“Il mio rapporto con i libri (e sono sicura di non essere l’unica) è molto più complesso di un sistema bilaterale che accetta come uniche opzioni «preferito» e «non preferito»…”. Gabrielle Zevin, autrice de “La misura della felicità”, racconta quanto è difficile per lei rispondere all’inevitabile domanda sui libri preferiti…

“La misura della felicità” (Nord) di Gabrielle Zevin (foto di Hans Canosa)  è una dichiarazione d’amore per la vita e le sorprese che ci riserva, ma soprattutto per i libri e i lettori, perché, come ci insegna la storia di A.J. Fikry, condividere un libro è il modo migliore per aprire il nostro cuore e raccontare qualcosa di noi. 
 
Qui di seguito, la scrittrice spiega quanto per lei è difficile rispondere all’inevitabile domanda: “Quali sono i tuoi libri preferiti?”…

di Gabrielle Zevin

A un certo punto del mio romanzo La misura della felicità, il protagonista, lo scorbutico e incontentabile libraio A.J. Fickry dice: «Ho pensato parecchio al motivo per cui sia molto più facile scrivere delle cose che non ci piacciono / che odiamo / che riteniamo imperfette piuttosto che delle cose che amiamo». Non TUTTE le opinioni di A.J. rispecchiano le mie, ma questa è una domanda che mi faccio anch’io.

Dal momento in cui il tuo primo romanzo viene pubblicato, molte persone (critici, giornalisti ma anche colleghi, amici e persino quelli che hanno sentito per caso che sei uno scrittore) vogliono sapere quali sono i tuoi libri preferiti. Ho calcolato che negli ultimi dieci anni ho risposto più di mille volte a questa domanda. Forse l’unica cosa che mi chiedono più di frequente è: «Da dove prendi le tue idee?»

Nonostante il fatto che io so, lo so per certo, che prima o
poi la domanda dei «preferiti» arriverà, non sono ancora riuscita a trovare una risposta soddisfacente. Ogni volta, nella mia mente si crea il vuoto, come se non avessi mai letto un solo libro in tutta la vita. Gli unici titoli che mi vengono in mente sono libri assurdi, che di sicuro non sono i miei preferiti. Oppure sono degli assoluti cliché che, per quanto siano romanzi meravigliosi, mi rendo conto che non voglio citare in quel contesto. Ci serve davvero qualcun altro che dica che il suo libro preferito è, per dire, Il giovane Holden? Presa dalla disperazione, qualche volta soccombo ai cliché, per poi sentirmi tremendamente in colpa pensando a tutti i libri che non ho citato. Essendo una scrittrice che ha al suo attivo qualche successo e anche un discreto numero di insuccessi editoriali, preferisco sempre citare il libro meno conosciuto di un autore.

A questo punto della mia vita non sono più nemmeno sicura di avere davvero dei «preferiti». Il mio rapporto con i libri (e sono sicura di non essere l’unica) è molto più complesso di un sistema bilaterale che accetta come uniche opzioni «preferito» e «non preferito». Per esempio ci sono i libri che ho amato da bambina. Quando penso a quando leggevo La piccola principessa di Frances Hodgson Burnett, vengo subito trasportata sul vecchio divano di lana beige che c’era a casa dei miei genitori. Fuori nevicava, ma dentro casa si stava al caldo e in forno c’erano quei deliziosi biscotti al burro d’arachidi… Il mio amore per questo libro ha sicuramente a che fare con il libro in sé, il che è fantastico, ma c’entra anche con la nostalgia per il momento in cui l’ho letto per la prima volta.

E poi ci sono quei libri che non mi sono propriamente divertita a leggere, ma che sono stati molto istruttivi per me come scrittrice. Penso a
Furore
di John Steinbeck o all’Uomo invisibile di Ralph Ellison. Sono entrambi libri ingegnosi per struttura e stile, ma non possono definirsi romanzi avvincenti. E nonostante questo sono stati importanti per la mia crescita come scrittrice, perché mi hanno mostrato nuove possibilità da esplorare con la mia prosa. Sebbene abbia dedicato in assoluto poco tempo alla lettura di questi due libri, ci penso spesso e li cito di frequente.

Per ironia della sorte, La misura della felicità è un libro
che parla proprio dei «preferiti» e di come i libri che leggiamo definiscono le nostre vite. Mi piace indagare sulle letture preferite degli altri, mi piace ascoltare quello che mi rispondono anche quando sospetto che mi stiano mentendo. «Davvero? Il tuo libro preferito è Arcipelago Gulag? Ma non mi dire.» Lo capisco cos’è che spinge la gente, se non proprio a mentire, a cercare di darsi un tono quando si tratta della propria vita letteraria. Capisco il desiderio di citare titoli che non siano banali, che rivelino il nostro spiccato senso dell’umorismo e che ci facciano apparire, in definitiva, buoni lettori. Ve lo dico, gente, non è per
niente facile…

ps. Ed ecco le 50 frasi celebri più belle sul piacere di leggere libri ispirate al romanzo di Gabrielle Zevin 

Fotografia header: Gabrielle Zevin (foto di Hans Canosa)

Libri consigliati