Arriva in libreria “Un bel giorno sarà estate”, una distopica storia d’amore fra una docente di nome Maria e un -bot, Tonio, che insegna poesia, musica e arte nella stessa scuola. L’autrice, Giovanna Amato, su ilLibraio.it riflette sulle differenze fra un innamoramento incerto e tipicamente umano, e quell’amore totale e risoluto che invece può travolgere anche chi è fatto di circuiti e fusibili…

Con una grazia e un rigore forse mai raggiunti altrove, Roland Barthes, nel suo magnifico Frammenti di un discorso amoroso, è stato in grado di raccontare a parole le dinamiche e gli accadimenti dell’amore. Toccata questa cresta, che deve all’eleganza del frammento la sua perfetta riuscita, ogni tentativo successivo si scontra con la necessità di pronunciare una storia nuova come se non fosse la più antica che l’uomo abbia tentato, tentennando, di raccontare.

Si dice del brandello temporale, allora, della circostanza, ma Barthes è l’unico che abbia detto tutto dell’amore. Ci si inventa allora un mezzo nuovo. E per ritagliare l’angolo che era mio, l’angolo che mi premeva raccontare, ovvero i cambiamenti fisiologici che l’amore compie quando si innesta nella carne con dedizione sconsiderata ma lucida, ho fatto ricorso a un mezzo: ho lasciato che l’amore si innestasse non nella carne ma nei fusibili e nei circuiti di una creatura denominata -bot.

Ecco, avevo disperso ogni antichità se non l’antichità dell’amore, e avevo con me un essere tutto novello, di circuiti e prontezze intellettuali, che volontariamente prende un veleno in pillole con l’intenzione di provare quello che gli umani chiamano amore. Tonio lo fa come un’offerta a Maria, un’umana, di cui non sa sopportare le tristezze; in questo modo potrà starle accanto, ma Tonio è accorto, lui non sarà né un martire né un testimone, perché grazie all’amore non si limiterà a vedere, ma potrà agire.

Aveva la vaga idea che l’amore permettesse questa lucidità di visuale, e un rafforzamento delle energie. Non immaginava, Tonio, che l’amore potesse essere la piena immersione nella disperazione dell’altro tenendo dritta la barra della superficie, senza scivolare nel baratro e senza mai perdere di vista una discreta presenza. Ma il veleno di Tonio, le pillole che lui prende (come altri -bot) per farsi un giro nella percezione umana, ha una particolarità: non c’è nulla di progressivo in questo innesto.

Non c’è un attimo in cui Tonio passi per la fase dell’innamoramento: lui Maria la ama, immediatamente, precipitosamente. Sente odore di magnolia e, dall’assenza totale di sentimenti all’amare Maria è un unico battito delle sue ciglia di -bot. E di ciò ha bisogno Tonio, questo è il suo piano, solo così potrà sollevare Maria da tutto il nero delle sue ansie e dei suoi terrori.

Perché l’innamoramento sbaglia, l’innamoramento va a spintoni, tira strilli e si assesta come su una faglia. L’innamoramento chiede di essere visto. L’amore vede. L’amore è fermo, sa come agire – può sbagliarsi, a sua volta, è nella natura delle cose, ma mentre l’innamoramento sbaglia per una sorta di volontà di sfasamento, come il bambino che fa un pasticcio apposta per essere notato, l’amore prosegue cocciuto, cambia direzione quando è rimproverato, non si sbraccia, non si scusa, apprende per esperienza e per un’imperterrita volontà di fare bene.

Se Tonio si innamorasse di Maria, caracollerebbe con lei nel suo panico e nella sua angoscia. Invece i suoi momenti di scoramento sono lucidi come una fiamma, i suoi gesti sono semplici – il caffè, il cordone di traffico sulla tangenziale, la storia di Tchaikovsky e della Von Meck.

Se Tonio fosse innamorato, aggiungerebbe peso a ogni cosa. Invece l’amore alleggerisce, conosce i limiti della sua presenza e, se scalpita per imporla, può avere le sue buone ragioni, o è disposto alla ritirata se ben sgridato. L’amore, fermo, quasi elementare di Tonio, si scontra con la complessità di Maria, che vive un istante, un solo istante slacciata dall’angoscia. In quell’unica parentesi loro esistono. Da quell’istante si voleva partire, con il solo intento di indagare le capacità profetiche e l’instancabile vicinanza dell’amore.

Cosa accadrà a questi due umani, se possiamo eleggere Tonio a creatura umana per la grande concessione a noi fatta di voler sperimentare l’amore, resta al lettore e alla lettrice scoprirlo.

Copertina del libro Un bel giorno sarà estate

L’AUTRICE E IL LIBRO – Giovanna Amato (Salerno, 1986) vive da molti anni a Roma, dove insegna materie umanistiche. Tra i libri che ha già pubblicato, figurano la raccolta di racconti La Signora dei pavoni (Empirìa,2016), il romanzo sul precariato nella scuola Terzafascia (Fusibilia, 2017), la silloge poetica L’inizio della scrittura (Fusibilia, 2018) e il romanzo Viviana del lago (Robin, 2019).

Ora torna in libreria con Un bel giorno sarà estate (FVE editori), una storia d’amore dai tratti distopici. Sulle scale di una scuola immersa nel verde, tra alberi di ciliegio e panchine assiepate di studenti, una mattina di ottobre Tonio vede infatti per la prima volta Maria, bella e incurante come una sorpresa, desiderabile e pericolosa come un’abitudine.

Un solo anno scolastico per trasformare gli incontri nei corridoi, le sigarette fumate insieme, in un rapporto più profondo. Maria potrebbe innamorarsi, ma le manca la voglia e il coraggio; Tonio ha la voglia ma non il sentimento, perché i robot come lui, mandati dal governo nelle scuole a insegnare poesia, arte e musica, non hanno un cuore umano.

Nell’arco di un semestre, mentre l’estate si avvicina, Tonio impara (e i lettori con lui) che tutte le storie nascono con un senso di sproporzione iniziale, e compito dell’amore è colmarla. Così, l’autrice della sua storia ci racconta perché il desiderio può piegare la realtà ma non può evitare i finali, eroici o ridicoli, che la vita riserva – anche se, come riesce alla letteratura, può accomodarli e dare loro un senso.

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