Dice Massimo Gramellini autore di Cuori allo specchio ISBN:9788830425743

Cuori allo specchio, la rubrica di posta del cuore di Massimo Gramellini diventa un libro: il primo di un uomo che risponde a lettere sull’amore. Vere e proprie trame di romanzi, queste lettere raccontano la parte meno conosciuta dell’Italia di oggi. Ogni microstoria consente di entrare nel mondo del protagonista, di identificarsi o meno con lui, e di azzardare una risposta. Ce lo spiega lo stesso autore.

Cari Cuori allo Specchio, questa è l’unica lettera del libro che mi sono scritto da solo. Anche un postino dei Cuori può avere una storia da raccontare. La mia ebbe inizio nel marzo del 1998. Dieci anni fa. In tasca avevamo ancora le lire e in testa, almeno io, otto o nove capelli in più, quando il settimanale Specchio mi offrì una rubrica che avrebbe dovuto intitolarsi “Figurine”, ritratti al vetriolo di politici e vip. Ci pensai sopra quasi un minuto e rilanciai: “Di potenti mi occupo già tutti i giorni su La Stampa. Su Specchio vorrei fare qualcosa di diverso: per esempio occuparmi delle persone normali. Che ne direste di una posta del cuore?”

Lo stupore degli interlocutori fu pari all’incoscienza della proposta. Un uomo – peggio, un giornalista – che risponde alle lettere d’amore. E un uomo di soli 37 anni, con una vita affettiva segnata da un lutto infantile, ma poi snodatasi lungo binari abbastanza comuni: neanche un’esperienza estrema, se si escludono qualche overdose di cioccolato fondente e qualche notte passata a camminare a piedi nudi in riva al mare, con la musica sparata nelle orecchie per smaltire delusioni cocenti. Dall’alto di quale pulpito avrei dispensato consigli ai cuori in affanno? Solo ora, mentre la scrivo, mi rendo conto che quella domanda non attraversò mai i miei pensieri. È stata una delle poche circostanze della vita in cui ho agito con la convinzione inesorabile di chi sa di fare la cosa giusta.

In realtà era follia pura. Ma era la mia follia e volevo viverla fino in fondo. Da ragazzo custodivo due sogni: lo scrittore e lo psicologo. La posta del cuore mi avrebbe permesso di realizzarli entrambi. Quante volte durante gli anni della scuola avevo tirato l’alba con gli amici per commentare i miei o i loro disastri sentimentali, ascoltando e distribuendo suggerimenti impeccabili che nessuno di noi avrebbe poi avuto la forza di mettere in pratica? Si trattava di riprendere quel vecchio gioco insieme a nuovi amici. Purtroppo di lettere ne ricevevo poche. Non più di due o tre la settimana. I lettori, ammesso che ce ne fossero, non si sognavano proprio di aprire il loro cuore a me. La rubrica languiva e all’inizio di giugno fui sul punto di interromperla.

Se resistetti all’impulso, lo devo alla frase contro cui andai a sbattere in un libro: “Arriva sempre il momento in cui vorresti sbarazzarti di un grande desiderio. È la vita che ti mette alla prova per capire quanto ci tieni davvero”. Poco dopo mio padre entrò nella fase finale del tumore con il quale conviveva. Trascorsi l’estate al suo capezzale. La mattina del trapasso mi chiamarono da Specchio: “Condoglianze, però ricordati che oggi devi mandare la rubrica”. Me n’ero completamente dimenticato. Aprii le due-lettere-due arrivate negli ultimi tempi, ma mi mancò la forza di leggerle. Così ne scrissi una io, in prima persona, raccontando sul giornale il calvario di quell’estate. Scrivevo e piangevo, come durante una seduta terapeutica. Fu un gesto istintivo, di cui non avevo calcolato le conseguenze, che cominciarono a posarsi sul mio tavolo dalla settimana successiva.

Decine e poi centinaia di messaggi. Esordivano con espressioni di solidarietà, ma subito dopo passavano a raccontarmi la loro storia, finalmente. Avevo dato l’esempio, condividendo con i lettori un momento difficile della mia vita. E adesso quelle persone si fidavano di me. Da allora ne abbiamo percorsa, di strada. Ne conservo le tracce dentro cinque grandi armadi: lettere, fax e copie cartacee delle e-mail. Il gioco è diventato una faccenda seria. Leggera, ma seria. Non so se la rubrica abbia cambiato la vita a qualcuno. Di sicuro l’ha cambiata a me. Lettera dopo lettera, ho modificato il mio modo di pensare e di scrivere, tenendo a bada la parte più strafottente del mio carattere per sviluppare quella più intimista. Ho capito che niente consente di affrontare i temi essenziali della vita meglio dell’amore. E ho scoperto l’efficacia farmacologica della parola scritta.

Nei miei amici di carta non c’è quasi mai esibizionismo. Molti firmano con uno pseudonimo o chiedono una risposta privata che per ragioni di tempo non posso dare, ma della quale forse non avrebbero bisogno, perché scrivere a uno sconosciuto di cui si fidano è spesso un pretesto per riuscire a parlare finalmente con se stessi. Le pene d’amore sono l’occasione per alimentare una ricerca spirituale che si fa largo fra le maglie sfilacciate di una società cinica e disperata, che ride di rubriche come questa perché ha atrofizzato la sensibilità necessaria a capirle. Si discute tanto dell’opportunità o meno di censurare il male e si riflette poco sul fatto che noi da anni stiamo censurando il bene.

Non è vero che la vita sia solo sopraffazione, egoismo, becero soddisfacimento di istinti primordiali. Non è vero che i protagonisti delle storie d’amore, cioè tutti noi, siano animati sempre e soltanto da impulsi trucidi e ottusi, che parlino solo di soldi senza sogni e di sesso senza amore. I miei cinque armadi pieni di lettere sono lì a urlare che esiste un mondo diverso. Intriso di sofferenza, ma anche di slancio e di speranza. Vi si respira la voglia di provare emozioni pure, di ridare significato a uno stile di vita che ne ha sempre meno, di nobilitare con valori etici la monotonia ormai incomprensibile di tanti gesti quotidiani. Tutto questo naturalmente convive con i compromessi, le vigliaccherie, le tentazioni e gli opportunismi.

Eppure noi di Cuori allo Specchio, nella possibilità di crescita dell’essere umano un po’ ci crediamo ancora. Questo libro è il resoconto parziale del viaggio compiuto in dieci anni. Per non farlo diventare uno zibaldone, ho ristretto il campo alle lettere che raccontano la relazione fra un uomo e una donna. E ho ridotto al minimo le storie strampalate o eccezionali, preferendo sviluppare quelle in cui si potesse riconoscere la maggioranza dei lettori. Ne è venuto fuori una specie di Manifesto delle Persone Normali, che poi tanto normali non sono, dal momento che sanno mettersi in discussione con un linguaggio scorrevole e chiaro. Troverete storie di tutti i colori e di tutte le età. Il mio consiglio è di non saltare quelle che vi sembrano più lontane dalla vostra esperienza personale: spesso è proprio lì che si nasconde lo spiraglio che può illuminare un lato oscuro di voi stessi. A me, almeno, è successo così. Non so spiegarvene la ragione. Ed è questa, in fondo, la cosa più importante che ho imparato a forza di specchiarmi nei cuori degli altri: l’amore non ha un perché, l’amore è il perché.

Massimo Gramellini

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