Il ritorno, l’accadere irreversibile del destino, la pressione delle decisioni: sono tra i temi principali di “Io, lui e Muhammad Alì”, raccolta di 13 racconti di Randa Jarrar. La mappa delle storie è interessante e rispecchia la vita dell’autrice, che si forma tra culture differenti, e i testi hanno in comune i luoghi e l’emotività dei personaggi…

Grace è il nome che viene assegnato a una bambina dalla comunità che la rapisce e la cresce senza ridarla alla sua famiglia. Grace è il titolo di uno dei racconti della raccolta Io, lui e Muhammad Alì di Randa Jarrar (Racconti, traduzione di Giorgia Sallusti).

La storia è piena di tensione che sfiora quasi un senso di soffocamento, risultato di un processo narrativo ben preciso in cui la protagonista prima racconta la sua storia di bambina rapita al supermercato e mai ricondotta alla sua famiglia, poi ci mette a parte della sua crescita, della sua evoluzione, finché si ritrova nella storia di un’altra persona.

Io, lui e Muhammad Alì di Randa Jarrar

A questo punto del testo, la tensione si scioglie: appena l’episodio del rapimento si conclude, inizia e ci lascia in attesa di un contesto più grande che deve palesarsi. La sensazione di stare in costante attesa di un indizio ulteriore, di un fatto che possa far cambiare idea rispetto a tutto il racconto è una sensazione di lettura che appartiene a ogni storia.

Come in Grace anche negli altri testi della raccolta c’è un senso di oppressione latente, che rinvigorisce con il passare delle pagine; che nasce quando il fatto centrale si compie e regge per tutte le pagine fino poi quasi a dissolversi, come un lungo sforzo di espirazione profonda.

La raccolta è divisa in tre parti, per un totale di 13 storie, ognuna delle quali è raccontata con uno stile diretto e variegato che riesce a dare un accento specifico a ogni protagonista e a ciascuna vicenda, tanto per quelle realistiche quanto per quelle fantastiche.

I racconti di Jarrar giocano su situazioni liminari: narrativamente, prendono slancio da un momento puntuale, da qualcosa che accade in modo molto preciso, e poi si dipanano in molte direzioni; alcune di queste rimangono per essere percorse, sono a fuoco, altre invece esistono per differenza, in un non detto che accresce la tensione progressiva, finché non si giunge a una rivelazione, quasi sempre emotiva.

In Io, lui e Muhammad Alì, Randa Jarrar fa evolvere la storia sempre attorno a un fatto preciso, destinato a terminare con velocità e al contempo a lasciare conseguenze sulla distanza, una sorta di ombra più o meno scura che accompagna il racconto e lo svela: accade a Qamar, che in L’eclisse dei lunatici desidera la luna, letteralmente, e la pretende senza mezzi termini, a Soraya che in Ashmahan non schiaccia il freno dell’automobile in tempo o ancora a Zelwa, metà donna e metà stambecco che in La vita, gli amori e le avventure di Zelwa la mezza trascina il lettore nella sua normalità fantastica, fatta di scelte, di alternative costanti, di una cosa o l’altra, di due metà che compongono qualcosa. Per Zelwa, come per altri personaggi l’altra faccia di una decisione determina un volto della storia che non sapremo mai, il controcampo che la macchina da presa non mostra ma di tanto in tanto fa trapelare.

In Grace, ad esempio, Jarrar scrive: “Da qualche parte tra il New Jersey e la Pennsylvania, mi chiesi perché mai ci mettessimo così tanto per arrivare, ma non feci domande. Tolsi la bambola dalla sua scatola e mi misi a giocare, passandole le mie dita tozze tra i capelli rossi e piegando quelle sue pallide ginocchia simili a quelle di Ida”; in La vita, gli amori e le avventure di Zelwa la mezza l’incipit recita: “Tutto quello che ho sempre voluto è sentirmi integra. Una volta, quando ero piccola, avevo segato chirurgicamente a metà una Barbie, come un’illusionista”.

La voce di Randa Jarrar, che si infila in ogni piega della narrazione prendendo ora una forma ora un’altra con il tono giusto e mai stucchevole, conduce il lettore nella storia fino a un certo punto: la risoluzione non è sempre certa, il fine ultimo del racconto non è eclatante, e l’autrice lascia quasi l’impressione di un irrisolto, di un percorso narrativo sfumato: sembra che il passare da un punto all’altro di questo mosaico di toni e situazioni e personaggi serva di per sé, senza un fine compiuto. Anche quando il termine del racconto giunge, infatti, c’è sempre bisogno di uno sguardo all’immagine complessiva, proprio come si fa quando non si trova il pezzo del puzzle e nei racconti il momento si realizza plasticamente in alcuni movimenti verso l’alto, o all’indietro, o ancora verso l’orizzonte.

Io, lui e Muhammad Alì, il testo che dà il titolo alla raccolta, è esemplare per molti aspetti: condensa i tratti principali dei personaggi della raccolta e la capacità di adattarsi della penna di Randa Jarrar e i suoi temi – il ritorno, l’accadere irreversibile del destino, la pressione delle decisioni – sono tra i principali di tutto il volume. La protagonista della storia rievoca la relazione dei suoi genitori, da come si sono conosciuti alla morte del padre, occasione grazie alla quale la protagonista fa una sorta di compendio del significato della sua intera esistenza che inizia con la sua nascita, dunque con il rapporto fra i suoi genitori, e termina quasi con la visita al luogo in cui suo padre muore per un aneurisma: la protagonista definisce la sua storia in modo arbitrario ma prova a cercarne un senso ricostruendo degli episodi, i luoghi, i profumi che la accompagnano, cercando una fine senza trovarla, emblematicamente: “Non aveva lasciato tracce, non aveva detto addio. Camminai dalla stazione alla nostra vecchia casa. Nel giardino sul retro c’era un albero che aveva piantato il weekend in cui ci eravamo trasferiti. […] Sapevo che prima del tramonto avrei dovuto mettere una pietra, o un segno di qualche tipo, alla base dell’albero. […] restai seduta sull’erba a fissare quello che era rimasto di mio padre, e cosa rimaneva di me, finché lo spazio tra di noi sembrò espandersi sempre di più, e l’albero sopra di me scosse le foglie”.

Io, lui e Muhammad Alì è una raccolta che può lasciare spiazzati, in cui la varietà sembra dispersione e mancanza di un certo approfondimento, ma in realtà il risultato complessivo è ben diverso: la mappa delle storie è interessante e rispecchia la vita dell’autrice, che si forma tra diverse culture e luoghi differenti, e i racconti hanno in comune i luoghi e l’emotività dei personaggi.

I primi si compongono in modo molto vivido, quasi tattile, la seconda è una guida ai chiaroscuri della narrazione. La mescolanza di registri e di umori, infine, rende Randa Jarrar un’autrice da scoprire e da approfondire, in ogni sfumatura che la sua scrittura può abbracciare.

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