La scrittrice danese Siri Ranva Hjelm Jacobsen è al suo esordio letterario con “Isola”, saga familiare poetica e toccante che ruota intorno alle Isole Fær Øer. In un’intervista a ilLibraio.it l’autrice parla del romanzo, “ispirato alla mia storia familiare”, nel quale “l’Odissea gioca un ruolo fondamentale”. Racconta anche del suo interesse per “l’intersezione tra prosa e poesia” e del rapporto tra realtà e finzione nel libro, spiegando che “non ci sono fatti nella finzione, tutto appartiene alla storia”…

Nel nord dell’Oceano Atlantico, tra l’Islanda e la Norvegia, fa capolino dall’acqua gelida l’arcipelago delle Isole Fær Øer, spettinate dai freddi venti del nord. Da quelle isole, negli anni trenta, partì Marita: giovane e bella, sempre vestita bene, aveva lasciato quelle terre con un segreto in grembo e, imbarcandosi alla volta della Danimarca, era corsa incontro alla modernità.

Molti anni dopo, alla morte di Marita, una ragazza danese sente il bisogno di visitare quelle isole, l’Isola di Suðuroy in particolare, per la quale prova nostalgia come se fosse casa sua, pur non essendoci mai stata: quell’Isola, nella sua famiglia, è sempre stata “casa” e ora anche lei sente il bisogno di andare, per la prima volta, in quel luogo quasi mitologico, ancestrale, di origine e di radici, da cui sua nonna, Marita, era fuggita tanto tempo prima.

isola Siri Ranva Hjelm Jacobsen iperborea copertina

È questa la storia narrata dalla scrittrice danese, trentottenne, Siri Ranva Hjelm Jacobsen nel suo romanzo d’esordio, Isola (Iperborea, traduzione di Maria Valeria D’Avino). L’autrice, anch’essa originaria delle Isole Fær Øer, conduce il lettore attraverso una saga familiare poetica e coinvolgente, che affonda le radici in una verde Itaca del nord. ilLibraio.it ha intervistato l’autrice per parlare del suo primo romanzo.

Isola è un romanzo di ispirazione biografica che prende spunto dalla storia della sua famiglia: come si mescolano nell’intreccio realtà e finzione?
Isola è ispirato alla mia storia famigliare, ma è un’opera di finzione, non un’autobiografia: come molti autori, quando scrivo prendo in prestito dalla vita reale, e anche luoghi e fatti storici del libro sono reali. Tuttavia, per me, non ci sono fatti nella finzione, tutto appartiene alla storia”.

Qual è il suo rapporto personale con le Isole Fær Øer?
“Le isole sono la casa di metà della mia famiglia, fanno parte della mia storia e dei miei ricordi in ogni fase della mia vita. Sono un luogo al quale mi sento profondamente legata ma, allo stesso tempo, non sono casa mia nel senso che non ci abito e non ci lavoro, non partecipo alla loro quotidianità. Proprio per questo sono estremamente riconoscente a quel luogo quando mi accoglie come una casa”.

Siri Ranva Hjem Jacobsen Isola

Fotografia di Kajsa Gullberg

Qual è invece il rapporto della narratrice del suo romanzo con queste isole?
“La narratrice del romanzo e io abbiamo molte cose in comune: entrambe siamo cresciute in Danimarca con un curioso sentimento di nostalgia di casa verso le Isole Fær Øer. Lei ha un senso di sradicamento e di non appartenenza che io ho sentito fortemente quando ero più giovane. Ma lei non è me e abbiamo due personalità molto diverse: se avessi intrapreso il viaggio che il libro descrive sarebbe andata molto diversamente”.

Cosa sarebbe stato diverso?
“Lei si ritira nella sua immaginazione, nella poesia, mentre io cerco il confronto. Certo, talvolta si infastidisce nei confronti dei suoi stessi sentimenti, ma quando volge lo sguardo sulle persone che la circondano il suo è uno sguardo gentile. Volevo che i personaggi e le loro scelte fossero dipinti con gentilezza, per questo l’ho inventata.”.

Che ruolo svolgono il mito e della leggenda nella sua narrazione?
“L’Odissea gioca un ruolo fondamentale nel romanzo – sia per la narratrice che si identifica nell’opera sia a livello strutturale. Il mio libro è costruito come una piccola Odissea in cui ogni capitolo rappresenta una tappa fisica o simbolica. In generale la trama è piena di mitologia classica e di tradizioni folkloriche delle isole Fær Øer ma anche, forse i più importanti, dei miti personali della narratrice riguardo alla sua famiglia.”.

Cosa rappresenta l’isola del titolo nel suo romanzo? 
“Mi piacerebbe lasciare che siano i lettori a rispondere a questa domanda. Personalmente mi infastidisco sempre quando qualcuno, soprattutto un autore, cerca di spiegarmi la trama di un libro. Ma immagino che non sarebbe un’esagerazione affermare che l’Isola è come un personaggio del romanzo, sia in quanto luogo fisico sia in quanto simbolo”.

Per quanto tempo ha lavorato a questo suo primo romanzo?
“Ho lavorato a questo romanzo per ben due anni, ma allo stesso tempo avevo un lavoro a tempo pieno: non so se la scrittura sarebbe stata più veloce se avessi avuto modo di scrivere ogni giorno, magari no: quando si ha molto tempo libero a disposizione si tende a sprecarlo”.

Ha un metodo di scrittura personale? 
“Lavoro molto sulla struttura narrativa, ma anche sulla sintassi, sul ritmo e le sfumature del linguaggio. In particolare mi interessa molto l’intersezione tra prosa e poesia”.

Come lettrice, cosa preferisce leggere?
“Sono una lettrice onnivora e leggo un fumetto con lo stesso piacere con cui posso leggere Bulgakov o Virginia Woolf, ma in particolare preferisco i romanzi che spezzano con foga il limite di quello che tradizionalmente si può definire un romanzo: molti dei classici sono diventati tali proprio in questo modo”.

Ci sono altri libri che conosce e ha apprezzato che abbiano isole al centro della trama?
“Il mio amore per i libri sulle isole è la passione di una vita! Apprezzo particolarmente le isole finzionali, quelle utopiche e ancor di più le distopiche. Le maledette isole di foreste di Selma Lagerlöf e le isole oscure di Howard Phillips Lovecraft”.

Nota: le foto dell’autrice sono di Kajsa Gullberg.

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