Dal 5 al 26 luglio in programma la 79esima edizione del Festival di Avignone, un’esperienza unica e magica per chi vuole entrare in contatto, in maniera esperienziale, totale e interattiva con il meglio della produzione dello spettacolo dal vivo in Europa – La nostra guida alla rassegna teatrale più attesa (e sorprendente)

Dopo un annetto vissuto teatralmente, lo posso e lo voglio ben dire: il Festival di Avignone, che ho frequentato per la sua intera durata per la prima volta nella scorsa edizione, rappresenta un’esperienza unica e magica per chi vuole entrare in contatto, in maniera esperienziale, totale e interattiva con il meglio della produzione dello spettacolo dal vivo in Europa. Arriverei a dire, con l’enfasi entusiasta un po’ partigiana, presuntuosa ma onesta: si tratta del miglior festival di teatro al mondo.

Dopo una recente chiacchierata con il suo direttore, il portoghese – adottato dalla Francia – Tiago Rodrigues (qui un’ampia intervista su Teatro e critica, ndr), autore e regista, tra l’altro, fra quelli che vale davvero la pena di seguire da vicino, per la sua produzione innovativa e toccante nel panorama del continente (ora a Parigi c’è il suo Hécube, pas Hécube visto ad Avignone lo scorso anno), e curatore appassionato e coscienzioso, vi sintetizzo qui, in breve, 10 buoni motivi per cui, una volta almeno nella vita, e quest’anno in particolare, dovreste considerare di passare a luglio almeno qualche giorno per la città dei Papi, che per tre settimane si trasforma in una mille e una notte di spettacoli, sotto le stelle, e in ogni suo angolo allestisce palcoscenici nelle corti nascoste, nei teatri ricavati in ogni scantinato e nelle stradine solcate dal Mistral.

A proposito, qui trovate il programma ufficiale della 79esima edizione, dal 5 al 26 luglio:

Tiago Rodrigues con Milo Rau

Tiago Rodrigues con Milo Rau

La lingua dell’altro

Ogni anno c’è una lingua ospite. Nella direzione Rodrigues il festival ha visto l’inglese due anni fa, e lo spagnolo lo scorso come lingue d’elezione. Quest’anno il programma si apre alla lingua araba. Lo spettacolo d’apertura, della coreografa Marlene Monteiro Freitas, NÔT, alla mitica Cour d’honneur del Palais des Papes, è ispirato a Le mille e una notte, e ci saranno spettacoli, dibattiti e letture intorno a una lingua che è la seconda parlata in Francia, portatrice di cultura millenaria e tristemente attuale spesso esclusivamente per i venti di guerra che soffiano forti e angoscianti dal Medio Oriente.

LA LETTRE, Milo Rau, 2025 © Christophe Raynaud de Lage

La lettre, Milo Rau, 2025 © Christophe Raynaud de Lage

Creazione originale

Più della metà degli spettacoli della programmazione del festival sono concepiti per il festival. Debuttano quindi qui, per poi non di rado entrare nei cartelloni più importanti della stagione teatrale successiva in Francia ed Europa. Così si vedranno il nuovo lavoro di Milo Rau, lo spettacolo itinerante La Lettre, e una lettura scenica, sempre curata dal regista svizzero del processo Pelicot, che tanto ha colpito l’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne. Thomas Ostermeier, il maggior regista tedesco contemporaneo, torna ad Avignone dopo un decennio, e  presenta una sua versione dell’Anatra selvatica di Ibsen. Ma vedremo anche la creazione di Gwenaël Morin a patire dai Persiani (la più antica tragedia greca conservata nella sua interezza) e molto altre novità assolute.

Direzione salda

Tiago Rodrigues che ci anticipa soddisfatto che “questa sarà una delle edizioni più partecipare della storia del festival” è un direttore attento, presente e gentile, capace di tenere viva la tradizione e i valori del festival con idee e una conduzione collegiale ma con un carattere forte, e grande capacità ricettiva, delle tendenze della scena contemporanea, ma in grado anche di servirsi dell teatro come prezioso sismografo dei movimenti tallurici della società attuale. Di questa capacità del festival di parlare al presente e di aprirsi al mondo Rodrigues è garante e artefice. Il suo contributo d’autore, quest’anno con La distance (nella foto grande, ndr), che parla di gap intergenerazionali, rapporti padri-figlie, esili su Marte e cambiamento climatico, sembra toccare con poesia e visionarietà il nostro futuro prossimo distopico con una “fantascienza intima”, come la definisce il regista stesso.

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Le Sommet, Christoph Marthaler ©Nora Rupp

Le Sommet, Christoph Marthaler ©Nora Rupp

Grandi nomi

Oltre a Rau, Ostermeier, Rodrigues, ad Avignone sarà possibile vedere il nuovo spettacolo di Christoph Marthaler Il vertice (qualcuno lo ha già visto in anteprima al Piccolo Teatro; che coproduce, con la nostra Federica Fracassi), il premiatissimo Le Soulier de Satin (testo di Paul Claudel, spettacolo di otto ore, regia di Éric Ruf prodotto dalla Comédie Française, premiato con cinque Molières). Sarà possibile vedere anche ITEM e Par autan, testi di François Tanguy, autore mitico recentemente scomparso, fondatore del Théâtre du Radeau, o il nuovo lavoro di Mohamed El Khatib, autore franco marocchino di teatro documentario apprezzatissimo, che in Israel & Mohamed incontra il flamenco di Galván sul palco.

Cielo stellato

Consustanziale all’esperienza avignonese è la notte. Sotto le stelle, in corti e spazi a cielo aperto, il rito dello spettacolo dal vivo ritrova una forma antica e primigenia (dalla tragedia greca alla scena shakespeariana), una potenza espressiva ancora più esposta al caso e ai capricci del tempo, una dimensione di sospensione che segna questa particolare avventura che è il festival ad Avignone. Molti testi hanno la notte come tema, quasi tutti ci permettono di attraversare questo spazio liminare fra sogno e realtà trovando un nuovo sguardo. Evento unico, quest’anno, lo spettacolo di Éric Ruf, che comincia alle 22 e dura fino alle 6 di mattina.

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Artista complice

Si è accennato alla coreografa di Capo Verde Marlene Monteiro Freitas. Ogni anno il festival sceglie un “complice”, non solo responsabile dello spettacolo di apertura ma che segna, con suggerimenti e contributi, il festival tutto. L’artista, premiata anni fa alla Biennale Danza di Venezia, promette di essere una delle sorprese di questa edizione.

Magia

Succedono cose impensate e stupefacenti nelle settimane avignonesi. Ne riporto tre fra le molte che mi hanno lasciato a bocca aperta l’anno scorso.

  1. Ti capita di ascoltare le tirate ficcanti di Angelica Liddell, regina provocatrice del teatro spagnolo, e poi, a metà spettacolo, nella Cour d’Honneur nel Palazzo dei Papi, a un certo punto lei dice una frase ad effetto: “Perché il teatro è tempo, e il tempo ci avvicina alla morte“, ed ecco che una leggera pioggerellina rinfresca con perfetto tempismo il pubblico. Quel che si dice il kairos.
  2. Sei per strada e una ragazza gentile ti ferma per proporti uno spettacolo della produzione dell’Off, un’Antigone piuttosto classica – ti dice – quasi con un’umiltà eccessiva, come non volesse davvero “venderla”. Le chiedi che ruolo ha nella compagnia. E lei risponde: sono Antigone. Ecco: fa strano, ma ad Avignone si può essere volantinati da Antigone.
  3. Un giorno di stanca a un dibattito, ho pensato: ora vado ad Arles a vedere una mostra fotografica di Sophie Calle, artista francese mitica al confine fra arte concettuale, performance e storytelling. Sto per lasciare la corte, ed ecco sul palco, in veste di interprete improvvisata dallo spagnolo, apparire… Sophie Calle. Ad Avignone i desideri prendono corpo.

Sì, il dibattito sì.

Ad Avignone lavora sotteraneo il passaparola. Non solo, al mattino alla corte St Luis, cuore operativo del festival, spesso alla Maison Jean Vilar (dedicata all’ideatore e fondatore della kermesse, 1947) prendono vita incontri e dibattiti. Ad Avignone non si guarda soltanto, questo è assodato, ci si confronta: lo spettacolo è testo, pretesto e contesto. La presa di parola è diffusa. Gusti e disgusti, suggestioni e suggerimenti, si traducono in incontri, scambi, biglietti venduti sotto banco, bistrot condivisi, dritte da vicini di fila, saggi di teatro di strada, registi e attori a portata di parola e di bicchiere. Questa dimensione dialogica, e la scintilla dell’altro, sono parte essenziale del festival.

Aperture

Il Festival d’Avignone, per sua natura festa estiva, abbuffata di teatro, luogo dell’eccellenza e della sperimentazione, attira ogni anno un pubblico nuovo, mediamente più giovane di quello abitualmente nelle sale e una serie di affezionati cultori (“Non si va ad Avignone, – ricorda Rodrigues – si fa Avignone”, sottolineando il ruolo pro-attivo dello spettatore). Con il programma Première Fois il festival favorisce e facilita la partecipazione delle scuole e percorsi di accesso per la prima volta al festival. Così, questa piazza dello spettacolo dal vivo, è aperta a un pubblico internazionale (gli spettacoli sono tutti sottotitolati in francese e in inglese), giovane, curioso.

Agathe e Adrien nella foto di Thibault Carron

Agathe e Adrien nella foto di Thibault Carron

Off

Non vi bastassero la quarantina di proposte del programma ufficiale, avete circa 1700 spettacoli di Avignone Off, e vi dico un segreto: uno degli spettacoli più belli e di valore visti ad Avignone lo scorso anno è frutto di un momento libero e una scelta quasi casuale nel programma fittissimo dell’Off: Agathe e Adrien, coppia geniale di acrobati e artisti, circensi e narratori canadesi, giovanissimi, bravissimi, autori dello spettacolo N.Ormes (ne scrivevo qui l’anno scorso).

Ad Avignone nulla è prevedibile, nulla è normale. Tutto è speciale.

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Fotografia header: Festival di Avignone 2025, La Distance, Tiago Rodrigues, 2025 © Christophe Raynaud de Lage

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