Nonoche, sfacciata, irriverente e irresistibilmente buffa; La Njanja, che custodisce una straordinaria dolcezza; Mario, che arriva in città portando con sé il sogno di conquistare Parigi; Claudine, con un segreto che la tormenta; Christian Rabinovitch, uno dei personaggi più tipici della narrativa di Irène Némirovsky: Teresa Lussone, che per Adelphi ha tradotto e curato la raccolta “Il Carnevale di Nizza”, su ilLibraio.it parla di alcuni tra i personaggi più interessanti di questi racconti…

Nonoche

Sfacciata, irriverente e irresistibilmente buffa: è fatta così Nonoche, giovane donna un po’ scapestrata che dà il nome alle quattro scenette con cui si apre il volume. Ma dietro questa facciata si nasconde una sognatrice, sempre in cerca dell’amore… meglio ancora se si tratta di un uomo disposto a mantenerla… e possibilmente pure bello! Ossessionata dal sospetto che il fidanzato la tradisca, si lascia imbambolare da una chiaroveggente che le garantisce di poter leggere la fedeltà dell’uomo amato nell’albume montato in un bicchiere. Quando tenta di acculturarsi, invece, si avventura al Louvre, ma finisce per confondersi tra statue decapitate e la Gioconda, su cui tutti sembrano aver sprecato fiumi di parole (senza che lei ne capisca il motivo). Neppure in villeggiatura le cose vanno meglio, tra gaffe e disavventure che sembrano inseguirla ovunque. Alla sua fedele amica Louloute non va tanto meglio: adocchia uno spagnolo che sembra un bel bocconcino, ma che si rivela presto una bella fregatura!

La Njanja

La Njanja, protagonista dell’omonimo racconto, custodisce una straordinaria dolcezza. È l’anziana governante di una ricca famiglia russa rifugiatasi a Parigi dopo la Rivoluzione. Ha tirato su tre generazioni di bambini, cantando loro antiche canzoni e raccontando storie per consolarli dai piccoli dispiaceri. Ora li osserva mentre cercano di costruirsi una vita in Francia: Nataša frequenta corsi alla Sorbona, Georgij scrive versi sui tavoli dei bistrot della Rive Gauche e Vasilij perfeziona il francese con una deliziosa biondina di rue Lepic. E lei? Lei non riesce a capire cosa ci faccia in quella città immensa, circondata da una folla che non parla la sua lingua e che a volte ride di lei. La Njanja si fa sempre più piccola, chiusa nei suoi pensieri, e continua a sognare la sua terra lontana, vasta e sconfinata. E la neve. Come le manca la neve: a Parigi non nevica mai, o così poco che non vale nemmeno la pena parlarne. Quanto è struggente la sua nostalgia…

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Mario

Mario, eroe della Sinfonia di Parigi, arriva in città portando con sé il sogno di conquistare Parigi. Ma chi ha letto Papà Goriot di Balzac sa bene che trovare un posto nella capitale non è affatto semplice. Mario ci fa fare un balzo nella Parigi bohémienne, quella degli artisti di Montmartre, dei locali dove risuonano le note del jazz, delle strade avvolte dalla nebbia, con i venditori di caldarroste e i cavalli che sbuffano nell’aria fredda. È una Parigi affascinante e misteriosa, e con la sua musica Mario sembra attraversarne ogni angolo. Ma dietro questo incanto, il giovane ci svela anche il lato oscuro della vita parigina: i creditori che bussano alla porta, l’alloggio angusto che divide con la moglie, le difficoltà quotidiane che minacciano di soffocare le sue ambizioni. In questa doppia dimensione, luminosa e ombrosa, si consuma la sua corsa verso un sogno che pare sempre sfuggirgli di mano.

Claudine

Claudine è la protagonista di Natale, uno dei racconti più intensi e toccanti della raccolta. Appartiene a una famiglia borghese che, come molte, dietro la facciata rispettabile ha qualcosa da nascondere: le relazioni extraconiugali dei genitori e le difficoltà economiche che pesano sull’equilibrio familiare, al punto che il padre scalpita perché le figlie maggiori si sposino al più presto con uomini benestanti. Ma Claudine ha ben altro per la testa. Durante una festa di Natale, tra luci scintillanti, dolciumi e festoni, mentre tutti sembrano divertirsi, lei appare distante, quasi indifferente. Un segreto la tormenta: è incinta di un ragazzo che non vuole più saperne di lei. Cosa può fare, quando ogni via d’uscita sembra sbarrata? Questo racconto, di una straordinaria modernità, affronta con delicatezza e realismo un tema drammatico in un’epoca in cui l’aborto è, non solo un reato, ma anche un tabù (in Francia sarà legalizzato circa quarant’anni dopo, nel 1975).

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Christian Rabinovitch 

Christian Rabinovitch è uno dei personaggi più tipici della narrativa di Némirovsky. In apparenza è un uomo equilibrato, soddisfatto della propria vita e perfettamente integrato nella società. Eppure, sotto questa superficie tranquilla, qualcosa lo inquieta. In una gelida giornata di ottobre, a causa di un incidente d’auto, si ritrova in una piccola stazione desolata, in attesa del treno che dovrebbe condurlo da alcuni amici per una battuta di caccia. Seduto su una panchina, nota accanto a sé un uomo dall’aspetto trascurato: vestiti logori, barba incolta, mani sporche. L’uomo osserva con attenzione un bambino al suo fianco, poi si rivolge a Christian, prima domandandogli l’ora, poi chiedendogli di entrare con lui nella sala d’attesa di prima classe: quella di terza classe non è riscaldata e il bambino è stato malato di recente. A poco a poco, lo sconosciuto comincia a raccontare la sua vita: lavora alla confezione di cappelli e accetta qualsiasi impiego pur di sopravvivere. Christian ascolta distrattamente, indifferente, finché un dettaglio lo scuote: l’uomo porta il suo stesso cognome. In quell’istante, un passato lontano, rimosso e sepolto, riaffiora con forza, travolgendo le sue certezze e incrinando la sua apparente serenità.

Irène Némirovsky Il Carnevale di Nizza

IL LIBRO Di Irène Némirovsky (Kiev, 1903 – Auschwitz, 1942) Adelphi ha pubblicato tutti i romanzi e due volumi di racconti, Film parlato (2013) e L’Orchessa (2014); i diciassett radunati in Il Carnevale di Nizza – tradotti e curati da Teresa Lussone, che ne parla in questo articolo attraverso cinque personaggi, sono stati scritti fra il 1921 e il 1937.

Come fa una giovane donna di appena trent’anni, qual era all’epoca Irène Némirovsky, a scavare così profondamente nell’animo umano? si chiese Bernard Grasset, il suo primo editore, leggendo questi racconti. Come fa a capire, e a descrivere in modo così empatico e al tempo stesso spietato, non solo le lusinghe e le illusioni della giovinezza, ma anche la nostalgia degli amori perduti, il rimpianto delle vite non vissute, l’acredine delle esistenze sbagliate, le ferite dell’ambizione frustrata, l’angoscia della solitudine, lo sgomento per i segni che lascia sul corpo il passare degli anni, la ferocia che si annida nel cuore degli uomini? Le prove giovanili di Némirovsky continuano a riempire di stupore non meno di quelle della maturità

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