“Una volta ho capito che cos’è la nostalgia. Ero all’università, a una lezione su Rousseau…”. Su ilLibraio.it la riflessione autobiografica della giovane Ilaria Gaspari, che ha studiato filosofia, al debutto nel romanzo con “Etica dell’Acquario”, un noir in cui a far da sfondo è la Normale di Pisa: “La bellezza di non capire proprio tutto, di dimenticare dei frammenti e lasciare che quello che capivo all’università diventasse solo mio…”

Una volta ho capito che cos’è la nostalgia. Ero all’università, a una lezione su Rousseau; in un pomeriggio di primavera, le finestre aperte sui platani di un giardinetto polveroso. Il professore leggeva un passo delle Confessioni che ora non mi ricordo nemmeno più tanto bene, ma non lo voglio andare a cercare per riguardarlo: perché era così vero quello che diceva, e in quel momento, quel pomeriggio, nell’ombra verde dei platani polverosi, l’avevo capito con così tanta esattezza, che se ora andassi a cercarlo e a rileggerlo sarebbe come se tradissi quel momento. Parlava, quel passo delle Confessioni, di una canzone che quando Rousseau era bambino gli cantava una sua zia. Non riusciva più a ricordarsi le parole, diceva; e avrebbe potuto benissimo cercarle, quelle parole, mandare qualcuno a Parigi, in qualche negozio di musica forse, o chiedere a chi fosse stato giovane quando era giovane quella zia, ricostruirsi una memoria riempiendo i vuoti. Ma è una cosa che non ha senso, riempire i vuoti; e sentire che non ha senso, proprio questo è la nostalgia.

Ho studiato filosofia, se così si può dire. Ho comprato dei libri, seguito delle lezioni, qualche volta noiose, qualche volta di una bellezza straziante. Non ho capito molte cose, ho fatto esercizi di logica, ho provato a capire meglio le cose, ho sbattuto la testa nel muro, ho scopiazzato gli esercizi di logica da qualcuno più bravo di me, mi sono sentita in colpa, mi sono sentita inadeguata, ho avuto l’impressione di commettere continue imposture. E nella mia testa suonavano sempre le due frasi che si alternavano nelle risposte di tutti quando dicevo di studiare filosofia, nelle chiacchiere alle feste, sul treno, sull’aereo, dal parrucchiere, con gli amici degli amici. Che bello, era la prima; e l’altra era, ma a cosa serve?

Intanto, però, avevo capito cos’è la nostalgia.

Studiare filosofia, per me, è stato spesso un esercizio di disciplina, fino a quando non ho capito cosa fosse la nostalgia, la bellezza di non capire proprio tutto, di dimenticare dei frammenti e lasciare che quello che capivo diventasse solo mio. È stato così che sono riuscita a imparare a leggere, un po’, di filosofia – con il gusto della nostalgia, del frammento, del disperdersi nei vuoti per potersi un po’ ritrovare. Del prendersi gioco della filosofia, delle sue cose più serie. Non c’è niente di serio nella vera filosofia, per me. Non serve proprio a niente. Che bello.

L’AUTRICE – Ilaria Gaspari, classe ’86, si è diplomata in Filosofia proprio alla Scuola Normale di Pisa ed è al debutto nel romanzo per Voland con Etica dell’Acquario. Abita e lavora a Parigi, dove sta scrivendo una tesi di dottorato.

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