Riappropriandosi di parole, storie e pratiche erotiche “Altricorpi” – il nuovo libro di Paolo Armelli – vuole fare chiarezza sulla multiforme sessualità queer. Ma è anche un invito a ribellarsi al sesso come ci viene proposto e imposto… – Un estratto dal libro, dal capitolo “L’amore al tempo delle dating app”
Dating app, porno fai da te, crociate politiche in camera da letto: siamo circondati da immagini erotiche che diventano desideri che non sappiamo gestire, identità a cui non sappiamo dare un nome. Capita a tutti, tutti i giorni.
Non ne è esente la comunità LGBTQIA+, pur da sempre all’avanguardia nel processo di liberazione degli stili di vita. Riappropriandosi di parole, storie e pratiche erotiche Altricorpi – il nuovo libro edito Blackie Edizioni di Paolo Armelli, autore classe ’88, che si occupa di libri, tv e mondo dello spettacolo – punta a fare chiarezza sulla multiforme sessualità queer.
Ma Altricorpi è anche un invito a ribellarsi al sesso come ci viene proposto e imposto.
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In questo libro vengono infatti presentati i pionieri dei diritti e “gay cattivi“, lesbiche seducenti e altre escludenti, persone transgender che lottano per i propri spazi, bisessuali mai del tutto accettati, non-binary alla ricerca di nuovi linguaggi, asessuali fieri e intersessuali dimenticati. Alla ricerca di sé stessi, con le infinite molteplicità che ciò comporta.
Perché è giunto il momento di guardarci allo specchio, e riscoprirci finalmente un po’ più liberi.
Armelli, anche co-fondatore di QUiD Media, una piattaforma di cultura e informazione Lgbtq+, ha già pubblicato, sempre con Blackie, L’arte di essere Raffaella Carrà (qui la nostra intervista, ndr).
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Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo l’incipit del libro:
L’amore al tempo delle dating app
Dove ci si rimorchiava prima che esistessero le dating app sul telefonino? Più o meno chiunque abbia meno di 50 anni se lo chiede ossessivamente da ormai quasi un ventennio: l’avvento degli smartphone da una parte, con la loro connessione costante e gli infallibili sistemi di geolocalizzazione, e l’ossessione per l’interazione che abbiamo sviluppato grazie ai social dall’altra hanno fatto sì che il mondo del dating sia stato praticamente demandato alla dimensione digitale. I pochi sopravvissuti che possono testimoniare come funzionava il rimorchio pre-app, forse coadiuvati da qualche pittura rupestre o tavoletta preistorica, parlano di incontri avvenuti in bar, discoteche, i più fantasiosi parlano di corsi di danza, aeroporti, molti di uffici (quando mettersi coi colleghi di lavoro non era ancora considerato problematico).
Insomma, potenzialmente qualsiasi occasione nel mondo là fuori era buona per guardarsi, attaccare bottone e flirtare (anche flirtare è oggi potenzialmente problematico, ma giuro che smetto di aprire parentesi di questo tipo). Oggi un intricato sistema di scroll, swipe, tap, chat ha soppiantato la realtà con un metaverso delle relazioni erotiche e affettive che apre scenari decisamente inediti negli affari di cuore di tutti noi. Senza sconfinare in un eccessivo luddismo, non possiamo affermare categoricamente che i rituali affettivi di oggi, sviluppati notifica dopo notifica, siano necessariamente peggiori di quelli di un tempo: spesso le dating app sono un modo per incontrare persone che mai avremmo incrociato nella vita vera o per fare match con chi coltiva esattamente i nostri stessi interessi, più di chi frequentiamo ogni giorno; oppure ci permettono di mostrare lati di noi che, complici timidezze o convenzioni sociali, non riusciremmo a evidenziare negli incontri in 3D, perlomeno non all’inizio; o ancora aumentano la possibilità di appagare curiosità, desideri e istinti. Ovviamente il dating virtuale ci ha messo di fronte a una miriade di variabili incontrollate e di fenomeni spiacevoli, se non addirittura pericolosi, ma è proprio per questo che anche tutto l’universo dell’affettività 2.0 va analizzato e affrontato per le sue peculiarità più intrinseche, abbandonando pregiudizi e preclusioni.
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Oggi si rimorchia ovunque, dal più classico Instagram alle soluzioni più fantasiose come LinkedIn. Basta una connessione wi-fi e qualsiasi cosa può diventare una dating app, anche la chat del padel. Ma chi ancora frequenta con particolare insistenza dating app apposite e specificatamente connotate è la comunità queer, e ancora di più gli omosessuali. Come dice il mio amico Daniele, «il mondo gay si divide in due categorie: quelli che usano le dating app o le hanno usate almeno una volta nella vita, e quelli che mentono». È davvero raro, infatti, incontrare un uomo gay che non abbia mai avuto a che fare con Grindr e affini. Nato nel 2009, Grindr e la sua icona gialla sono divenuti un po’ la quintessenza del dating gay via smartphone e sebbene ci siano molte alternative, spesso specializzate per preferenze sessuali (tra cui PlanetRomeo, Hornet, Scruff, etc), per quantità di utenti e pervasività dell’immaginario questa app è davvero la via d’accesso privilegiata all’incontro di altri uomini gay di qualsiasi età, provenienza, inclinazione.
Anche alle persone lesbiche, bisessuali, transgender, etc capita di utilizzare le app di incontri, ma sono in particolare i gay che ne fanno un uso statisticamente più imponente. Come abbiamo già avuto modo di dire, è noto che la comunità maschile omosessuale ha una vita sessuale molto attiva e, nella maggior parte dei casi, non se ne vergogna: anche se ci sono delle anime pie che si buttano su Grindr in cerca dell’anima gemella e dell’amore eterno, è molto più probabile che il suo uso principale sia rivolto agli incontri sessuali fugaci, alle one-night-stand (la cara vecchia botta e via, ma così suona più fancy), alla collezione di figurine erotiche. Questo ha ricadute ben precise non solo sull’approccio dei gay, ma anche sulla comunità in generale…
(continua in libreria…)
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