“Non abbiamo mai perso l’idea che l’editoria sia una pratica artistica che coinvolge un gran numero di attori, dalla cui interazione nascono due cose fondamentali: il libro e il catalogo della casa editrice”. Giovanna Zoboli e Paolo Canton raccontano a ilLibraio.it il progetto Topipittori: “Ai bambini piacciono le storie, ne hanno bisogno. Ed evidentemente questa fame di storie non riesce a essere soddisfatta in altri contesti: con i tablet e i computer si gioca, davanti alla televisione si assiste a spettacoli, ma le storie, quelle avvincenti e coinvolgenti, abitano ancora quasi esclusivamente nei libri”

La milanese Topipittori dal 2004 è una realtà editoriale molto stimata nel campo dei libri illustrati per bambini e per ragazzi. Per approfondire il mondo di questa interessante realtà editoriale, ilLibraio.it ha intervistato Giovanna Zoboli (editore e direttore artistico) e Paolo Canton (editore).

Come è nato il progetto Topipittori ?
“È nato da una comune passione e da un’occasione. Sia io sia Paolo Canton, i fondatori della casa editrice, siamo sempre stati appassionati e amanti dei libri, anche se in forme e modi molto diversi. In particolare, entrambi abbiamo sempre amato i libri con le figure, la coesistenza nello stesso supporto di espressioni verbali e grafiche, l’interazione fra parola e immagine. L’occasione è stata creata da una serie di lavori sviluppati per i clienti dello studio di comunicazione che avevamo fondato insieme, nel 1997, grazie ai quali siamo entrati in contatto con alcuni illustratori. A quel punto, il desiderio di fare libri con le figure ha preso il sopravvento: per entrambi è stato il riconoscersi completamente in una forma di libro. Da quel momento, tutto è accaduto in stato di necessità: non avremmo potuto farne a meno”.

In quanti lavorano al progetto della casa editrice?
“Oggi in casa editrice lavorano quattro persone: oltre a me e Paolo, Lisa Topi che si occupa della vendita dei diritti all’estero (funzione importantissima per una casa editrice a fortissima vocazione internazionale) e dei rapporti con la stampa, e Anna Martinucci, grafica e redattrice, che pur mantenendo uno status da libera professionista e una molteplicità di clienti, dedica molto tempo alla casa editrice”.

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In che cosa differisce un “picture book” da una pubblicazione che prevede tavole al suo interno? Quale “picture book” del vostro catalogo ritenete particolarmente esemplare per un lettore inesperto che volesse avvicinarsi alla vostra realtà?
“C’è una definizione perfetta che dà Maurice Sendak per questo genere di libro: ‘Quello che le parole tacciono, lo dice l’immagine. Quello che tacciono le immagini, lo dice la parola’. Che in sintesi significa che la narrazione in questi libri si costruisce attraverso l’interazione fra codice visivo e verbale. Una funzione determinante spetta quindi al lettore: è lui che deve articolare questa relazione, costruirla e intenderla per cogliere il senso e il procedere del racconto. Per me, fra i miei libri, rimane esemplare di questo rapporto Di notte sulla strada di casa. Il mio testo consiste unicamente in una serie di domande rivolte da un bambino ai genitori a proposito della notte e dei suoi misteri (ma né l’uno né gli altri si vedono mai nelle immagini). Il lettore, nelle immagini realizzate da Guido Scarabottolo, osserva la notte attraverso il punto di vista del bambino che sta guardando la città attraverso i finestrini dell’auto sulla quale viaggia, seduto sul sedile posteriore. Questo libro è ellittico e richiede ai lettori di formulare continue ipotesi a partire dal rapporto che si stabilisce fra testo e immagine”.

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“Scrivere è divertente, un divertimento che riguarda proprio il fare della professione, collegato anche all’intero processo produttivo editoriale: cioè redazione, impaginazione, stampa”. Nel corso di questi anni, come è cambiato (se è cambiato) il vostro rapporto con la professione editoriale?
“Non abbiamo mai perso l’idea che l’editoria sia una pratica artistica che coinvolge un gran numero di attori, dalla cui interazione nascono due cose fondamentali: il libro e il catalogo della casa editrice. Questo significa che consideriamo il nostro fare un atto creativo, sia nelle sue manifestazioni singole (i libri) sia nel suo complesso (il catalogo). Con questo non intendiamo esaltare la professione dell’editore e fare dell’editore la figura autoriale dominante nel processo produttivo della casa editrice, ma sottolineare come non sia possibile fare bene questo mestiere se non attraverso una visione – verrebbe da dire ‘olistica’ – del libro come organismo articolato e complesso. E come sempre accade, dalla biologia alla sociologia, osservare e interagire con organismi complessi è sommamente divertente”.

Sul sito leggiamo che “l’illustratore sa benissimo di costruire attraverso qualcosa che è altro da sé, cioè con la materia – colore, pennelli, carta – e a questa materia tributa un interesse appassionato”. Trovate che la fortuna della grafica digitale metta a repentaglio questo rapporto privilegiato tra artista e strumenti di disegno?
“In primo luogo bisognerebbe stabilire se davvero la fortuna attuale della grafica digitale sia così pervasiva. Nella nostra esperienza, questo non è vero. Sono ancora la maggioranza gli illustratori che ricorrono a tecniche e strumenti tradizionali, e molti altri ricorrono a tecniche ‘miste’: sfruttano, cioè, le tecnologie digitali per alcune fasi esecutive, di solito ripetitive, o per fare interventi correttivi su immagini elaborate tradizionalmente. In secondo luogo, siamo convinti che non sia lo strumento a fare la qualità del lavoro creativo, ma lo sguardo di chi utilizza lo strumento. Di conseguenza, non crediamo che gli strumenti digitali mettano a repentaglio alcunché”.

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Sempre sul vostro sito, quando parlate di voi e della vostra casa editrice, raccontate di ricevere moltissime proposte di manoscritti, che solo raramente rispondono alle vostre esigenze. Pur nel rispetto dell’eterogeneità dei vari libri in catalogo, veri e propri unicum, come sanno i vostri lettori, quali requisiti fondamentali deve avere un manoscritto?
“I nostri lettori dovrebbero sapere quali requisiti dovrebbe avere un manoscritto da inviarci sulla base della conoscenza, anche minima, del nostro lavoro e del nostro catalogo. Molti invece ci inviano materiali che non rispondono in alcun modo alle nostre necessità, dai quali si evince che non sanno nulla della nostra casa editrice. Semplicemente, molte persone pensano che per inviare una proposta è sufficiente sapere che la stai indirizzando a editore. Il sottotesto è che una casa editrice vale l’altra, basta che pubblichi il tuo libro. Pessimo biglietto da visita. Se chi desidera entrare in questo mondo come autore non ha la curiosità e la costanza per approfondire la conoscenza delle case editrici a cui intende spedire il proprio lavoro, vuol dire che la sua motivazione è debole, e insufficiente a realizzare un lavoro dignitoso”.

Quanto peso affidate al testo e quanto alle immagini nei libri del vostro catalogo? C’è un’età minima per iniziare a sfogliarli?
“Quella fra testo e immagini, almeno nelle nostre intenzioni, non è una giustapposizione, ma, come spiegavo prima, una coesistenza: sono due strumenti che interagiscono per raccontare una storia e contribuire alla ricerca di senso, ciascuno sfruttando le proprie peculiarità e dicendo cose che l’altro codice non sa o non può dire con la stessa precisione e accuratezza. Se, da una parte, la capacità di comprendere autonomamente il testo scritto determina una soglia di accesso alla lettura di qualsiasi libro (quindi anche dei nostri), dall’altra bisogna sempre ricordare che la fruizione dei nostri libri – come accade per tutti i libri destinati all’infanzia – avviene anche, se non soprattutto, attraverso l’interazione di adulto e bambino. Molto spesso, l’adulto aiuta il bambino a decrittare il testo che questi non sa ancora leggere, mentre il bambino aiuta l’adulto a leggere le immagini che questi ha dimenticato di saper leggere e interpretare”.

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Visto il vostro catalogo ricchissimo, vi immaginiamo sempre all’opera. Avete in mente qualcosa di nuovo, che ci potete anticipare?
“In effetti, la nostra attività, anche dato il numero esiguo di persone che lavorano in casa editrice è decisamente frenetica, anche se non è dedicata interamente ai processi creativi e alle relative strategie. Abbiamo appena lanciato una collana di divulgazione scientifica (PiNO: Piccoli Naturalisti Osservatori), per la quale sono usciti i primi due volumi che hanno trovato un’ottima accoglienza presso il pubblico e i librai. Ora stiamo pianificando I Minitopi: una collana di libri economici che proporrà ristampe a piccolo prezzo di alcuni dei libri che sono piaciuti di più al pubblico. Avranno lo stesso formato e la stessa qualità che caratterizza i nostri libri, ma, grazie ad alcuni accorgimenti produttivi e tecnici, avranno un prezzo più accessibile”.

Cosa pensate dei libri per bambini e ragazzi in ebook? Ha senso, secondo voi, la trasposizione in digitale di un libro illustrato? O ritenete che ci siano altri formati elettronici più adatti alla necessaria interazione dei bambini con i libri?
“Siamo convinti che il libro, soprattutto quello illustrato, sia destinato a rimanere tale e che le nuove tecnologie troveranno nuovi modi per raccontare storie. Cinquecento anni fa, il libro a stampa ha impiegato un secolo per affrancarsi dalle logiche, dai mercati, dall’estetica e dai contenuti del manoscritto, che ha pedissequamente imitato nei suoi primi cinquant’anni di vita. Pensiamo che le nuove tecnologie digitali abbandoneranno l’imitazione della forma libro e troveranno un modo per esprimere al meglio le proprie potenzialità. Quale sia questo modo, non sappiamo. Ma siamo sicuri che ci sia. Più che un’opposizione, crediamo ci sarà in futuro una pacifica convivenza fra i due strumenti”.

Quello dei libri per bambini e ragazzi è il settore dell’editoria che cresce di più. E non solo in Italia. Perché, secondo voi? Questa tendenza è destinata a proseguire?
“Perché ai bambini piacciono le storie, ne hanno bisogno. Ed evidentemente questa fame di storie non riesce a essere soddisfatta in altri contesti: con i tablet e i computer si gioca, davanti alla televisione si assiste a spettacoli, ma le storie, quelle avvincenti e coinvolgenti, abitano ancora quasi esclusivamente nei libri. Forse la ragione del successo dell’editoria per ragazzi è che la gente ha smesso di raccontare storie intorno al tavolo, davanti al fuoco e che, perciò, la fame di storie dei bambini e dei ragazzi trova ancor più che in passato una risposta nel libro. Che la tendenza si confermi e si rafforzi è un auspicio, ma la nostra capacità di previsione non è particolarmente affidabile. Speriamo”.

Avete due blog, “topipittori”, attivo dal 2010, e il più recente “topilettori”: in che cosa differiscono nella comunicazione e a chi si indirizzano?
“Il blog Topipittori nasce con l’idea di raccontare il lavoro culturale rivolto specificamente ai bambini e ai ragazzi, sia il nostro sia quello di altri attori. Per questo il blog non è incentrato esclusivamente su di noi, ma su quanto accade in moltissimi altri ambiti (scuola, teatro, cinema, arte, biblioteche, musei, scienza, fumetto, grafica…), e ospita una varietà di voci di persone che operano nei campi più diversi: genitori, insegnanti, illustratori, grafici, librai, bibliotecari, atelieristi, scrittori, psicoterapeuti… Crediamo che il successo del blog, che esce con tre post alla settimana e conta oltre 40mila visite mensili, dipenda proprio da questo sguardo allargato. Ci interessa in particolar modo fare conoscere realtà interessanti, di grande qualità, che nascono in ogni angolo del nostro Paese e meritano di essere conosciute. Il blog Topilettori, invece, è esclusivamente incentrato sul nostro catalogo; settimanalmente propone una scheda libro che pubblica una recensione particolarmente interessante uscita sul volume proposto. È un modo per continuare a ricordare a chi ci segue che in 13 anni di vita editoriale Topipittori ha creato un catalogo che merita di essere esplorato, senza fermarsi alle sole novità”.

 In Italia sono numerose le piccole case editrici per bambini: ci indicate qualche esempio interessante, che merita attenzione?
“Nell’ultimo decennio sono nate diverse realtà editoriali dedicate in particolare all’albo illustrato, o che hanno cominciato a dedicarsi agli albi. Ci pare che per coerenza e qualità di risultati Terre di mezzo, Minibombo e Uovo nero siano fra quelle che meritano più attenzione. Poi ci sono le storiche, come Babalibri, Orecchio Acerbo, Corraini per dirne tre, ma queste sono già conosciutissime”.

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