“Lo scopo del libro è espandere la rappresentazione di chi siamo noi donne nere britanniche…”. Bernardine Evaristo si racconta a ilLibraio.it in occasione dell’uscita di “Ragazza, donna, altro”, romanzo vincitore del Man Booker Prize 2019 (insieme a “I Testamenti” di Margaret Atwood). E parla, tra le altre cose, di Brexit, Trump, pandemia, attivismo, ispirazioni letterarie, passione per il teatro. Spazio anche alle differenze tra il femminismo vissuto dall’autrice negli anni Ottanta e quello che si sviluppa oggi sui social: “Che ormai sia diventato parte di un certo tipo di marketing è chiaro, ma non sono sicura sia solo un male…” – L’intervista

Vincitore del Man Booker Prize 2019 insieme a I Testamenti di Margaret Atwood (Ponte alle Grazie, traduzione di G. Calza), Ragazza, donna, altro di Bernardine Evaristo (Edizioni Sur, traduzione di Martina Testa) è un romanzo che racchiude un universo di personaggi.

Dodici tra donne, ragazze, persone, con storie ed esperienze eterogenee ma tutte accomunate dall’essere nere o di sangue misto in Gran Bretagna.

In occasione dell’uscita del libro in Italia, abbiamo parlato con la scrittrice, già autrice di testi teatrali e di otto romanzi, di cui solo due pubblicati nel nostro paese: Mr. Loverman (Playground, traduzione di A. Bocchi) e Dove finisce il mondo (Salento Books, traduzione di E. Gendusa).

Bernardine Evaristo, donna ragazza altro

Bernardine Evaristo, per prima cosa partiamo dal titolo del suo romanzo: a che cosa si riferisce “altro”?
“‘Altro’ nel Regno Unito definisce qualcuno che è marginale, al di fuori delle narrazioni di massa. Per me il termine abbraccia i miei personaggi, che sono per la maggior parte donne. Donne di colore, in particolare. Alcune sono anche portatrici di alterità per via della loro sessualità, della loro classe sociale, della loro età, del loro status di immigrate… Infine c’è un personaggio che è non binario, e quindi non è rappresentato dal resto del titolo. In questo senso,  ‘altro” ha anche un valore di inclusività”.

Parlando appunto di inclusività, quanto era importante per lei scrivere un romanzo che raccontasse personaggi così eterogenei?
“Ho deciso di scrivere il romanzo per rappresentare una moltitudine di donne nere britanniche. Per me era importante includere tante storie: ci sono dodici protagoniste, ma le persone rappresentate sono molte di più. Lo scopo del libro è espandere la rappresentazione di chi siamo noi donne nere britanniche. Per fare ciò avevo bisogno di una gran varietà di alterità. Il desiderio di scrivere queste storie nasce dal mio percorso di attivista e dalla carenza, nella letteratura britannica, si storie non stereotipate sulle donne nere”.

La sua esperienza di attivismo è anche legata al femminismo: vede differenze tra il suo percorso di femminista iniziato negli anni Ottanta e l’ultima ondata di femminismo che si è sviluppata anche grazie ai social e al web?
“Mi sono avvicinata al femminismo negli anni Ottanta: era una contro-cultura allora, eravamo ferventi e non saremmo mai state avvicinate dai brand come succede oggi alle giovani femministe, che firmano partnership con case di moda e aziende. Avevamo una grande integrità ma, allo stesso tempo, era un movimento molto di nicchia, che non riceveva nessuno supporto dai media, anzi eravamo ridicolizzate dall’opinione pubblica. La parola ‘femminista’ era un insulto. Ora, dal #metoo in poi, il femminismo è diventato di moda e questo non è un male, se serve a far circolare il messaggio che la società deve diventare più inclusiva”.

Certo, però spesso il femminismo diventa un’etichetta da applicare a prodotti o brand per renderli più appetibili per un certo pubblico…
“Quando guardo le mie foto da ragazza mi chiedo se un brand mi avrebbe mai chiesto di diventare la sua portavoce: avevo i capelli rasati, indossavo anfibi e giacconi da uomo. Le femministe di successo oggi hanno un’immagine molto diversa dalla mia. Che il femminismo ormai sia diventato parte di un certo tipo di marketing è chiaro, ma non sono sicura sia solo un male. Promuovere l’empowerment femminile, sollecitare le donne a supportarsi a vicenda, spingere perché la società diventi egualitaria restano messaggi positivi. Solo il tempo saprà darci risposte sugli effetti di quest’ultima ondata di femminismo”.

In Ragazza, donna, altro c’è un personaggio, Penelope, che è stata un’attivista per i diritti delle donne. Nonostante i suoi ideali, però, disprezza le donne nere. Com’è nata questa figura contraddittoria?
“Mi sono divertita a scrivere di Penelope e devo ammettere che mi sono ispirata a una donna che ho conosciuto davvero, anni fa. Era una femminista bianca, di classe media, con una carriera di successo e che, nonostante i suoi ideali, non sopportava le donne nere. Siccome lo scopo del romanzo è quello di rappresentare personaggi complessi, stratificati, ho lavorato molto su Penelope. All’inizio l’avevo immaginata come una figura solo negativa, poi l’ho riscritta per togliere il mio giudizio e i miei sentimenti nei confronti della donna a cui mi sono ispirata. Nel romanzo c’è anche un’altra femminista molto appassionata alla causa che però ha una relazione abusiva con la compagna. Quello che cercavo di rappresentare è la contraddizione che spesso alberga nelle persone. Anche chi ha dei comportamenti mostruosi può essere capace di amare, di essere un ottimo genitore, un amico, perfino un attivista per delle buone cause”.

La sua scrittura quanto è influenzata dall’esperienza teatrale?
“La caratterizzazione dei personaggi deve molto al mio lavoro per il teatro. Questo è anche il mio ottavo libro e avevo ben chiaro, scrivendolo, di voler creare personaggi con esperienze molto distinte. Ad esempio, Amma e Dominique sono amiche con un percorso simile, ma sono due persone diverse, che fanno scelte talvolta opposte e vivono situazioni differenti. Ho dedicato una trentina di pagine a ogni personaggio, ma ho cercato di scavare nel cuore di ognuno e di raccontare tutto quello che il lettore doveva sapere su di loro. E l’ho fatto esponendo sia dei micro elementi caratterizzanti, sia delle macro tematiche che potessero dare una visione d’insieme. La forma usata per il romanzo mi ha permesso di fare ciò; infatti ho adottato una sorta di scrittura poetica, che ha reso possibile amalgamare il presente e il passato di ogni personaggio”.

Per la forma del romanzo, si è ispirata a qualche opera in particolare?
“Tutto quello che leggo o che vedo mi influenza, ma alla fine degli anni Settanta ho visto un’opera teatrale, poi diventata un piccolo libro scritto come se fosse un poema. Si tratta di For Colored Girls Who Have Considered Suicide / When the Rainbow Is Enuf della scrittrice afroamericana Ntozake Shange. Raccoglie le storie di sette donne afroamericane che si succedono sul palco, come in una coreografia, ognuna raccontando la propria vicenda. Nel mio romanzo succede lo stesso, i personaggi sono diventati dodici, ma si muovono uno attorno all’altro, come in una danza”.

In Ragazza, donna, altro si affacciano il presente e il passato dei personaggi, oltre a spiragli di futuro. Quando è importante per lei riflettere sul passato e immaginare il futuro?
“Sia a livello personale sia nazionale, il passato è fondamentale. Ho fatto ricerche sulla mia famiglia per scoprire le mie origini e la storia dei neri britannici è completamente integrata in quella del paese, nonostante la storiografia ufficiale la escluda, così come la storia delle donne e quella della classe lavoratrice. Per quanto riguarda il futuro, non riesco a smettere di pensarci: da ormai venticinque anni mi sono fissata degli obiettivi, che ho in parte raggiunto con il Booker Prize. Più in generale, spesso mi domando come cambieranno le cose. Ad esempio, dall’elezione di Trump nel 2016 mi sono interrogata sulle conseguenze di un personaggio che ha cambiato il concetto di morale pubblica in politica e di cui abbiamo visto le conseguenze qui con Boris Johnson. Scrivo spesso del passato, di solito però non scrivo del futuro: chissà, magari lo farò in un prossimo libro…”

Prima di lasciarci, ritorniamo al presente. Come si vive nel Regno Unito nel 2020?
“Quest’anno è stato un disastro, in tutto il mondo: Covid, Brexit, Black Lives Matter. In modi diversi tutti e tre i fenomeni hanno diviso la popolazione, agendo da catalizzatori per problematiche già esistenti. Il nostro Primo Ministro è stato tra i fautori della Brexit, e davanti alla pandemia ha dimostrato tutta la sua incompetenza. Le proteste legate al movimento Black Lives Matter sono servite per far sentire la nostra voce anche dalle istituzioni, che sorprendentemente hanno prestato ascolto. L’assassinio di George Floyd ha sicuramente aperto gli occhi a molti, anche se come sempre i media hanno dedicato attenzione alle proteste per poco tempo. Purtroppo, a ogni progresso segue una regressione: non è un caso se abbiamo avuto Obama e poi Trump”.

E a livello personale, che anno è stato finora?
“Il mio anno migliore sia come scrittrice che come attivista. Il mio futuro si basa sulla mia carriera attuale: quando sarà possibile farò un tour, lavorerò a un altro libro, inizierò altri progetti di attivismo, magari qualcosa di longevo”.

Fotografia header: Bernardine Evaristo foto di (c) Jennie Scott

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