Intervista a Marco Vichi autore di Perché dollari? ISBN:8882465721

Perché dollari? è il nuovo libro di Marco Vichi, uno degli autori più interessanti del panorama giallistico nostrano. Le quattro storie che lo compongono ritraggono un’umanità multiforme e complessa, che si muove in un arco di tempo piuttosto ampio: dal 1957 – anno in cui è ambientato il racconto d’apertura che dà anche il titolo alla raccolta – al 1994. A fare da sfondo agli eventi narrati è come sempre la Toscana, di cui Vichi sa cogliere con maestria le sfumature noir e gli angoli più segreti. Nel racconto più lungo Vichi propone ai suoi lettori un’altra indagine del commissario Bordelli, il personaggio più celebre creato dalla sua penna, che darà un’ulteriore prova della sua libera e personalissima interpretazione del ruolo di poliziotto. Gli altri protagonisti sono: un libraio vittima delle persecuzioni fasciste, un impiegato serio e impeccabile che sprofonda nei gorghi infidi di una giustizia ingiusta, e un agente in borghese impegnato in un’operazione di polizia più difficile del previsto. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande allo scrittore fiorentino.

D. Perché dollari? segna per certi versi un ritorno alle origini: prima di raggiungere successo e popolarità con i romanzi incentrati sul commissario Bordelli, Lei aveva pubblicato infatti diversi racconti in varie riviste. Qual è il suo rapporto con la narrativa breve?

R. Un rapporto ottimo, direi. Ho sempre scritto racconti, è una misura di cui ho bisogno. A volte nascono da soli, come i funghi. Altre volte escono fuori dai residui di un romanzo. Ma sono molto diversi dal romanzo. Il racconto gira tutto intorno a una sola cosa, ogni parola concorre a spingere la storia verso la sua conclusione. Ho bisogno di tutte e due le “lunghezze”, romanzo e racconto.

D. Esistono differenze rilevanti tra il Vichi romanziere e il Vichi autore di racconti? Quali novità devono aspettarsi da questo libro i lettori che amano i romanzi di Bordelli?

R. Mi auguro soprattutto che chi leggerà questi racconti si emozioni, e credo che in sostanza il modo di scrivere sia lo stesso dei romanzi. Lo “sguardo” è sempre quello, anche se ovviamente possono esserci differenze di tono legate all’argomento. Ma differenze profonde non le avverto. Sono molto affezionato a questi racconti, li sento ancora miei. Non li ho rinnegati, come a volte accade.

D. Il racconto che apre Perché dollari? è l’unico ad avere per protagonista il suo popolare commissario. In quale punto del processo creativo si è reso conto che la forma narrativa più adeguata per narrare quel tipo di storia non era il romanzo ma il racconto? Si stabilisce subito o in corso d’opera?

R. Di solito lo scopro strada facendo, così come il percorso della storia e i personaggi. Scrivo in modo istintivo, rincorrendo la storia e fidandomi di lei, di quello che mi racconterà. Per me scrivere è una scoperta, e forse la mia sorpresa passa anche a chi legge. Sembra strano da dire, ma scrivendo non ho mai avuto la sensazione di “creare” qualcosa; anzi mi sento una specie di archeologo che disseppellisce storie sempre esistite.

D. La storia che mi ha colpito maggiormente per intensità e drammaticità è Reparto Macelleria che fa rivivere gli orrori e le nefandezze del nazifascismo. Nei ringraziamenti finali Lei dichiara di avere un debito di riconoscenza per Luciano Bolis, la cui opera è stata una preziosa fonte di ispirazione per il racconto. Dal momento che lamenta l’indifferenza e l’oblio che circonda la figura di Bolis, vuole parlarci in breve di lui? Da che cosa nasce il suo senso di gratitudine?

R. Il libro di Luciano Bolis, Il mio granello di sabbia, ha praticamente salvato quel racconto, che da un anno avevo abbandonato a metà. Mi piaceva, ma non riuscivo a finirlo. Mi mancava uno scenario, che non sapevo raccontare per mancanza di conoscenza. Poi lessi quel libro di Bolis, e in due ore riuscii a finire Reparto macelleria. Ho saccheggiato quelle pagine, ma la spinta a farlo veniva dalla grande ammirazione per l’autore, che fra l’altro fu uno dei primi europeisti italiani. Ho sempre pensato che se un giorno avessi pubblicato quel racconto, non avrei potuto fare a meno di ringraziare Luciano Bolis per quel bellissimo e terribile libro che ci ha regalato.

D. Il racconto Il portafogli ha quasi un sapore kafkiano: il malcapitato protagonista si trova al centro di una clamorosa persecuzione, frutto di equivoci e situazioni paradossali. Com’è nata l’idea?

R. L’idea mi è venuta per una notizia del telegiornale, in realtà del tutto diversa dal racconto. Un ricercato (per reati politici) aveva trovato un portafogli per strada, era andato dai carabinieri per consegnarlo a loro, qualcuno lo aveva riconosciuto e lo avevano arrestato. Quella notizia mi colpì, e mi venne subito in mente di scrivere un racconto e di partire da quel portafogli trovato per strada. Sentivo che da qualche parte c’era una storia da raccontare che partiva da quell’avvenimento. Il resto è venuto da sé. E naturalmente da Bartleby, lo scrivano di Melville. Gli scrittori sono dei veri avvoltoi, si cibano di tutto, anche di libri.

D. Quali sono i suoi progetti futuri? Può offrirci qualche anticipazione?

R. Dovrebbe uscire un romanzo breve nel 2006. Lo sto correggendo, e devo dire che mi diverto. Questo è un buon segno. Anticipazioni preferirei non farne, vorrei che fosse una sorpresa. E che Dio me la mandi buona.

Intervista a cura di Marco Marangon

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