Incontro con Ferdinand von Schirach autore di Un colpo di vento ISBN:9788830427693

Un colpo di vento è l’opera prima di Ferdinand von Schirach, stimato avvocato penalista di Berlino, che ha trasformato in racconti alcuni dei casi giudiziari di cui si è occupato. Con il suo linguaggio sobrio ma efficacissimo, l’autore tedesco è in grado di suscitare – a seconda del tipo di storia – orrore, commozione, pietà – restituendo al lettore gli stati d’animo dei protagonisti e analizzando con cura le motivazioni alla base dei crimini. Von Schirach narra le vicende di un marito che fa a pezzi la moglie, di una donna che si prostituisce per amore, di un giovane con una macabra predilezione per il cannibalismo, di una sorella che uccide il fratello malato per risparmiargli inutili sofferenze. Il titolo pone l’accento sull’imprevedibile mutevolezza del destino: è sufficiente una parola fuori posto, un inatteso rovescio della sorte, un imprevisto qualunque per spezzare l’equilibrio e innescare un dramma. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

D. Che cosa l’ha spinta a raccontare in un libro i “suoi” casi?

R. Un libro del genere non lo si può certo scrivere quando si è giovani. Non si ha abbastanza esperienza, né si dispone di un numero sufficiente di storie. Mi sono accostato alla scrittura in età matura e, a dire il vero, in modo piuttosto casuale. Solitamente faccio fatica a prender sonno. Una sera mi alzai dal letto e buttai giù qualche riga. È iniziato tutto così. Il modello che avevo in mente era Truman Capote. Intendiamoci, non voglio certo paragonarmi a lui, ma soltanto indicare il genere a cui appartenevano i miei primi tentativi di scrittura. Letteratura dunque, non un manuale per addetti ai lavori.

D. Quali criteri ha adottato per selezionare le undici storie di questo volume?

R. È inevitabile per chi svolge da anni la mia professione entrare in contatto con parecchie storie potenzialmente interessanti. Ho cercato di fare una sorta di inventario, selezionando vicende rappresentative per ciascuna tipologia: l’uomo che ammazza la moglie, la moglie che ammazza il marito, l’affermato professionista che perde la testa o l’emarginato che delinque; un’ampia gamma di registri narrativi e situazioni. Storie diverse soltanto all’apparenza. Ciò che spinge a commettere un omicidio è sorprendentemente simile a ciò che induce la gente a suicidarsi. Le motivazioni sono affini, il vissuto è analogo. In entrambi i casi troviamo scenari di disperazione e solitudine. Semplicemente, a un certo punto, “tutto” diviene “troppo”.

D. Alcune storie sono davvero bizzarre. Hanno tutte corrispondenze nel reale?

R. Tutto ciò che racconto in Un colpo di vento è vero, ma opportunamente camuffato. Il segreto professionale impone la massima prudenza. Un avvocato non può venire meno al rapporto di fiducia con il cliente. Era mio preciso dovere stravolgere nomi e circostanze, in modo che nessuno potesse risalire alle fonti, a nomi e fatti reali. Un dovere nei confronti dei miei assistiti, ma anche una forma di rispetto verso le vittime e i loro parenti.

D. Lei non emette giudizi, ma riporta fatti e studia le motivazioni. Qualche volta si è portati persino a solidarizzare verso i colpevoli. Non è pericoloso assumere il punto di vista dei criminali?

R. L’ambiguità è il cuore del mio libro. È raro nella vita reale riuscire a separare in modo netto il bene dal male. Esistono tante sfumature. Nel racconto iniziale mi occupo della vicenda di un uomo che ammazza la moglie. Apparentemente l’attribuzione dei ruoli di colpevole e vittima è chiara. Appunto, “apparentemente”. Credo che alla fine del racconto le idee del lettore saranno piuttosto confuse in materia. Noi tutti, fin da bambini, abbiamo ben chiaro in mente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Quando però si cresce, ci si accorge che la vita è più complicata. Prendiamo uno dei dieci comandamenti. Ad esempio, “non uccidere”. Ci sono centinaia di situazioni in cui si è quasi costretti a uccidere. Come ci comporteremmo se nostro figlio venisse aggredito e non ci restasse altra soluzione che usare violenza verso l’aggressore? Da bambini abbiamo precisa coscienza dei divieti: rubare una macchinina è sbagliato. Da grandi, intervengono le numerose sfumature cui alludevo prima. Il mondo attuale, inoltre, è più complesso di quello dei nostri genitori e dei nostri nonni.

D. Leggendo l’ultimo racconto della raccolta, “L’etiope”, ho appreso che esistono differenze notevoli tra l’Italia e la Germania in merito al ruolo della pubblica accusa. In Germania l’accusa non è una delle parti, ma rimane neutrale. Non è utopistico chiedere a chi accusa indipendenza di giudizio?

R. Non le do torto. La legge chiede molto. In teoria l’accusa si comporta – o dovrebbe comportarsi – al pari di un giudice. È abbastanza semplice essere obiettivi e imparziali nelle prime fasi del dibattimento. Quando però si supera la fase delle udienze preliminari e il processo entra nel vivo subentra l’emotività che, difficilmente, è compatibile con la neutralità. La difesa lo sa e può intervenire quando ha l’impressione che l’accusa parteggi più di quanto sia consentito. Esiste un valido sistema di contrappesi.

D. Se non erro Lei ha dichiarato che il sistema giudiziario tedesco è più equo di quello americano. È così?

R. È certamente più equo per il cittadino medio. Mi spiego meglio. Nella giustizia tedesca il ruolo del denaro non è decisivo. In America più hai disponibilità economiche, migliore è l’avvocato su cui puoi fare affidamento. I dati statistici parlano chiaro: in America il numero di carcerati appartenenti ai ceti meno abbienti è elevatissimo; una percentuale ben superiore a quella che si registra in Germania. Se uno ha problemi con la giustizia e dispone di enormi somme di denaro, negli Stati Uniti ha vita più facile.

D. Un colpo di vento è diventato in breve tempo un bestseller in Germania ed è stato uno dei libri più contesi dagli editori stranieri alla Fiera di Francoforte. Questa improvvisa popolarità letteraria ha modificato le sue abitudini?

R. Direi di no. I consensi attorno al mio libro non mi hanno cambiato affatto. Sono forse troppo vecchio per modificare il mio stile di vita. Se mi fosse capitato in gioventù, sarebbe stato tutto diverso. Riflettendoci bene, però, una piccola licenza me la sono concessa: mi sono allontanato per quattro settimane consecutive dall’ufficio per trasferirmi a Venezia e portare a termine il mio secondo libro.

D. Di che cosa tratterà questo secondo libro?

R. S’intitolerà “Schult”, ovvero “colpa”, e sarà un altro volume di racconti. Verrà pubblicato in Germania ad agosto. L’anno successivo potrebbe invece uscire un terzo libro, non più una raccolta di storie. Certamente non sarà un thriller, perché non m’interessa scrivere un poliziesco. Come avrà notato sono un avvocato in tutto e per tutto: non riesco a liberarmi dell’abitudine di pianificare.

Intervista a cura di Marco Marangon

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