Il romanzo di Miika Nousiainen, esponente dell’umorismo finnico, colpisce rischiando su un geniale parallelismo tra dentistica e affetti famigliari, prima di imbarcare il lettore in un’esplosiva avventura on the road…

Partire alla scoperta della propria esistenza può nascondere sorprese veramente grandi. E se si vive all’interno della surrealtà di un libro come Alla radice, è inevitabile venire a patti con l’assurdità della vita.

Il romanzo, edito Iperborea, è il primo tradotto in italiano (da Marcello Ganassini) di Miika Nousiainen, esponente dell’umorismo finnico, sulla scia del celebre Arto Paasilinna (1942-2018). È un libro che sin dalle prime pagine colpisce, rischiando su un geniale parallelismo tra dentistica e affetti famigliari, prima di imbarcare il lettore in un’esplosiva avventura on the road.

Miika Nousiainen

Pekka è un copywriter e la sua vita è allo sbaraglio. Non ha mai superato l’abbandono del padre, è reduce da un divorzio e in costante lotta per l’affidamento dei figli; soprattutto, è vittima di un insopportabile mal di denti. Sarà Esko, ligio dentista ossessionato dal suo lavoro, a riportarlo sulla giusta strada per una corretta igiene orale. Esko, cresciuto da freddi genitori adottivi, ha fatto dell’odontoiatria la sua filosofia di vita.

Uno scontro, quello tra i due, accomunati da quella che appare essere una semplice coincidenza: il loro cognome è Kirnuvaara. E in questo momento che il romanzo accelera in un viaggio caleidoscopico alla ricerca di un padre comune, che per loro non è mai esistito.

Un girovagare che attraversa la Svezia, esplora il sud-est asiatico e arriva fino all’Australia degli aborigeni. Un genitore che è una figura mitica, quasi un fantasma e una miriade di fratelli, sorelle e parenti mai conosciuti che entrano in gioco.

È una lettura dirompente, che assorbe il lettore in un turbinio di risate a denti stretti e che lo conduce in un ribaltamento del concetto di background culturale: gli esseri umani, a prescindere dall’etnia, possono essere una grande famiglia.

Alla radice scalda il cuore nella sua assurdità. È un’esaltazione all’interagire con ciò che si definisce “diverso”, a scardinare i luoghi comuni della terra da cui si proviene. Si legge in un soffio, intrattiene con destrezza e, complici i personaggi (mai caricaturali, per quanto sopra le righe), lascia il segno.

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