La sinestesia è una figura retorica di significato molto utilizzata sia in campo letterario sia artistico, oltre a essere una condizione psicologica che si dice essere stata alla base del talento creativo di artisti del calibro di Kandinskij e Mozart. Ma qual è la definizione di sinestesia? Ecco il suo significato e alcuni esempi tratti dalla lingua di tutti i giorni e dalla letteratura italiana del passato

Sinestesia: il significato

La parola sinestesia può indicare concetti diversi: quando se ne parla in ambito letterario indica una figura retorica di significato, ma il termine viene anche utilizzato per esprimere un particolare tipo di esperienza mentale e sensoriale

L’etimologia della parola “sinestesia” risale al greco syn-aisthanestai, e in particolare dall’unione di syn, “insieme”, e aisthánomai, “percepisco”, termini già indicativi per la comprensione del suo significato.

La sinestesia infatti, quando è intesa come figura retorica, indica l’associazione di due parole che appartengono a sfere sensoriali diverse (frequentemente sostantivo e aggettivo). Per esempio, il sostantivo potrebbe riferirsi all’ambito dell’udito (voce) e l’aggettivo a quello del tatto (calda). Lo scarto tra i piani sensoriali non coincidenti dei due termini è la fonte dello straniamento percepito nel lettore, e quindi la forza alla base di questa figura retorica.

Attenzione però a non confondere la sinestesia con la metafora: per quanto la sinestesia applichi una logica assimilabile alla metafora, si tratta di una figura retorica più precisa e dalle caratteristiche uniche. In tutti i casi in cui non c’è un preciso legame con i cinque sensi, infatti, non si può parlare di sinestesia. 

La parola sinestesia indica anche un’esperienza plurisensoriale vissuta da una piccola percentuale di esseri umani. Questa li porta a percepire a livello intuitivo e involontario delle associazioni che legano dei colori a dei suoni, oppure degli odori a delle percezioni tattili, e così via. Sembrerebbe che molti artisti e intellettuali (tra cui Vasilij Kandinskij, Vladimir Nabokov, Wolfgang Amadeus Mozart e Paul Klee) fossero dei sinesteti, e che fosse proprio questa abilità ad aver dato origine alla loro creatività. 

Esempi di sinestesia

La tela Impression III di Vasilij Kandinskij

La tela Impression III (Concerto), dipinta da Vasilij Kandinskij dopo aver assistito a un concerto a Monaco nel 1911, è un esempio di sinestesia in campo artistico. Kandinskij ha infatti cercato di riprodurre visivamente le impressioni percepite durante il concerto, associando le sensazioni uditive a quelle visive.

Nonostante questa figura retorica sia molto utilizzata in campo artistico, non mancano sinestesie che con il tempo sono diventate comuni in lingua italiana, costituendo una parte del linguaggio di tutti i giorni. La loro espressività eloquente le ha infatti rese delle espressioni colloquiali, come per esempio colori caldi /colori freddi, voce ruvida /voce chiara, profumo dolce / musica dolce, sguardo silenzioso, luce calda / luce fredda

La sinestesia è anche una delle figure retoriche più utilizzate in letteratura, e in particolare in poesia. Largo uso ne hanno fatto, tra gli altri, i poeti simbolisti e i poeti ermetici, perché la sua natura ben si legava ai principi di questi movimenti artistici. Ecco alcuni celebri esempi di sinestesie utilizzate in letteratura italiana:

 

Chiare, fresche et dolci acque,

ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna 1;
gentil ramo 2 ove piacque
(con sospir’ mi rimembra
…”

(F. Petrarca, Chiare, fresche e dolci acque, Canzoniere)

“…
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ‘ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ‘l sol tace.
…”

(D. Alighieri, Canto I, Inferno)

 

“Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

…“

(G. Pascoli, Novembre, Myricae)

 

“E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
…”

(S. Quasimodo, Alle fronde dei salici, Giorno dopo giorno)

 


Illanguidiva la sera celeste sul mare:
Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale
Varcaron lentamente in un azzurreggiare:…”

(D. Campana, Viaggio a Montevideo, Canti Orfici)

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