“Da quando Salani ha pubblicato il settimo volume della saga di Harry Potter, nel 2008, forse il libro più atteso della Storia, non avrei mai creduto di trovarmi a presentarne un nuovo capitolo…”. In occasione dell’uscita di “Harry Potter e la maledizione dell’erede”, l’editore e traduttore Luigi Spagnol confessa la sua emozione. Ecco l’editoriale del nuovo numero della rivista “Il Libraio”

Da quando Salani ha pubblicato il settimo volume della saga di Harry Potter, nel 2008, forse il libro più atteso della Storia, non avrei mai creduto di trovarmi a presentarne un nuovo capitolo.

A chiunque mi chiedesse se secondo me J.K. Rowling sarebbe tornata a scrivere di Harry Potter, e sono stati in tanti, ho sempre risposto che pensavo di no. Sapevo che il materiale sul mondo di Harry Potter di cui J.K. Rowling è in possesso è enorme, una specie di Enciclopedia Britannica, come l’ha definita lei stessa, e non mi sono stupito quando ne ha scoperto dei brandelli su Pottermore.

Ma una nuova storia, no. Pensavo che fosse una stagione finita, che la storia si fosse perfettamente conclusa con l’ultimo capitolo dell’ultimo libro, la profezia si era avverata e, soprattutto, Voldemort era morto.

Certo, sapevo che J.K. Rowling è imprevedibile, basta vedere che cosa ha fatto nel frattempo: un romanzo contemporaneo e allo stesso tempo dickensiano, e una serie di gialli sotto pseudonimo. E in fondo era anche la sua imprevedibilità a farmi pensare che scrivere un ottavo romanzo su Harry Potter sarebbe stato, tutto sommato, troppo banale per lei.

Infatti, mi ha sorpreso due volte: la prima, perché invece l’ottavo Harry Potter c’è. La seconda, perché non è un romanzo. È una rappresentazione teatrale, che ha debuttato al Palace Theatre di Londra il 30 luglio e i cui biglietti, spiace dirlo, nel momento in cui scrivo sono esauriti fino al maggio del 2017.

Non posso dire molto del testo, senza rischiare di rovinare la lettura. Mi limiterò a tre annotazioni.

La prima: chi temesse che la lettura di un testo teatrale possa essere più faticosa di quella di un romanzo non abbia paura; semmai è meno faticosa, ma soprattutto, nel giro di dieci pagine si è talmente catturati dalla storia che non si sa neanche più che cosa si sta leggendo, romanzo, copione, poema, non fa differenza.

La seconda: la storia, oltre a essere appassionante, intensa, divertente e commovente, ha un livello di profondità che non ha nulla da invidiare agli ultimi volumi della saga. Pochi, forse nessuno, hanno la capacità di J.K. Rowling di intrattenere e al tempo stesso scavare dentro i nostri sentimenti più profondi, le nostre
questioni più rilevanti. Insomma, come direbbero gli inglesi, vintage Harry Potter.

La terza: a proposito dei vecchi amici che si incontrano, mi ha fatto un’enorme impressione verificare su me stesso non soltanto come il mondo di Harry Potter non mi avesse mai lasciato (o forse sono io a non averlo mai lasciato), ma come certi personaggi, certe situazioni, persino certi oggetti si siano sedimentati nel fondo del mio immaginario, forse addirittura del mio inconscio. Rivederli vivere in una nuova storia è come rimestare
in quel sedimento, riprovare emozioni che pensavo appartenessero solo alla sfera dei ricordi, sentirmi di nuovo a casa. Auguro a tutti gli appassionati di vivere questa nuova avventura con la stessa emozione e la stessa gioia con cui l’ho vissuta io.

Buona lettura,

Luigi Spagnol

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