“Tutto il bello che ci aspetta”, il nuovo romanzo di Lorenza Gentile, è un viaggio spericolato alla scoperta dei meravigliosi imprevisti della vita: gli imprevisti che capitano alla protagonista sono un invito a rallentare, a uscire dal seminato, per interrogarsi e ridare un senso al nostro tempo caricandolo di un significato profondo

Lorenza Gentile è appena tornata in libreria con un nuovo romanzo, Tutto il bello che ci aspetta (Feltrinelli), un viaggio spericolato alla scoperta dei meravigliosi imprevisti della vita.

Selene ha superato i trent’anni eppure è ancora alla ricerca del proprio posto nel mondo: “eppure” perché nell’epoca in cui viviamo tutto deve svolgersi entro un termine prestabilito e anche le nostre esistenze hanno una data di scadenza, i traguardi da raggiungere si trasformano presto da scintillanti desideri colmi di entusiasmo a semplici liste di obiettivi portatori di ansie e aspettative.

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Lavoro, famiglia, hobby, relazioni – ogni cosa ha un tempo definito e definitivo, dunque se manchi un obiettivo c’è solo un modo per descrivere la tua esistenza: un fallimento. È questa la sensazione che prova Selene quando il suo ultimo progetto, l’apertura di un ristorante, tarda a decollare, e decide quindi di fuggire dalla propria quotidianità, metterla in standby per scappare da Milano e tornare nel cuore della Puglia, immersa in una comunità spirituale, circondata dall’affetto degli amici e della famiglia.

Tutto il bello che ci aspetta di Lorenza Gentile

“Ci dicono che siamo i nostri risultati, così ho fatto un calcolo. Ho preso carta e penna e ho sommato tutto. Ne è venuto fuori un numero notevole, peccato che sia negativo: l’interminabile serie di cose in cui ho fallito.”

L’autrice non è nuova a questi viaggi esperienziali, ogni suo romanzo è un biglietto che porta verso destinazioni del cuore e luoghi fiabeschi; dopo l’incantevole Parigi e la suggestiva cornice della libreria Shakespeare and Company raccontate ne Le piccole di libertà, ad esempio, questa volta Gentile ci accompagna alla scoperta della Puglia e, allo stesso tempo, ci regala un pezzettino di sé, con un tuffo tra i ricordi di un’infanzia trascorsa in un Āśrama nelle campagne della Valle d’Itria.

Le cose che ci salavano lorenza gentile

In questo momento dell’anno, il regalo più bello è poter iniziare a sognare paesaggi da cartolina, luoghi che fanno bene all’anima, lasciarsi cullare dal suono rassicurante delle onde e immaginare il sollievo regalato dall’ombra degli ulivi.

Insieme a Selene abbiamo la fortuna di poter scoprire, una pagina dopo l’altra, le meraviglie del Salento, di fermarci a riflettere sul senso della vita, delle nostre giornate frenetiche, di trattenere per un attimo il respiro per poi lasciare andare tutto – preoccupazioni, aspettative, pressioni sociali e familiari -, e mettere un punto, per porsi infine questa domanda:

“Una volta fuori, mi sono ritrovata al buio. Mi sono accorta che sì, magari avrei potuto essere tutto ciò che volevo, ma io cosa volevo essere?”

le piccole libertà romanzo di lorenza gentile

In un’epoca in cui tutto è a portata di mano, la felicità sembra a distanza di un selfie e niente appare impossibile; in questa frenesia continua, in una cultura della performance e del successo, della continua ricerca dell’approvazione, basta una piccola sbavatura per sentirsi pervadere da un profondo senso di fallimento, qualcosa che rievoca la lontana civiltà della vergogna omerica.

Gli imprevisti che capitano alla protagonista del romanzo sono un invito a rallentare, a uscire dal seminato, per interrogarsi e ridare un senso al nostro tempo caricandolo di un significato profondo. Non è un’esortazione alla realizzazione autoreferenziale ed egoistica, bensì un appello a dare spessore a ciò che conta.

Come i ricordi che ci hanno aiutati a costruire il nostro Io più profondo, quei luoghi che ci hanno donato un’inconsapevole e semplice felicità e i legami – antichi o figli di una semplice casualità – che hanno saputo insegnarci il vero senso della parola “famiglia”.

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Fotografia header: Lorenza Gentile, nella foto di Bianca Rizzi

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