La scrittrice Laura Pariani presenta su ilLibraio.it i libri finalisti del Premio Lattes Grinzane 2022, firmati da Auður Ava Ólafsdóttir, Pajtim Statovci, Simona Vinci, Jesmyn Ward e C Pam Zhang

Quest’anno i cinque libri finalisti del Premio LattesGrinzane raccontano l’esperienza della perdita che porta inevitabilmente con sé lo smarrimento del senso del mondo: come dice Eugenio Montale in una sua celebre poesia, sotto il peso della perdita si ha l’impressione che non servano più “le coincidenze, le prenotazioni,/ le trappole, gli scorni di chi crede/ che la realtà sia quella che si vede”.

Questi libri guidano il lettore verso una risposta possibile alla domanda fondamentale: che fare se la persona – o il bene – a cui tenevamo molto ha assunto la forma dell’assenza?

Per chi si trova a vivere tale esperienza, parlarne può dare sollievo e spesso salva. 

  • Audur Ava Ólafsdóttir, La vita degli animali (Einaudi, traduzione di Stefano Rosatti)

Audur Ava Ólafsdóttir, La vita degli animali

Dýja, figlia di due impresari delle pompe funebri, forse per allontanarsi dall’atmosfera di morte che aleggia sulla propria casa, sceglie di seguire le orme della zia Fìfa: diventa ostetrica e va a  vivere nella sua casa. Qui ritrova uno scatolone che contiene taccuini zeppi di riflessioni soprattutto sull’esperienza del parto in quanto cuore profondo dell’esistenza. La lettura degli scritti della zia le mostra il momento del parto come perdita della sicurezza del grembo materno, per chi viene al mondo: “Si dice che l’uomo non si riprenda mai dal fatto di essere nato. Che l’esperienza più difficile della vita sia questa, venire al mondo. E che la cosa più difficile sia abituarsi alla luce”; e, per la donna che partorisce, può ugualmente rappresentare uno sconvolgimento del proprio equilibrio emotivo. Nei taccuini di Fìfa affiora la convinzione che il sentimento della vita – cioè del diritto di essere al mondo – viene trasmesso attraverso le cure materne: ascolto, accudimento, pazienza; ma se tale eredità materna viene a mancare, come nel caso della morte della madre o della sua depressione – e di quali abissi sia capace la depressione post partum certi episodi di cronaca stanno a dimostrarcelo – lo sviluppo non avrà luogo. 

Indagare la maternità, nel suo intrecciarsi di luce e buio, è stata la missione di Fífa, e ora diventa il testimone che la nipote raccoglie per lasciare testimonianza dell’esperienza delle ostetriche islandesi.

  • Pajtim Statovci, Gli invisibili (Sellerio, traduttore Nicola Rainò)

Pajtim Statovci, Gli invisibili
Due giovani si incontrano all’università di Pristina, in Kosovo. Il primo, Arsim, è albanese, omosessuale non dichiarato e sposato infelicemente; l’altro, Miloš, è serbo. I due iniziano una relazione appassionata, ma – sia perché di etnie nemiche, sia per il clima omofobo della città – sono costretti a amarsi da invisibili. La repressione dei propri desideri incupisce soprattutto Arsim in un crescendo di atti di violenza contro la moglie Ajshe.

Lo scoppio della guerra li separa. La reazione alla perdita è per i due molto diversa. Arsim fugge all’estero insieme alla famiglia; nella sua smania di conservare una facciata da “bravo ragazzo”, la cancellazione dell’amore è feroce e rapida: l’amante è “sostituito” dalla ricerca ossessiva di altri rapporti. Invece per il serbo, divenuto medico militare, è impossibile dimenticare: l’ombra di chi non c’è più accompagna Miloš in ogni momento: “ti strappa dalla pelle, ti taglia la lingua e ti lascia poco a poco svaporare all’interno di una stanza chiusa”. 

Il finale è la logica conseguenza di questi due diversi comportamenti: il serbo viene internato in una struttura manicomiale dove si rinchiude nel rimpianto dell’amore perduto; invece l’albanese, espulso dalla Germania con un’accusa di pedofilia, abbandona cinicamente l’amante al suo destino. 

Per Pajtim Statovci, che ha vissuto sulla propria pelle un’esperienza di emigrazione in Finlandia come rifugiato di guerra, la risposta al dolore della perdita è questo libro: scrivere è “accettare la propria incompiutezza, come attraversare una piazza affollata completamente nudo”, liberarsi dalle proprie paure e dalla preoccupazione per ciò che pensano gli altri. 

l'altra casa simona vinci

Maura, soprano famosa, ha subìto un intervento alla tiroide e non potrà  piú a cantare come prima; la perdita della voce manda in crisi anche il legame sentimentale con Fred, il suo agente. Si sente un “cavallo da corsa coi garretti tagliati”. La russa Ursula ha alle spalle vari abbandoni e si sente fallita non solo come pianista ma soprattutto come madre; dovrebbe fare da assistente a Maura, ma la frustrazione la tramuta in una astiosa sorvegliante. 

Le due si ritrovano in una villa isolata di Budrio dove abitò la mezzosoprano Giuseppina Pasqua. Qui passato e presente si incrociano dentro le stanze, nelle correnti gelide dei corridoi, nei passaggi segreti, nei sotterranei inquietanti. La solitudine costringe le due donne a riflettere sui sacrifici a cui si sono sottomesse per soddisfare le proprie ambizioni e le mette di fronte ai loro fallimenti. E, se Ursula forse riuscirà a venirne a capo, ritrovando un colloquio col figlio abbandonato, Maura finirà per perdersi sotto il peso del non-detto. Perché l’ingranaggio della sofferenza ti macina se non lo affronti, se non lo espliciti: il dolore “prima o poi torna. Puoi tenerlo schiacciato in un angolo, spingergli una mano contro la bocca perché non urli, ma presto o tardi tornerà a gridare… Reclamerà, gridando e mordendo, lo spazio che gli hai tolto”. 

  • Jesmyn Ward, Sotto la falce. Un memoir (NNeditore, traduzione di Gaja Cenciarelli)

Sotto la falce. Un memoir libri consigliati 2021

La scrittrice racconta la vita di una famiglia povera e nera negli USA. Gli episodi di discriminazione subiti dai propri genitori le insegnano fin da bambina quale sarà la vita che l’attende: “…e fu così che mio fratello e io capimmo cosa significasse essere una donna: ammazzarsi di lavoro, incupirsi, preoccuparsi di continuo. E cosa significasse essere uomo: amarezza, rabbia, il desiderio di una vita che fosse tutto fuorché quello che era”. A partire dal 2000, cinque giovanissimi molto cari a Jesmin Ward – Roger, Demon, C.J., Ronald, suo fratello Joshua – muoiono nell’arco di pochi anni: per over­dose, per incidenti connessi all’alcol, per omicidio o suicidio; o per meglio dire: morti a causa del colore della propria pelle, per la disperazione di “vivere in un posto dove la speranza e l’idea di possibilità erano effimere come la foschia mattutina”.   

La scrittrice ne è annichilita: “Il dolore che portiamo dentro di noi, insieme a tutti gli altri fardelli della nostra vita, a tutte le altre perdite, ci affonda, finché non ci ritroveremo in una tomba rossa e sabbiosa. Alla fine, le nostre vite coincidono con la nostra morte”. È forte l’immagine del “fardello” che la scrittrice utilizza per spiegare come tale sofferenza possa portare al crollo. Un peso da portare ingobbiti, schiacciati, procedendo a fatica, un passo dietro l’altro. 

La risposta al dolore è per Jesmin Ward proprio questo memoir in cui la scrittura restituisce a coloro che sono “caduti sotto la falce” la voce che in vita è stata loro negata.

  • C Pam Zhang, Quanto oro c’è un queste colline (66THAND2ND, traduzione di Martina Testa)

C Pam Zhang, Quanto oro c’è un queste colline

Il romanzo è ambientato nel paesaggio assolato e arido del grande Ovest americano, dove la febbre dell’oro fa sorgere villaggi dal  nulla. Nel lavoro di estrazione e nella costruzione della ferrovia molti sono i lavoratori arrivati dalla Cina, con la testa infarcita di sogni di una ricchezza a portata di mano grazie a un pizzico di astuzia. L’esperienza del razzismo sfascia la famiglia di Ba e Ma, che ne muoiono. Le due figlie, Lucy e Sam, ancora bambine rimangono sole. Chiuso il cadavere del padre in una valigia, le piccole protagoniste affrontano la traversata di un deserto punteggiato dagli scheletri spolpati di chi le ha precedute. In questa storia il fardello non è una metafora: la valigia è pesante e sempre più fetida, ma il viaggio deve proseguire finché non si troverà il posto adatto per una degna sepoltura di Ba, con tanto di dollari d’argento da posare sopra gli occhi del morto. Alla fine si imbattono in un teschio integro di tigre, le cui orbite vuote guardano a nordest: è il segno che Ma disegnava all’ingresso di ogni nuova casa, come protezione per il  futuro. Le bambine lo prendono come un messaggio dell’oltretomba.   

È attraverso questo colloquio con i propri morti che le due sorelline sopravvivono. Alla fine sarà Sam a salvarsi imbarcandosi su una nave di ritorno verso la terra fantasmale degli antenati; per questo Lucy sacrifica la propria libertà: dodici mesi di lavoro in un postribolo in cambio di una chiave per la “stanza dei libri”, dove però l’aspetta una cocente delusione: infatti nel saggio che il suo maestro di scuola diceva di aver scritto su di lei trova solo tre righe che la nominano. 

Anche qui la risposta dell’autrice alla domanda su come superare le  esperienze di perdita ci mette di fronte a un aut aut: nella vita o si scrive o si viene scritti.  

IL PREMIOAuður Ava Ólafsdóttir (Islanda) con La vita degli animali (Einaudi; traduzione di Stefano Rosatti), Pajtim Statovci (Kosovo/Finlandia) con Gli invisibili (Sellerio; traduzione di Nicola Rainò), Simona Vinci con L’altra casa (Einaudi), Jesmyn Ward (Cina/Usa) con Sotto la falce (NN Editore; traduzione di Gaja Cenciarelli), C Pam Zhang (Usa) con Quanto oro c’è in queste colline (66thand2nd; traduzione di Martina Testa) sono i finalisti del Premio Lattes Grinzane 2022, riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes, giunto alla XII edizione, che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno.

Claudio Magris, edito in Italia principalmente da Garzanti, è il vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane, attribuito ogni anno a un’autrice o autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale, che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico.

I cinque romanzi finalisti, così come il Premio Speciale, sono stati selezionati dai docenti, intellettuali, critici e scrittori che formano la Giuria Tecnica e sono ora affidati alla lettura e al giudizio di 400 studenti delle Giurie Scolastiche, avviate in 25 scuole superiori, da Aosta a Catania (passando per Torino, Alba, La Spezia, Assisi, Campobasso, Foggia, Crotone, ecc.), fino ad Atene. Con i loro voti, i giovani giurati decreteranno il libro vincitore tra i cinque in gara, che sarà proclamato sabato 15 ottobre 2022, nel corso della cerimonia di premiazione al Teatro sociale Busca di Alba (ingresso libero fino a esaurimento posti, con modalità che saranno definite a settembre, nel rispetto delle norme sull’emergenza sanitaria Covid-19). In questa occasione il Premio Speciale Claudio Magris terrà una lectio magistralis su un tema a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Inoltre, nel corso della mattinata i finalisti incontreranno gli studenti delle scuole.

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