Abbiamo chiesto a Massimo Birattari di fare un po’ d’ordine attorno al modo condizionale, e di mettere a fuoco (attraverso alcuni esempi) i dubbi più comuni che riguardano il suo uso…

Avrete visto di sicuro un meme simile. In effetti, l’idea che il se seguito da un verbo al condizionale sia, tra i tanti modi di maltrattare la grammatica, uno dei più imperdonabili è parecchio diffusa. Talmente diffusa da generare errori, visto che non è affatto detto che “se avrei” sia sempre sbagliato.
Per chiarirsi le idee conviene dunque fare un po’ d’ordine attorno al modo condizionale, e mettere a fuoco i dubbi più comuni che riguardano il suo uso.

condizionale

Il significato e l’uso del condizionale

Il condizionale – lo dice la parola stessa – è il modo della realtà condizionata: una cosa andrebbe in un certo modo in presenza di determinate condizioni. Per questa ragione, in molti suoi usi (non in tutti) il condizionale implica la presenza di un se, espresso o sottinteso; quando il se è espresso, ci troviamo di fronte a un periodo ipotetico:

Se la mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola.

Nel periodo ipotetico, la frase principale va al condizionale, mentre la dipendente retta da se richiede il congiuntivo (anche se – maledetta nomenclatura – si chiama “frase condizionale”). In questo contesto, il condizionale nella frase col se (“se la mia nonna *avrebbe le ruote”) è davvero un errore imperdonabile.

Però il condizionale ha anche altri usi e significati:

  • Vorrei l’ultimo romanzo di Antonio Manzini”
    “Ai ragazzi di prima media farei leggere La storia infinita di Michael Ende.”
    Qui, vorrei e proporrei sono condizionali di cortesia o di modestia: attenuano espressioni che al presente indicativo sembrerebbero sgarbate o servono a presentare proposte più come ipotesi che come atti di volontà.
  • “Secondo alcuni testimoni, il funzionario avrebbe richiesto una tangente.”
    Qui il condizionale serve a prendere le distanze (e a evitare querele): presenta un fatto come non ancora provato, ed è molto usato dai giornalisti.
  • “Nel 1962, il presidente Kennedy disse che gli americani sarebbero andati sulla Luna entro la fine del decennio.”
    In una frase dipendente, il condizionale serve a esprimere il futuro nel passato. Osservate queste trasformazioni:

(presente) Non so                   se arriveremo in tempo (futuro)

(passato) Non sapevo            se saremmo arrivati in tempo (futuro nel passato)

Proprio quest’ultimo esempio mostra che anche la congiunzione se non ha un unico significato: può introdurre la frase condizionale nel periodo ipotetico, ma anche un’interrogativa indiretta. E proprio nelle interrogative indirette troviamo dei regolarissimi se + condizionale:

(interrogativa diretta)

Verrai in vacanza con me?

(interrogativa indiretta con futuro nel passato)

Mi domandavo se saresti venuta in vacanza con me.

(interrogativa diretta già al condizionale)

Avrei voglia di uscire con uno che non sa usare il condizionale?

(interrogativa indiretta che mantiene il condizionale)

Mi domando se avrei voglia di uscire con uno che non sa usare il condizionale.

In una frase come questa, il famigerato “se avrei” non solo è giusto, ma è anche l’unico modo per trasmettere quel significato.

Altri dubbi

Come abbiamo visto, il condizionale in una frase principale di solito richiede il congiuntivo imperfetto o trapassato nella dipendente:

(presente) Partirei anche subito        se non dovessi finire un lavoro.

(passato) Sarei partito prima            se non avessi dovuto finire un lavoro.

Ma quello che vale nel periodo ipotetico non vale in assoluto. Un condizionale di cortesia, per esempio, ha il valore di un presente indicativo, e si comporta allo stesso modo:

Non direi che abbia ragione (adesso).

Non direi che avesse ragione (nel passato).

Con i condizionali di verbi di volontà come volere o preferire, invece, il verbo della dipendente che esprime un’azione presente o futura va di norma al congiuntivo imperfetto:

Vorrei che arrivassero puntuali.

Preferirei che chiudessero la porta.

Se però qualcuno dicesse o scrivesse “vorrei che arrivino” o “preferirei che chiudano”, siate indulgenti. Anche Alberto Moravia ha usato il congiuntivo presente: “l’immagine di strenuo contestatore che vorrei che Silvia abbia di me”.

In generale, è giusto fare di tutto per stare alla larga dagli strafalcioni, però non esageriamo con l’indignazione grammaticale. Leggete, a proposito di condizionali, uno splendido elogio dello strafalcione contenuto in una lettera che lo scrittore Piero Chiara aveva spedito a Indro Montanelli e che il giornalista-linguista Luciano Satta avrebbe poi pubblicato nel suo libro Matita rossa e blu (sottotitolo: Lo stato della lingua italiana nell’esame spietato ma scherzoso compiuto su 110 scrittori contemporanei, Bompiani 1989):

“Un importante funzionario statale, amato da tutti al mio paese, era stato collocato a riposo. I suoi estimatori gli offrirono un pranzo a cui parteciparono in più di cento. Mentre, a banchetto finito, un oratore si accingeva a tenere il discorso ufficiale, si alzò un vecchio commerciante pugliese famoso per le sue uscite e disse: ‘Permettetemi poche parole: se tutta Luino avrebbe saputo, tutta Luino avesse venuto’. Seguì un applauso che indusse l’oratore ufficiale a star zitto. La forza di quella frase aveva travolto i commensali e anche i verbi essere e avere. Se la frase fosse stata corretta non avrebbe colpito nessuno. Così come fu enunciata, si ricorda ancora oggi dopo cinquant’anni”.

 

L’AUTORE – Massimo Birattari, consulente editoriale, traduttore, autore, ha pubblicato numerosi libri su scrittura, lettura, grammatica e italiano, oltre a romanzi per ragazzi. Il suo ultimo libro è Grammatica per cani e porci (Ponte alle Grazie). Il suo blog è www.grammaland.it.

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