“Le sere”, romanzo di culto di Gerard Rev, enfant terrible della letteratura olandese, è un libro (scritto nel 1947) folgorante e spietato, che mette in mostra ciò che sempre ci chiediamo e che, allo stesso tempo, abbiamo paura di chiederci: “Perché siamo?” – L’approfondimento di Matteo Fumagalli
Arriva anche in Italia, grazie a Iperborea e alla traduzione di Fulvio Ferrari, Le sere, romanzo controverso e di culto di Gerard Reve. Un libro che, quando è uscito (nel 1947), ha scosso la critica e il pubblico, consacrando il suo autore (all’epoca solo ventitrenne) come enfant terrible della letteratura olandese.
Un romanzo che scuote e incuriosisce anche oggi e che, stando larghi, potrebbe ricordare il vuoto esistenziale raccontato dai contemporanei esistenzialisti francesi. In pieno periodo post-bellico, Reve non ha il timore di raccontare alienazione, gelo e mancanza di speranza attraverso l’incessante peregrinare di un giovane cinico, insensibile e senza apparente capacità empatica.
La voce di Le sere appartiene a Frits Van Egters, un impiegato che ha abbandonato precocemente gli studi, e che ci accompagna negli ultimi dieci giorni (o meglio, le sere e le nottate) del 1946. Una voce (e un corpo) dominata da ossessioni al limite del nevrotico, da un gusto spiazzante per il macabro e dall’incubo: l’illusoria ritrovata pace che fa seguito alla guerra getta la sua maschera. Il conflitto appena conclusosi ha lasciato ferite aperte tra le strade e gli abitanti di Amsterdam, svuotando di senso tante esistenze.
Reve racconta questi sentimenti in un tour senza meta tra strade buie, locali, cinema, incontri fortuiti con numeri indefiniti di parenti, passanti e amici. Il romanzo accumula situazioni al limite del paradossale, conversazioni svuotate di senso e inquietanti voli onirici, in attesa della fine del countdown e dell’inizio (la speranza?) di un anno nuovo.
Reve evita di raccontare le giornate lavorative, quasi come se al lettore venissero presentate come ore di sonno della personalità, di azioni automatiche che sfociano nella sera, unico momento in cui poter coltivare rapporti e interessi e che, inevitabilmente, si dimostra un momento di vuoto da riempire con altro vuoto.
La prosa di Reve è impetuosa: elegante e allo stesso tempo ricca di cinismo. Non giudica, mostra. Si affida alle manie del suo protagonista e al suo terrore della calvizie, della gente, del tempo.
Ma questo tempo scorre comunque anche quando sembra non scorrere. E il suo letargico incedere esplode negli incubi di Frits, momenti in cui la sua mente prende il sopravvento, incatenata a un’ordinarietà banale e, allo stesso tempo, incomprensibile e indecifrabile. E non prova a decifrarlo neanche l’autore. Perché è giusto così e così deve essere, spingendo il lettore nelle ultime, straordinarie, pagine che, di nuovo, sono un pugno assestato sotto pelle.
Le sere è un libro bellissimo, folgorante e spietato che, per quanto legato al periodo in cui è stato scritto, mette in mostra ciò che sempre ci chiediamo e che, allo stesso tempo, abbiamo paura di chiederci: “Perché siamo?”.