“Quando ho iniziato a spulciare tra i miei libri per fare ricerche su ‘Il castello dei falchi neri’, non avrei mai immaginato che la Napoli del Duecento fosse così ricca di fascino… e di pericoli”: su ilLibraio.it la riflessione dello scrittore Marcello Simoni, in libreria con un nuovo thriller storico

A sinistra della scrivania sulla quale lavoro, in un mobile dalle robuste scaffalature di legno, tengo i miei libri di archeologia e di storia medievale. Si tratta della prima fonte alla quale faccio riferimento non appena escogito la trama per un nuovo romanzo. È da questi scaffali, infatti, che attingo le informazioni indispensabili a rendere verosimili gli scenari dei miei thriller storici. Scenari urbanistici, architettonici, paesaggistici, ma anche riguardanti le correnti politiche, religiose ed esoteriche dell’epoca in cui voglio trasportare i miei lettori.

Procedo, per farla breve, allo stesso modo in cui, più di un secolo fa, Emilio Salgari si documentava sulla penisola della Malesia per dar forma alle avventure di Sandokan. Navigando sulle pagine e non sul mare (anche se lui amava farsi chiamare “capitano”), alla ricerca di particolari che possano rendere ancora più intrigante la storia che ho concepito.

Sono molte le curiosità di cui si può venire a conoscenza durante questa caccia al tesoro, dalla descrizione di un edificio scomparso a un tragico evento storico, da un pregiato oggetto di arredo sacro al nome di un demone proveniente dai deserti orientali. Ma, in tutta franchezza, quando ho iniziato a spulciare tra i miei libri per fare ricerche su Il castello dei falchi neri, non avrei mai immaginato che la Napoli del Duecento fosse così ricca di fascino!

La città nella quale ambiento il mio romanzo è molto diversa dalla Napoli angioina che prenderà vita dalla fine del XIII secolo e che diverrà, nel tempo, icona della Napoli medievale. Si tratta, per essere precisi, di una realtà in veloce trasformazione, segnata da un lato dell’eredità normanna, araba e greca, dall’altro dai cambiamenti imposti da Federico II.

D’altro canto, se l’ampliamento dei commerci marittimi, la fondazione dello Studium e l’aggravarsi del giogo fiscale sono i segni più evidenti di questa metamorfosi, quel che interessava a me stava più “sotto”.

Parliamoci chiaro: le mie “gite narrative” nel passato non sono passeggiate tranquille. I miei lettori sanno bene che muoversi nei romanzi di Marcello Simoni significa correre in vicoli angusti, strisciare in catacombe ombrose e orientarsi fra camere di tortura, laboratori di alchimisti e covi di eretici.

Ecco perché sono solito dedicare molto studio ai particolari più nascosti delle realtà che intendo descrivere. A partire, per esempio, dalle zone in cui si collocavano le prigioni, o da quelle in cui venivano giustiziati pubblicamente i criminali.

Esiste una sconfinata produzione di saggistica su argomenti del genere, ma bisogna sviluppare un buon fiuto per individuare, nel mare magnum di una libreria o di una biblioteca, i testi in cui poter reperire informazioni sui truffatori, sul gioco d’azzardo, sui processi dell’inquisizione, i crimini di magia e di eresia attinenti a determinati luoghi e periodi storici.

Ecco quindi che, pagina dopo pagina, mi sono trovato a vagabondare in una Napoli medievale molto pericolosa. Quella delle persone che, a torto o a ragione, si mostravano ostili al regime fiscale dell’imperatore svevo. Alludo ai ribelli, agli esiliati e ai rivoltosi capaci di riportare alla mia memoria di lettore i fuorilegge che combattevano lo sceriffo di Nottingham sotto la guida di Robin Hood, ma anche le figure storiche come Pier delle Vigne, giudice della magna curia imperiale, e i mastri giustizieri incaricati di riscuotere le tasse e di sedare gli animi rivoltosi del popolo e della nobiltà.

Far rivivere queste figure nel Praetorium cittadino, affacciato su un belvedere da cui era visibile il mare, e nel castello di Porta Capuana, addossato alle mura orientali, è stato un gioco esaltante.

Ma c’è un altro ambito della criminologia medievale che mi ha sempre affascinato: quello delle truffe e degli imbrogli fiorite a cavallo tra il mondo dei laici e quello dei religiosi. Ecco perché non ho potuto resistere alla tentazione di orchestrare un complotto tra i signori della torre Mastra, che dominava il quartiere portuale-economico di Napoli, e i benedettini di San Michele Arcangelo in Morfisa, timorosi di essere soppiantati dai frati domenicani del nascente Studium.

Del resto, tra i dominatori più potenti di questa città vanno sicuramente annoverati gli abati e le badesse. È soprattutto a loro che, nel corso del Duecento, si deve gran parte del riordinamento urbano di Napoli, grazie all’influenza dei grandi chiostri e conventi destinati ad allargarsi in vere e proprie “isole” e quartieri dotate di case, botteghe, strade e ospitali.

Proprio come accadde al monastero dei Santi Marcellino e Festo che, sotto la celebre badessa Mobilia, personaggio cardine della mia trama romanzesca, si tramutò in un piccolo ma ricchissimo feudo incastonato fra le mura di questa affascinate città medievale.

il castello dei falchi neri marcello simoni

L’AUTORE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Nato a Comacchio nel 1975, Ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, Marcello Simoni, amatissimo autore di thriller storici, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, suo romanzo d’esordio, ha vinto il 60esimo Premio Bancarella. Ha vinto inoltre il premio Stampa Ferrara, il premio Salgari, il premio Ilcorsaronero e il premio Jean Coste.

La saga che narra le avventure di Ignazio da Toledo ha consacrato Simoni come autore culto di thriller storici. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller, tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.

E veniamo al suo nuovo romanzo, Il castello dei falchi neri (Newton Compton). Siamo nell’Anno Domini 1233. Dopo aver preso parte alla crociata di Federico II, il nobile Oderico Grifone, ormai diventato uomo, fa ritorno alla dimora di famiglia, una grande magione nella campagna di Napoli. Il rientro, tuttavia, non è dei più felici. Sua sorella, Aloisia, è stata data in sposa a un uomo di dubbia reputazione, mentre Fabrissa, una giovane aristocratica con la quale Oderico, prima di partire per la Terra Santa, aveva intrecciato una storia d’amore, è promessa a un altro.

Come se non bastasse, la famiglia sembra essere caduta in disgrazia e il castello, un tempo ricco e prospero, versa ora in uno stato di abbandono. Pur non riuscendo a comprenderne il motivo, Oderico intuisce che la madre, il padre e il fratello minore gli nascondono qualcosa. Qualcosa che riguarderebbe il feudo dei Grifoni, una collina sulla quale in molti vorrebbero mettere le mani a causa di un antico segreto custodito tra i suoi fitti boschi. Nel tentativo di risollevare le sorti della famiglia, Oderico resterà coinvolto, suo malgrado, in una serie di efferati delitti che sembrano avere uno stretto legame col più grande motivo d’orgoglio del suo casato: la nobile arte della falconeria.

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