La poetessa catalana Eva Baltasar approda alla prosa con “Permafrost”, una narrazione in prima persona in cui tormento interiore e humor nero convergono nel ritratto di una donna che vive ai margini delle convenzioni con l’intenzione di “farla finita” – L’approfondimento

permafrost ‹pë′ëmëfrost› s. ingl. [comp. di perma(nent) «permanente» e frost «gelato»], usato in ital. al masch. – Strato di terreno gelato, probabilmente di origine glaciale, che, a diversa profondità, si trova sotto la superficie terrestre, spec. alle alte latitudini.

 

Eva Baltasar (nella foto di David Ruano, ndr) sceglie questa similitudine implicita più che pertinente per dare un titolo al caotico e pulsante flusso di coscienza alla base di questo lungo monologo (tradotto da Amaranta Sbardella per Nottetempo, ndr) in cui mette a nudo se stessa.

La vediamo entrare in scena brutalmente sospesa a un’altitudine che tradisce un’esistenza in bilico tra la brama di intensità e gli istinti suicidi. Ci si trova quindi subito catapultati in medias res sulle altalene emotive della protagonista-scrittrice, flashback scomposti che lasciano intuire la precarietà di una routine domestica portata avanti per vent’anni prima di scoprire un’identità che le convenzioni sociali rischiano di soffocare.

Baltasar_permafrost

Prima di tutto c’è il sesso, grande protagonista di questo percorso di disvelamento di un’anima intrappolata: sono tante le donne che si avvicendano nella vita di Baltasar, troppe rispetto a quelle destinate a lasciare il segno, scalfendo la lastra congelata. Ognuna di esse rappresenta in qualche modo il fallimento della volontà di lasciarsi andare, di vivere l’amore come possibilità di trovare il proprio posto nel mondo: un’ansia che scalpita sotto lo spesso strato di permafrost.

Se la presa di coscienza dell’omosessualità avviene relativamente presto, tra la scoperta dell’autoerotismo e l’eccitazione innocente dell’adolescenza, più lento e travagliato è il percorso per scoprire la propria vocazione. Le tappe sono ben scandite: laurea in Belle Arti mancata, il vicolo cieco degli studi obbligati, l’ansia creativa frustrata sin dalla gioventù da genitori indifferenti.

“Dev’essere simile al dolore che segue un aborto, la tristezza residuale di un’esistenza non portata a termine mentre ci si aggrappa con gli artigli alla vita”.

Il tema della famiglia e delle complicate dinamiche psicologiche e relazionali che i legami di sangue inevitabilmente comportano torna a più riprese tra le pagine. L’occasione è spesso fornita dal ritratto spietato di una madre capace di incasellare chi le sta intorno – e forse persino se stessa – solo in funzione del ruolo sociale o professionale che rivestono. A ciò si aggiunge il resoconto degli episodi di confronto con la sorella, emblema di come le stesse pulsioni possano approdare a esiti differenti.

“Entrambe abbiamo avuto quest’imperioso bisogno di intensità, e condividerlo con la famiglia non fa altro che dissolverlo. La famiglia, che magnifico solvente! Impossibile raggiungere il nucleo rimanendo al suo fianco”.

In questa visione apparentemente granitica che non cede mai il passo alla possibilità di accogliere il buono, il ribaltamento di prospettive nasce paradossalmente proprio dall’interno, alimentato da legami sottovalutati che, con la loro innocenza, portano alla luce una vitalità prolifica ma tenuta a lungo a freno.

“Ho un buon rivestimento io, io, impermeabile come quello degli scafi, ma non è una menzogna, no: la solidità del ghiaccio preserva un mondo abitabile, seppur dormiente”.

Con questa immagine Baltasar ci ricorda – e si ricorda – che il permafrost esiste in natura, a determinate latitudini e profondità, ma che ben poco si concilia con il fisiologico calore dell’umano.

 

LE DATE DEL TOUR IN ITALIA

18 ottobre – Torino, Nora books

19 ottobre  – Genova, Bookpride

20 ottobre  – Milano, Libreria Antigone

21 ottobre – Rovereto, Libreria Arcadia

22 ottobre – Venezia, Libreria MarcoPolo

23 ottobre  – Bologna

Il tour italiano è realizzato con il sostegno della Fondazione Ramon Llull

Fotografia header: Eva Baltasar, foto di David Ruano

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