“Una questione privata” di Beppe Fenoglio (Alba, 1º marzo 1922 – Torino, 18 febbraio 1963), considerato da Italo Calvino uno dei migliori romanzi sulla Resistenza, si discosta dalla Storia nella sua trama principale, che esplora le traversie di un ragazzo nell’affrontare la propria questione privata. Nell’indagare sentimenti universali all’interno di un quadro storico unico, può essere riletto come una riflessione sulla tensione tra le questioni personali e i grandi eventi storici nei quali vanno affrontate – L’approfondimento

“È al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione: non al mio”. Così scrive Italo Calvino nelle pagine che precedono Il sentiero dei nidi di ragno (Mondadori) riferendosi a Una questione privata  (Einaudi). Calvino lo descrive come “il romanzo che tutti avevamo sognato” e ancora “il romanzo che la nostra generazione voleva fare”: una storia che è stata capace di dipingere con realismo la Resistenza senza parlare direttamente di Resistenza.

Fulcro del romanzo, infatti, è una questione privata: la più ovvia, ma proprio per questo l’unica capace di muovere Milton, un giovane partigiano piemontese, più della paura di qualsiasi attacco nemico, più del terrore di morire sotto i colpi di fucile. 

una questione privata beppe fenoglio

Milton è innamorato di Fulvia, che non vede da più di un anno. Durante una ricognizione devia dalla sua strada, rischiando la cattura per sé e per Ivan che lo accompagna, per poter rivedere la casa dove Fulvia aveva vissuto per un breve periodo. Qui riaffiorano i ricordi delle volte in cui ascoltavano musica e parlavano per ore di poesie e racconti, ricordi che Milton sperava potessero dargli forza, ora che la guerra che sarebbe dovuta finire la primavera precedente stava per trascinarsi verso un altro inverno. 

Ma in un contesto che semina universalmente morte e tragedie, le questioni private e particolari diventano pericolose per la collettività e per ogni individuo che si trova coinvolto: “è sicuro che era una cosa della vita di prima, e tornare su queste cose fa più male che bene”, predice Ivan, che vede Milton innervosirsi al ritorno dalla missione.

Alla villa, infatti, il flusso di memorie di Milton è interrotto dall’arrivo della custode che si lascia trapelare, non si sa con quanta malizia, il fatto che mentre lui era soldato Fulvia si vedeva con Giorgio Clerici, “il più bel ragazzo di Alba ed anche il più ricco, ovviamente il più elegante”. Facevano tardi la sera, sempre più tardi. Le parole della custode alludono senza dare conferme e Milton, di colpo, è trasformato: “più niente mi importa. Di colpo, più niente. La guerra, la libertà, i compagni, i nemici. Solo più quella verità”.

Così inizia la personale odissea di Milton, paragonata da molti critici alla ricerca frenetica e disperata dell’Orlando Furioso. Il suo bisogno di sapere può essere soddisfatto solo da Giorgio: Fulvia è andata a Torino e secondo la custode mai tornerà. Giorgio che, nonostante in ogni aspetto sia opposto a Milton, è tutt’altro che un nemico. I compagni di brigata ne lamentano il mancato spirito cameratesco ma con Milton, con il quale ha un rapporto fraterno, l’elitismo di Giorgio è sempre venuto meno.

Il bisogno di verità si infrange quando Milton, dopo una mattina passata in agonia nell’attesa del suo ritorno da una missione, scopre che Giorgio è stato catturato dai militari che stazionano ad AlbaLa ricerca di un legame con Fulvia, iniziato con la visita della sua villa, diventa una ricerca di Giorgio, e della verità che solo lui può confessargli; questa poi si trasforma nella ricerca di un prigioniero da poter scambiare con l’amico che, una volta fallita, diventa la ricerca di verità sue sorti (è ancora vivo? quando sarà fucilato?) e si richiude, in modo circolare, con il ritorno alla villa di Fulvia. 

Milton non riesce a ottenere nulla di ciò che cerca, ma cammina per giorni tra un paese e l’altro, incontra brigate di partigiani azzurri e di partigiani rossi e molti civili, soprattutto anziani, che con lui si aprono, dando vita a dialoghi intensi, in cui la morte è spesso protagonista. Così il racconto della Resistenza si infiltra nelle intercapedini della questione privata, ingrandisce gli ostacoli che Milton deve superare per risolverla, e straborda in quasi tutte le conversazioni, che finiscono sempre per sfociare in lunghi racconti di episodi di vita da resistente.

E forse proprio per questo il romanzo di Fenoglio (Alba, 1º marzo 1922 – Torino, 18 febbraio 1963) riesce, nel suo ambientarsi in un momento storico e geografico unico, a porsi come rappresentazione universale di tutte quelle situazioni eccezionali che si sono verificate nella storia

Fenoglio, autore de Il partigiano Johnny e di altri libri e grandi racconti, ci racconta quella di Milton, ma è facile immaginare che ognuno dei personaggi, ogni partigiano, ogni contadino, ogni soldato, avesse la sua personale questione privata, che non gli lasciava modo di separarsi dalla vita di prima, e che gli permetteva di trovare un attaccamento a quella futura, nonostante l’incertezza di poterci accedere. 

Le sue traversie sono interrotte anche dai ricordi agrodolci dei momenti passati con Fulvia, di quelli passati con Giorgio, e ancora delle volte in cui erano tutti insieme. La memoria di Milton traccia per il lettore la verità che lui cerca, ma che forse finge di non conoscere: nella sua mente si succedono le volte in cui, a casa di Fulvia, Milton guardava lei e Giorgio ballare un brano del grammofono dietro l’altro, senza mai dirsi una parola e senza mai separarsi, e poi la volta in cui accompagnarono Fulvia alla stazione e lei sorrideva a Giorgio, e ancora le volte in cui giocavano a tennis e Milton era di nuovo relegato al ruolo di spettatore. 

È Milton stesso ad ammettere che Fulvia e Giorgio apparivano come una coppia perfetta, entrambi ricchi e molto belli. Lui, invece, fin prime pagine viene descritto come un brutto, un ragazzo i cui soli occhi erano degni di nota, un ragazzo per cui la racchetta da tennis è troppo cara e che per permettersi di regalare un disco a Fulvia deve passare giorni senza comprare sigarette. Forse la ricerca di verità di Milton era solo un incoraggiamento a se stesso per trovare il modo di salvare Giorgio? O una scusa per alienarsi da una situazione fatta di ansia e paura costante che distrugge lui e tutti gli altri?

Il tema della responsabilità lega gli eventi e i ricordi di tutti i personaggi, amplificato dall’eccezionalità della guerra. Perché, si chiede Milton, la custode gli aveva confidato quel segreto? È proprio quella confidenza che come una scintilla ne accende l’ossessione, che mette in pericolo se stesso e molti altri. Un’intromissione nelle questioni private altrui che, in condizioni normali, avrebbe forse potuto risolversi in un fraintendimento o una delusione, ma che a causa della guerra, in modo simile a Espiazione di McEwan, si ingrandisce provocando ulteriori morti e tragedie. 

Il romanzo di Fenoglio sembra fare da monito: le questioni private hanno una forza tale che impedisce di ignorarle, ma dalle situazioni storiche straordinarie non ci si può prendere una pausa senza poi doverne affrontare le conseguenze o senza vederle ricadere sugli altri. Così è per la maestra che non smette di inneggiare al fascismo in un paese diviso e si vede umiliata di fronte ai genitori, per il sergente che va a trovare l’amante tra le colline e finisce prigioniero di Milton, per le giovanissime staffette che muoiono a causa dell’avventatezza di Milton e infine per Milton stesso, che al ritorno alla villa di Fulvia è costretto a fare i conti con la realtà

Fotografia header: GettyImages 20-04-2020

Libri consigliati