Valentina Fortichiari ha scritto un manuale-memoir da cui traspare la passione per un lavoro strutturato e non sempre facile, che gestisce insieme libri e capitale umano. “Mi facevi sentire Dostoevskij” è una lettura preziosa per chi vuole conoscere a fondo il lavoro dell’ufficio stampa, per gli studenti che approcciano al tema e a una possibilità di percorso professionale, ma anche per gli amanti dei libri, curiosi di spiare i meccanismi editoriali… – L’approfondimento

“Sazia di giorni spesi a portare ‘a giro’ in Italia e dall’estero le menti migliori della nostra società editoriale”, Valentina Fortichiari si ferma e racconta in Mi facevi sentire Dostoevskij (TEA).

Oltre venti anni come ufficio stampa in Longanesi, Fortichiari è uno dei personaggi più competenti della scena editoriale italiana, responsabile del lancio di autori immensi.

Il suo manuale-memoir è un insieme vivo e coinvolgente di racconti, consigli, ricordi, indicazioni anche pratiche da cui traspare la passione per un lavoro strutturato e non sempre facile, che gestisce insieme libri e capitale umano: da una parte gli autori, con il loro talento, ma anche le loro fragilità, qualche narcisismo, il bisogno di essere guidati e, nello stesso tempo, rassicurati. Capiti e ascoltati.

“Ogni autore è il suo libro. Ogni libro è l’anima del suo autore”.

Bisogna essere capaci di trattare ogni scrittore come unico, dedicandogli tempo, in modo morbido e accogliente, accudente a volte, più forte e deciso quando serve, al punto da essere definita “schiavista” o “turca” (così la chiamavano scherzosamente Vikram Seth e Ildefonso Falcones). Lei, Valentina, elegantemente irremovibile.

Dall’altra parte ci sono i giornalisti, con i loro tempi, i calendari fitti, i loro interessi, da intercettare e assecondare affinché un libro riceva l’attenzione che merita. Ci vuole mano ferma, per spingere quando necessario, e ottenere spazio, ci vuole insieme abilità nell’instaurare relazioni virtuose, e umane.

“Dealing with difficult people”: il lavoro di ufficio stampa è fatto di discrezione e attenzione. 

C’è l’esperienza che aiuta, ma ci sono anche doti personali che si affinano.

Valentina Fortichiari prende in prestito da Sergio Romano tre parole che definiscono il senso di un’umanità come cifra fondante del lavoro: educazione, carattere e stile. “Sono tre parole che esprimono bene l’identità di un ufficio stampa attento, sensibile, determinato, affidabile, e soprattutto capace di non derogare mai all’etica professionale”.

Mi facevi sentire Dostoevskij è una lettura preziosa per chi vuole conoscere a fondo il lavoro dell’ufficio stampa, per gli studenti che approcciano al tema e a una possibilità di percorso professionale, ma anche per gli amanti dei libri, curiosi di spiare i meccanismi editoriali.

Comunicati stampa, mailing list, appuntamenti in redazione (facendo attenzione all’orario più strategico, per avere l’attenzione del giornalista), incontri con l’autore, rassegne stampa, eventi e, prima di tutto, il progetto.

Progetto significa un abito fatto su misura per uno scrittore, dimenticando la routine, spremendo fantasia e creatività, per trovare idee totalmente nuove, attingendo a qualunque campo della cultura, delle arti, dello spettacolo”.

È un lavoro umano e culturale quello che racconta l’autrice: la capacità di non dimenticare l’importanza dei rapporti interpersonali, la cui chiave è un modo corretto e onesto di collaborazione. Si applica all’editoria, ma è un valore universale. Che viene riconosciuto e restituisce parole come quelle di Dick Bogarde: “Sono incontri meravigliosi. Tutto questo è straordinario. Ti scriverò, Valentina”.

È il valore di un umanesimo delle lettere e delle persone, in grado di recuperare la sensibilità di sentire per meglio interagire, per fare la differenza: con Mi facevi sentire Dostoevskij Valentina Fortichiari racconta un lavoro nel quale la considerazione della propria professionalità non prescinde dal fair play, dal rispetto dei compiti e dei doveri. “Si deve essere capaci di atti umani con tutti, sempre”.

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