Come si forma in italiano un avverbio a partire da un aggettivo? E a partire invece da due o più parti del discorso? Una sintetica guida che ne analizza le tipologie e spiega la maniera corretta secondo cui procedere, così da imparare a destreggiarsi in ogni situazione…

Gli avverbi in italiano rappresentano una parte invariabile del discorso che viene utilizzata per modificare o determinare meglio il significato di un verbo, di un aggettivo o di un altro avverbio.

Com’è noto, a seconda della loro funzione, è possibile distinguere fra avverbi di luogo, di tempo, di modo, di quantità e di modalità (questi ultimi indicanti un’affermazione, una negazione, un dubbio o un giudizio).

Ma come si formano gli avverbi in italiano, e come evitare di confondersi?

In questo articolo ne analizziamo ogni tipologia e capiamo insieme la maniera corretta secondo cui procedere, in particolare per gli avverbi che finiscono in -mente.

Dettaglio di una mano che scrive a penna su un quaderno

Avverbi semplici

Partiamo dalla categoria più immediata: quella degli avverbi semplici, ossia di tutti quegli avverbi che non derivano da altre parole e che sono costituiti da un solo termine, come per esempio quasi, subito, o .

Nel loro caso, la formazione non è legata a nessuna regola specifica, ma bisogna tenere presente che di questo gruppo fanno parte anche i cosiddetti avverbi alterati, cioè gli avverbi a cui si aggiunge un suffisso accrescitivo, diminutivo, vezzeggiativo o dispregiativo per specificarne la connotazione: bene diventerà allora benino, male si trasformerà in maluccio, e così via.

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Avverbi composti

Come già si intuisce dalla loro definizione, gli avverbi composti, a differenza di quelli semplici, sono caratterizzati dall’unione di almeno due parole (e talvolta di più) a crearne una sola. Si tratta di lemmi quali inoltre, dappertutto, chissà o tuttora, in passato scritti separatamente e che, con il passare del tempo, sono arrivati all’univerbazione.

Nel loro caso, la formazione coincide quindi con la fusione di diverse parti del discorso nella stessa voce, spesso con il raddoppiamento di una consonante per ragioni eufoniche (da-pper-tutto) o, più raramente, con l’aggiunta di un accento sull’ultima sillaba (vd. chi-ssà, derivato da chi sa).

Locuzioni avverbiali

Da non confondere con gli avverbi composti, le locuzioni avverbiali consistono a propria volta nell’unione di almeno due parole (o più di due), che però rimangono separate fra di loro. Lo possiamo riscontrare in passo passo, alla lettera, d’ora in poi o da lontano, tutti gruppi di termini che vanno considerati come un solo sintagma a livello di analisi grammaticale.

Nel loro caso, di conseguenza, la formazione è identica a quella degli avverbi composti, anche se qui non assistiamo a nessuna variazione ortografica: al massimo, ciò che si può osservare è la ripetizione di un lemma per creare la locuzione corrispondente, come accade con il già citato passo passo, o con così così e piano piano.

Avverbi derivati

Arriviamo infine alla categoria degli avverbi derivati, la più complessa e con il maggior numero di eccezioni.

È quella che prevede la trasformazione di un aggettivo, nome o verbo in un avverbio attraverso il ricorso a un suffisso – basti pensare a veramente, gattoni o a tentoni, derivati per l’appunto rispettivamente da vero, gatto e tentare.

Nel loro caso, la formazione consiste nell’aggiunta del suffisso -oni quando siamo davanti a un nome o a un verbo (come per gattoni e a tentoni), oppure del suffisso -mente se ci troviamo di fronte a un aggettivo (vero -> veramente).

Forse non tutti sanno che -mente deriva dal sostantivo latino mens, mentis, traducibile come mente, spirito, intelligenza, e che per gli antichi Romani era di genere femminile. Da ciò si capisce come mai gli avverbi in -mente si creano (tranne rare eccezioni) a partire dal femminile singolare dell’aggettivo corrispondente: certa-mente, lenta-mente, tenera-mente sono infatti evoluzioni dell’equivalente ablativo certa mente, lenta mente e tenera mente, che in italiano significherebbero con attitudine certa, lenta, e tenera.

A partire dagli aggettivi si può formare inoltre l’avverbio del superlativo (certissimamente, lentissimamente, etc), sempre basandosi sul femminile singolare, mentre va ricordato che, se gli aggettivi terminano in –le, –re, –lo o –ro e sono preceduti da una vocale, perderanno l’ultima lettera prima di trasformarsi in avverbi: da facile si avrà dunque facil-mente, da singolare si otterrà singolar-mente, da benevolo avremo benevol-mente e da leggero infine legger-mente.