espressione vagamente disgustata della bocca.

“Cos’è questa roba che leggi?” ha chiesto pensieroso.

“Me l’hanno regalato” ho mentito.

Una lunga pausa, poi ha preso Finzioni dalla grande tasca.

“Lascia perdere, leggi Borges” e me lo ha lasciato lì, sul tavolo.

“Ma come te lo rendo?” ho farfugliato mentre già si alzava.

“Prima o poi mi ritrovi aju Boss” e se n’è andato.

E io mi sono persa nella biblioteca di Babele, prigioniera centrale del libro infinito dalla costola circolare, che contiene tutti gli alfabeti e i possibili testi del mondo, passati, presenti e futuri. Il libro ciclico che secondo i mistici citati da Borges è Dio.

“Non so come sono sfuggita al labirinto di quella biblioteca, ma se l’ho fatto è stato solo per smarrirmi di nuovo: nel giardino dei sentieri che si biforcano. Lì ho scoperto che la biforcazione accade non nello spazio ma nel tempo; e il giardino è un romanzo caotico dove l’autore sviluppa ogni alternativa simultaneamente. Crea vari futuri che ancora si biforcano e si moltiplicano dando luogo a tutte le possibilità.

Era la narrativa magico-geometrica di Borges. Per me, così cominciò l’amore. Seduta a un tavolo dove mani sconosciute avevano inciso i loro nomi, avvinta dalle pagine, mentre poco a poco la cantina si affollava di persone, voci, e io non le sentivo. Cominciò così anche l’amicizia con Danilo, ed è sopravvissuta a distanze e terremoti, ai silenzi e agli eventi delle nostre vite. Non ricordo se l’ho mai ringraziato per il libro che non gli ho mai restituito.

LA RUBRICA – Letture impossibili da dimenticare, rivelatrici, appassionanti.Libri che giocano un ruolo importante nelle nostre vite, letti durante l’adolescenza, o da adulti. Romanzi, saggi, raccolte di poesie, classici, anche testi poco conosciuti, in cui ci si è imbattuti a un certo punto dell’esistenza, magari per caso. Letture che, perché no, ci hanno fatto scoprire un’autrice o un autore, di ieri o di oggi.
Ispirandoci a una rubrica estiva del Guardian, A book that changed me, rifacendosi anche al volume curato da Romano Montroni per Longanesi, I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, abbiamo pensato di proporre a scrittori, saggisti, editori, editor, traduttori, librai, bibliotecari, critici letterari, ma anche a personaggi della cultura, della scienza, dello spettacolo, dell’arte, dell’economia, della scuola, di raccontare un libro a cui sono particolarmente legati. Un’occasione per condividere con altri lettori un momento speciale.

L’AUTRICE – Donatella Di Pietrantonio è tra le sorprese dell’anno con il successo de L’arminuta (Einaudi). La scrittrice si è raccontata in un’intervista con ilLibraio.it, in cui ha parlato dei temi del nuovo libro, del suo “non-metodo” di scrittura, del legame con la sua terra, l’Abruzzo, dei suoi autori di riferimento di oggi e di ieri, di Elena Ferrante e dei premi letterari…

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