È in libreria l’Almanacco dello Straniero, l’ultimo numero della rivista fondata a Roma nel 1997 da Goffredo Fofi: su ilLibraio.it pubblichiamo la fiaba della regista Alice Rohrwacher

È in libreria fino a febbraio l’Almanacco dello Straniero, l’ultimo numero della rivista fondata a Roma nel 1997 da Goffredo Fofi e pubblicata da Contrasto.

In questi venti anni di pubblicazioni, Lo Straniero si è sempre occupato di arte, cultura, scienza e società, lasciando la parola a scrittori, intellettuali e saggisti. L’Almanacco è “un omaggio ai lettori che mette insieme sessanta interventi di altrettanti storici collaboratori che hanno dato lustro alle pagine della rivista in questi vent’anni”. I sessanta interventi sono di diverso tipo: saggi, poesie, proposte, interviste e racconti raccolti insieme alle illustrazioni di alcuni tra i disegnatori che hanno collaborato con Fofi e la redazione. I sessanta contributi sono ordinati in ordine alfabetico, non tematico. Spazio anche ad approfondimenti su attualità, società e politica.

Una dedica speciale la merita Anna Branchi, redattrice storica della rivista, appena scomparsa, e qui ricordata.

lo straniero copertina

Per gentile concessione della casa editrice, proponiamo la fiaba La strada maestra della regista Alice Rohrwacher (la foto è di Simona Pampallona, ndr):

Una strada che conoscevo capitò sulla terra e non sapeva dove andare.
Si mise a rotolare a casaccio e finì per sbattere contro un tronco. “Wuuuschh”, frullò l’albero drizzando le foglie, “che vuoi stradaccia?” Quella gli spiegò che desiderava passare, ma l’albero si infuriò: “non lo vedi che tengo radici?” La strada si fece mogia, si ingobbì in una curva e girò intorno al bosco.
C’era più avanti una colonna di formiche e la strada ci si piazzò in mezzo. Quelle piccolette furono prese da una grande agitazione: “aiiiiuto, povere noiii!” Piagnucolavano ai due lati opposti smarrite. La strada pensò che in fondo lei era una sola a confondersi, e loro molte.
Doveva aiutare il popolo! Ritornò sui suoi passi, prese la rincorsa e con un doppio salto mortale le scavalcò in un ponte.
Poi le toccò una salita e si fece stretta stretta dalla fatica. Ogni sasso che incontrava perdeva un pezzo, ormai non era che un viottolino di terra battuta quando si voltò a guardarsi: esile, sconnessa, eppure si sentiva talmente bella nella sua nuova forma, coi tornanti che decoravano la montagna come lo strascico di una sposa…
Ma dentro quel sentiero ci cascò un carretto che non riusciva a passare. “Allargati strada!”, urlò il carrettiere. La strada non voleva creare problemi, s’allargò e il carro passò. Non l’avesse mai fatto! Una volta che fu spianata una macchina la vide e ci si ficcò dentro, e poi un’altra macchina, poi sette macchine, poi cento e mille che le scorticavano la schiena, un’autostrada!
“Portami di qua, rombavano feroci, anzi di là! Vai laggiù! Ora lassù! Presto, strada, corri più veloce!” La strada era stremata. Prese a scodinzolare in tante curve pericolosissime per scrollarsi di dosso quelle brutte macchine. Tanto fece che venne maledetta e abbandonata tra ingiurie e sputi. Diventò una cattiva strada e nessuno la imboccava più.
Finalmente rimasta sola, la poveretta avvistò una dolce altura da cui si rimirava un bel paesaggio.
“Ora mi fermo”, pensò. Si distese in uno spiazzo assolato e chiuse gli occhi.
Ma dopo poco la svegliò una vocina.
“Strada stradella mi sono perso dove vai tu?” Era un bambino non più alto di un secchio. “Ah, non me lo chiedere”, rispose la strada, “io proprio non mi ricordo la mia direzione… tu dove vuoi andare?” “Anche io non lo so, rispose il piccoletto, però forse ci possiamo accompagnare”.
La strada ci pensò un poco. “Non hai paura che io sia una cattiva strada?”, chiese. “No”, disse il bambino, “le cattive strade sono sempre molto dritte”.
E così tutti e due rotolarono via per la discesa giocando e correndo, e io che a quel punto ero stanca mi sono seduta sul margine finché non li ho persi di vista.

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