Ecco una guida alle figure retoriche, in cui trovare tutti gli approfondimenti dedicati a ognuna, con spiegazioni del funzionamento, esempi in diversi ambiti e differenze con figure retoriche simili. Dall’ossimoro alla metonimia, dalla sinestesia alla metafora, ecco cosa sono le figure retoriche, perché si usano, e come individuarle durante l’analisi del testo:

Fin dal periodo scolastico, chi si trova di fronte ai testi poetici (ma anche di prosa) è posto di fronte ad attività come parafrasi e analisi del testo, per le quali diventa utile l’abilità di riconoscere e distinguere le figure retoriche. Questi strumenti linguistici inoltre compaiono spesso anche nella sfera colloquiale e quotidiana, e quindi non è scorretto dire che appartengano anche alla sfera del parlato.

Ma cosa sono esattamente le figure retoriche?

Le figure retoriche sono parole, espressioni o frasi che creano un livello di significato ulteriore rispetto a quello letterale. Le ragioni del loro utilizzo possono essere molte: per esempio far sviluppare un’emozione nel lettore, dare enfasi a un concetto, comunicare un’idea in modo più diretto, oppure rendere efficace un concetto astratto.

Si incontrano soprattutto quando ci si occupa di analizzare le poesie, ma le figure retoriche vengono utilizzate frequentemente anche nella prosa, dagli articoli di giornale ai romanzi, così come nella pubblicità e nella musica, e vengono utilizzate anche nel linguaggio parlato e scritto di tutti i giorni, spesso senza che neanche ci si faccia caso.

Sebbene le figure retoriche si possano rintracciare in ogni tipo di scrittura e non solo, in ogni ambito ci sono figure più utilizzate di altre: la metafora e la similitudine per esempio sono tra le più trasversalmente comuni, il chiasmo è presente soprattutto in poesia,  l’iperbole nel parlato, l’antonomasia nel linguaggio giornalistico.

La complessità che si può rintracciare nelle figure retoriche non è tanto quella del loro funzionamento, che una volta compreso il meccanismo della singola figura retorica diventa relativamente semplice da individuare, ma il fatto che ne esistano tantissime: secondo le studiose e gli studiosi che se ne occupano e che sono capaci di distinguerle anche nelle loro sfumature più sfuggenti se ne conterebbero sull’ordine delle centinaia.

Questa grande varietà in fatto di classificazione è anche dovuta al fatto che alcune figure retoriche sono molto simili tra loro e differiscono in pochi dettagli, cosa che rende più difficile la loro corretta individuazione durante l’analisi di un testo.

In quest’articolo, in costante aggiornamento, raccogliamo gli approfondimenti che man mano dedichiamo alle singole figure retoriche, per costruirne una guida all’utilizzo, ma anche una fonte di spunti per chi è curioso delle meraviglie del linguaggio. Nella loro varietà le figure retoriche possono essere classificate in modi diversi; in questo elenco sono classificate in base al loro funzionamento.

Infine, una volta approfonditi i significati e i meccanismi delle figure retoriche, consigliamo di mettersi alla prova con il nostro quiz dedicato proprio a questo tema!

Figure retoriche di suono

Le figure retoriche di suono, come indica il nome stesso della categoria, sono strumenti che conferiscono un significato ulteriore o un valore estetico aggiunto tramite la loro fonetica. Pensiamo per esempio all’effetto particolare dato dall’accostare parole ricche delle stesse lettere, o parole dal suono simile. Non a caso tra le figure di suono più comuni ci sono sicuramente le rime; eccone altre che fanno parte di questa categoria:

Paronomasia

La paronomasia prevede l’accostamento di due parole con un suono molto simile (spesso perché condividono la stessa radice) ma che non necessariamente condividono la stessa sfera di significato. La paronomasia è spesso usata nei modi di dire e negli scioglilingua, oltre che nella poesia. Eccone il funzionamento e degli esempi di utilizzo:

Onomatopea

L’onomatopea è una delle figure retoriche più semplici da individuare, perché si impara a conoscere già durante l’infanzia per via del vasto utilizzo nella letteratura e nella poesia (ma anche nei giochi) rivolte a bambine e bambini. L’onomatopea, in sostanza, è l’utilizzo di parole che richiamano suoni naturali (come i versi degli animali, ma non soltanto):

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Figure retoriche di significato

Le figure retoriche di significato possono essere presentate con diversi nomi: figure semantiche, di contenuto, di senso, e si tratta di strumenti linguistici che al posto di lavorare sul suono si basano appunto sulla variazione del significato delle parole utilizzate. Eccone alcuni esempi:

Ossimoro

L’ossimoro è una figura retorica molto diffusa in cui si accostano due parole o due concetti dal significato opposto, ed è proprio questo contrasto a conferirgli una grande forza evocativa. Durante un’analisi del testo bisogna fare attenzione però a coglierne le differenze con l’antitesi, ecco come:

Metonimia

La metonimia è una figura retorica in cui il significato di una parola viene trasferito a un’altra. Le due parole tra cui avviene questo trasferimento devono essere legate da un rapporto logico, che può essere di diverso tipo, come per esempio causa/effetto o contenente/contenuto. Ecco un approfondimento sul meccanismo e su diversi esempi rintracciabili in ambito letterario e non solo:

Eufemismo

L’eufemismo è una di quelle figure retoriche di cui è utilizzato sia il funzionamento sia il nome, soprattutto nel linguaggio parlato, e si usa quando capita di voler attenuare il significato di un concetto, o di esprimere che ciò che si sta dicendo ha in realtà una dimensione più amplificata. Ecco di cosa si tratta:

Metafora

La metafora è probabilmente una delle figure retoriche più utilizzate sia nell’ambito della poesia che della letteratura, e forse anche per questo è tra le più semplici da individuare (una volta compresa la differenza con la similitudine). Eccone molti esempi sia in ambito letterario sia nel linguaggio di tutti i giorni:

Antonomasia

Capita spesso, nel linguaggio parlato, di usare l’espressione “per antonomasia“. Si tratta di un modo per dichiarare l’utilizzo di una figura retorica che può funzionare in due direzioni opposte, e cioè dal particolare al generale e viceversa. Il suo utilizzo prevede l’applicazione di uno schema in cui si evidenzia l’esemplarità di un elemento nel suo contesto. Ecco un approfondimento per capire come utilizzarla:

Iperbole

L’iperbole è una strategia stilistica estremamente diffusa, in cui attraverso l’utilizzo di un’esagerazione (che è evidente agli occhi del lettore per il suo essere inverosimile), si cerca di comunicare un senso più profondo di quanto si riuscirebbe attraverso un utilizzo letterale delle parole. Eccone degli esempi:

Sinestesia

La sinestesia è una figura retorica legata alla nostra percezione, e nello specifico ai cinque sensi. Si tratta infatti di uno schema in cui si associano tra di loro delle parole legate a delle sfere sensoriali differenti, come per esempio tatto e gusto, oppure vista e olfatto. Ecco un approfondimento dedicato alla sinestesia:

 

Figure retoriche di costruzione

Le figure retoriche di costruzione, anche chiamate figure di sintassi (o di ordine, o di posizione), sono strumenti stilistici che tramite una variazione del normale ordine in cui vengono costruite le frasi creano una particolare enfasi. Eccone alcuni esempi:

Chiasmo

Il chiasmo è una figura retorica ricca di storia, perché, tra le altre cose, è riconoscibile nell’iconografia classica greca, e non solo: il suo significato è infatti così centrale da comparire in moltissime discipline (si può in un certo senso tradurre con la parola “incrocio”). Ecco un approfondimento sul suo utilizzo, in ambito letterario e non:

Anacoluto

Può un errore di sintassi diventare una figura retorica, e cioè uno strumento dotato di una sua bellezza stilistica? Ciò è possibile, e succede con l’anacoluto, in cui non c’è accordo grammaticale, in genere tra soggetto e verbo ma a volte anche tra altre parti della frase. L’anacoluto inoltre ha la caratteristica di presentarsi in abbondanza non solo in letteratura, ma anche nei proverbi. Eccone alcuni esempi:

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