Radicale e scorretto, “Lettura facile” è un libro a tratti disturbante, violento e tagliente, che vede al centro quattro donne, la loro esclusione dal sistema, insieme alla scoperta di poter essere considerate menomate. Diverse dalla normalità, qualunque essa sia, represse nelle loro pulsioni, condannate nella loro disordinata e ribelle espressione, culturale e sessuale. La struttura narrativa scelta da Cristina Morales, anticonformista scrittrice spagnola, risulta anarchica, specchio esemplare dei contenuti, e il risultato è rivoluzionario e potente – L’approfondimento

Non manca il coraggio a Cristina Morales (in copertina, nella foto di Tristán Pérez-Martín, ndr), anticonformista scrittrice spagnola dalla creatività poliedrica e sfrontata. Artista del collettivo di danza contemporanea Iniciativa sexual femenina, produttrice di un gruppo punk, rompe ogni convenzione con il suo Lettura facile (Guanda, traduzione di Roberta Arrigoni), un libro dallo stile corrosivo e dai temi radicali.

“Nell’appartamento di plaza Carmen Amaya n. 1, primo piano, int. 2, quartiere Barceloneta, vivono quattro donne, tutte imparentate tra loro e tutte disabili intellettive”.

Lettura facile, Cristina Morales

Un appartamento protetto, una vita sorvegliata dalla Generalitat: Àngels, Patricia, Marga e Nati sono quattro donne a rischio di esclusione sociale. Sono state istituzionalizzate, hanno vissuto in residenze rurali e urbane per disabili intellettivi. L’approdo in un appartamento è di per sé una conquista pur sotto vigilanza continua, e la loro quotidianità non è facile.

Si vuole staccare dal gruppo Marga, che è depressa e scandalosamente ipersessuale, e cerca una casa attraverso i collettivi di okkupazione, con il nome di compagna Gari, mentre il tribunale avvia le pratiche e le udienze per autorizzare la sua sterilizzazione in quanto incapace di controllare il suo corpo.

Sono soprattutto le dichiarazioni della cugina Patricia a essere raccolte dal magistrato, irrequieti e logorroici monologhi nei quali racconta, elucubrando teorie, lanciando strali. Perché Patricia sente tutta la responsabilità sulle sue spalle, mentre Àngels, che delle quattro è quella con meno invalidità, passa le giornate a guardare la tv e a scrivere sul cellulare, e Nati, che soffre della sindrome dei pannelli, è la più aggressiva e intransigente. Quando i suoi pannelli si chiudono, serrano la faccia in una maschera che è una corazza contro il mondo, dietro la quale lei attacca, intollerante al rispetto dei codici sociali, inflessibile e intellettualmente ribelle, lupo nella steppa di Barcellona.

Nati vede le logiche repressive del regime dovunque, nell’uso improprio di una parola, in un gesto, in qualunque forma di codice che a lei appare come paradigma di un eteropatriarcato vigente e punitivo, dove tutti i maschi sono fascisti, nessuno escluso.

“«Questa non è una scuola di danza» ha detto il direttore della scuola di danza a me, a Patri e all’educatrice sociale quando siamo andate a informarci sui corsi di danza cosiddetta integrata. «Questa è una fabbrica di creazione di movimento.»
«Questo è un coglione» ho detto io, ma l’ho detto allegramente perché il posto mi piaceva”.

Nell’ambito del suo piano di integrazione sociale, Nati balla in un gruppo di danza che accoglie le diversità funzionali e le aggrega in movimento: sono pagine di pura emozione. Ma Nati vive di continuo la sua aggressività polemica, presentandosi agli altri come una “bastardista con un passato bovaristico”, disquisendo con una vena polemica efficace quanto violenta. Nati è un pericolo costante per la serenità del gruppo.

Voce predominante del gruppo, politicizzata e impegnata, legge e scrive fanzine, si scaglia contro la normalizzazione e fa di ogni sua azione un manifesto di emancipazione. Insieme a Marga proclama una sessualità libera e non repressa, sfidando le convenzioni.

L’espressione di Àngels è invece silenziosa e riflessiva: sul cellulare, scrive il suo romanzo, utilizzando i messaggi WhatsApp per condividere con il suo gruppo di sostegno la stesura. Àngels scrive con la tecnica della lettura facilitata.

“In Lettura Facilitata devi scrivere frasi corte o altrimenti le spezzetti, perché così vai più veloce e ti stanchi meno a leggere. Ti stanchi meno anche a scrivere”.

È attraverso le parole semplificate, spiegate nel loro significato difficile, in un testo che non deve essere giustificato e non prevede rientri, che il lettore scorre anche la storia passata delle quattro donne, la loro esclusione dal sistema, insieme alla scoperta di poter essere considerate menomate. Diverse dalla normalità, qualunque essa sia, represse nelle loro pulsioni, condannate nella loro disordinata e ribelle espressione, culturale e sessuale.

Radicale e scorretto, Lettura facile è un libro a tratti disturbante, violento e tagliente: Cristina Morales non risponde a nessun criterio di bella scrittura, deflagra ogni regola e ogni artificio di abbellimento che possa compiacere il lettore. La struttura narrativa risulta così anarchica, specchio esemplare dei contenuti, e il risultato è rivoluzionario e potente.

Si susseguono verbali di assemblea, trascrizioni processuali, stralci di fanzine, pagine di lettura facilitata e racconti in prima persona, di passi di danza e di orgasmi. In questo puzzle caotico e furente di registri e voci diverse, emerge la negazione di qualsiasi normalità, qualunque essa sia, di ogni istituzione, e viene proclamato uno spirito femminista, libertario e antiaccademico di assoluta originalità.

“In Lettura Facilitata non si devono fare digressioni perché sennò è più difficile seguire la storia principale. La storia principale, in questo testo, è la mia”.

Fotografia header: Foto di Tristán Pérez-Martín

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