Quello delle copertine dei libri è un universo affascinante, complesso, discusso e in costante evoluzione. A Milano, presso il Laboratorio Formentini per l’editoria, è in corso una mostra e sono in programma una serie incontri a tema. Su ilLibraio.it, Ivan Canu (illustratore e direttore di Mimaster Illustrazione) interviene per analizzare le principali tendenze in atto nel settore, in cui un ruolo importante è giocato, ancora una volta, da un marchio come Penguin… – Lo speciale

LA MOSTRA – Quello delle copertine dei libri è un universo affascinante, complesso, discusso e in costante evoluzione. A Milano, presso il Laboratorio Formentini per l’editoria, nel cuore di Brera, è in corso una mostra (THE ILLUSTRATED SURVIVAL EXHIBITION, fino al 7 gennaio, organizzata da Mimaster – Officine buena vista), in cui sono esposte oltre 100 illustrazioni, bozzetti, video e copertine di libri. I visitatori sono accompagnati alla scoperta del mestiere di illustratore, dalla nascita di un’idea alla realizzazione del lavoro finito. Spazio alle pubblicazioni realizzate per i grandi editori del panorama internazionale.


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Copertina The Tale of Tales di Francesca Costa

La copertina di The Tale of Tales
realizzata da Francesca Costa in mostra a Milano

IL CICLO DI INCONTRI – Alla mostra si affianca il ciclo di incontri dal titolo “Com’è fatto…”, una serie di appuntamenti per professionisti e appassionati per capire come si fa a progettare un logo, illustrare una copertina, ideare un gioco, a creare un film d’animazione.

Tra i prossimi appuntamenti in programma, mercoledì 9 dicembre quello con Giacomo Benelli, protagonista di un incontro e laboratorio sul tema Survival Corner: email e comunicazione; martedì 15 dicembre quello con Andrea Bozzo (Com’è fatto: il design del logo); il 16 dicembre Ivan Canu parlerà di copertine dei libri (informazioni e prenotazioni su www.mimasterillustrazione.com).

Lo stesso Canu (illustratore, scrittore, direttore di Mimaster Illustrazione), qui di seguito interviene su ilLibraio.it per dire la sua sulle principali tendenze internazionali nel mondo delle copertine.

di Ivan Canu

La copertina come noi la conosciamo è un’invenzione recente: prima, serviva a proteggere il libro dall’usura. La copertina non è indipendente dal resto del libro. È parte del tutto. Invita a entrare all’interno, dà un tono ma non ha l’ultima parola: è importante ma non determinante per definire un’identità. Può avere un pubblico molto ampio, differenziato, non adattarsi a tutte le culture: si dice che in Oriente un libro mormori, mentre in Occidente tenda a urlare. Questione di estetiche. E di marketing. Perché una buona copertina crea intimità fra il lettore e il libro. Perché chiuso, posato sul comodino, un libro lascia di sé l’immagine familiare che riprenderemo alla prossima lettura. Ma la copertina è competitiva: spinge, sgomita, emerge. Perché comprare un’edizione piuttosto che un’altra? Una copertina giusta (con tutte le variabili attribuibili al concetto etico ed estetico) può far pendere la scelta a favore di un’edizione e sfavorirne altre. Così una copertina sbagliata (non brutta, giacché l’estetica è pencolante) potrebbe far magazzino. Ovvero resa, su ogni fronte. Allora anche autori noti al grande pubblico e non solo ai bibliofili, classici quand’anche contemporanei, per allargare la platea dei lettori conoscono il moltiplicarsi delle copertine. Il che per un editore è un azzardo. Una scommessa su più livelli. E può far emergere il designer, l’illustratore, il fotografo perfino oltre l’autore. Fra il panorama italiano – e in taluni casi, anche europeo, in generale – e quello anglosassone, non potrebbero esserci maggiori differenze.

Tra l’altro, quando gli italiani vogliono fare gli americani, sbracano ed è tutto un esubero di oro, rilievi, diagonali impazzite. All’opposto, penso alla serie su Shakespeare per la Penguin: l’art Paul Buckley e la designer Gail Belenson, dopo le storiche copertine di Milton Glaser, scelgono Riccardo Vecchio: un teatro, vecchie scenografie, relitti di scena, da cui estrarre oggetti diversi per ciascun racconto. Si consentono perfino Giacometti: per le streghe di Macbeth ci sono tre sottili teste di bronzo piantate su un piano di metallo. Per l’edizione The Pelican Shakespeare, Manuja Waldia crea dei tattoo. Un impatto anti-classico per un pubblico giovane cui il vettoriale è affine.

9780143128557

Copertina di The Pelican Shakespeare
– King Lear di Manuja Waldia

Penguin riassume molto delle tendenze in atto sulle copertine: Paul Buckley per la serie deluxe ospita street artist e fumettisti (Mike Mignola realizza Cuore di tenebra come fosse un prequel di Hellboy). David Pearson è un maestro del lettering creativo, che è onnipresente insieme al ritocco fotografico (come in David Drummond), nel migliore dei casi si interseca con la calligrafia, come nel design di Oliver Munday e di Peter Mendelsund, nella versatilità di Rodrigo Corral (la serie di Palahniuk) o ancora nella modernità di gray318.

Citazionisti della grafica anni ’60 come Helen Yentus per Camus o intreccio fra lettering d’impatto e illustrazione decorativa, nella collaborazione fra Eric Nyquist e la designer Charlotte Strick. Oppure grafica alla Munari, come le copertine dello studio Head of the State, il pattern decorativo di Leanne Shapton, ottimo per illustrare poesie.

Copertina di Lolita di Vladimir Nabokov. Art director John Gall

Spesso la serialità, la collana, evita la ripetitività adoperando un modulo che viene affidato alla variazione di diversi artisti, come nel progetto di John Gall per Nabokov in cui tante scatole-teatrino sono affidate alla visione di Marian Bantjes, Carin Goldberg, Peter Mendelsund, David Eggers, Megan Wilson e dei migliori designer del momento. L’illustrazione narrativa o emozionale, che in Italia è più usuale (come Gipi utilizzato da Einaudi), è praticamente assente in questo panorama. Una libreria americana è un TED di genialità radunate, col rischio della cacofonia creativa.

E il digitale? Qui la copertina è un’iconcina di nessun peso, perché il suo scopo è cambiato. Il che non è di per sé negativo: è cambiato il device e quindi lo scopo, ma si apre una possibilità espansiva ancora poco esplorata. Non essendo la copertina digitale trattabile con la stessa logica del marketing del cartaceo, ci si deve reinventare. Il libro su Amazon e nel web è un dato, non un’immagine impattante: con Kindle si va subito alla ricerca del testo, il device è pensato per questo e quindi salta l’aspetto affettivo che la copertina finora aveva sempre generato nel lettore. Si cambia prospettiva e i designer scoprono il potenziale della grafica dialogante: le icone, accostate, creano pattern o una narrazione. Si possono quindi collezionare, come le copertine di Cardon Webb per Oliver Sacks su iPad.

Insieme delle copertine create da Cardon Webb
per le opere di Oliver Sacks per iPad

Perché quindi la copertina non morirà? Perché iPad e colleghi puntano non sulla scrittura ma sulla definizione degli schermi (il retina) e sulla visualizzazione (i video), il che ci porta a pensare all’evoluzione del linguaggio animato. La recente copertina di Chris Ware per il New Yorker ne è l’esempio, impossibile fino a 5 anni fa, oggi una delle più tradizionali riviste dell’American way of thinking è più innovativa di Google.

Un suggerimento in chiusura? Il web può essere un memoriale dinamico cui attingere per la storia e per l’attualità. Uno per tutti: http://bookcoverarchive.com

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