“Notturno di Gibilterra”, romanzo d’esordio di Gennaro Serio (vincitore del premio Calvino) mette in atto un “sabotaggio” del genere più letto e amato: il giallo (letterario), con al centro la figura dello scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas – Su ilLibraio.it un estratto

Gennaro Serio è nato a Napoli nel 1989. Vive a Roma, dove lavora nella redazione del manifesto. Scrive per varie testate, tra cui il Venerdì e Alias. Con Notturno di Gibilterra, il suo primo romanzo, proposto da L’Orma, ha ottenuto uno dei prestigiosi riconoscimenti riservati agli inediti di scrittori esordienti, il Premio Italo Calvino. Questa la motivazione della giuria: “Per il coraggioso esperimento metaletterario condotto nel testo con lingua poliedrica, sulla scia dei modelli cosmopoliti di Vila-Matas e Bolaño. Un giallo sofisticato dal gusto ironico e parodistico che vede i protagonisti in viaggio per l’Europa dei luoghi di culto della scrittura terminando nella Gibilterra dell’immortale Molly Bloom”.

Notturno di Gibilterra mette in atto un “sabotaggio” del genere più letto e amato: il giallo. Nell’appartata sala da tè del Grand Hotel Rodoreda di Barcellona, un giovane giornalista sta intervistando il celebre scrittore Enrique Vila-Matas. Ma, evidentemente, qualcosa va storto. Nella sala resta solo il cadavere dell’intervistatore, e Vila-Matas pare svanito nel nulla. Un detective scontroso, e fiero “nemico delle Lettere”, si lancia all’inseguimento del supposto assassino con l’aiuto della sorella Soledad, medico legale e coltissima lettrice, che sembra invischiata nella vicenda più di quanto non dovrebbe. Si innesca così un congegno romanzesco composto di carteggi, referti, interviste, picaresche peripezie (e persino di un campionato mondiale dei detective letterari in cui si sfidano mostri sacri come Poirot, Montalbano, Maigret e Sherlock Holmes). Un “ipergiallo” giocoso che, attraverso una rete di divertiti omaggi e ghiotte citazioni, porta il lettore dai canali delle Fiandre al Baltico, dall’Accademia di Svezia alla Patagonia, per approdare infine a Gibilterra, dove marginali poeti allo sbando rivendicano uno spazio a quella materia incandescente che è la letteratura…

Gennaro Serio Notturno di Gibilterra

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto

La musichetta

Il cadavere è stato esaminato da chi scrive molto tempo dopo il suo rinvenimento e dopo una prima autopsia effettuata dagli specialisti della polizia catalana. Questo breve resoconto dunque non si soffermerà sugli elemen­ti inessenziali né su dettagli già emersi in altra sede e che non presentino problematiche di sorta. In premessa riteniamo necessario chiarire che, pur non essendo diffi­cile constatare le cause materiali che hanno condotto la vittima a morte, non può essere altrettanto immediato il riconoscimento di quei segni che assumono, in casi come questo, sfumature di significato indessicali (chec­ché ne dica Beniamino Placido, per coloro che sapessero chi era). La regione temporale destra è stata lacerata con perforazione da un oggetto che da una prima analisi ri­sulta modellato a forma di Europa in declino. Si tratta di un blocco di metallo sgrezzato con mano sapiente che rimanda ad alcune opere d’avanguardia brutta. L’ar­tista ha innestato un elemento d’argilla rossa in appen­dice alla scultura e un occhio attento a certe finezze può notare che il suddetto pezzo d’argilla è forgiato sì da assomigliare allusivamente alla Florida. Una disamina compositiva d’insieme rivela che il posizionamento del­ la Florida non è casuale: essa sostituisce il punto esatto dal quale dovrebbe affacciarsi timido e polveroso il Pelo­ponneso, qui punto scomparso. L’opera assume dentro di sé l’ambiguità dell’ibridazione geografica e si confi­gura come una rappresentazione in absentia: un’Europa senza Peloponneso si presta certo a letture superficiali; però, se al posto della Florida ci fosse stato il Pelopon­neso… La scultura pesa circa tre chilogrammi, presenta un’altezza di quaranta centimetri per trenta di lunghez­za. Le asperità del metallo rendono l’oggetto pericoloso: sulla parte superiore si apprezza una punta acuminata intrisa di antico e sanguinario orgoglio britannico… L’assassino ha colpito una prima volta con la parte d’ar­gilla che infatti si è spezzata: residui pulviscolari sono stati trovati sul cadavere e il pezzo staccatosi dalla scul­tura è stato trovato a pochi centimetri dal corpo. L’assas­sino ha impugnato l’arma e ha sferrato in tutto cinque o sei colpi, l’ultimo dei quali ha fatto deflagrare buona parte della calotta cranica della vittima, causando una copiosa fuoriuscita di materia cerebrale. Non sono ri­scontrabili segni di colluttazione, se si fa eccezione per una penna di materiale plastico che la vittima ha spez­zato nella propria mano ferendosi; è presumibile che abbia scagliato i resti dell’oggetto verso il suo assalitore in un momento in cui i due si erano distanziati di qualche metro, forse per la caduta della vittima, o forse perché l’assassino si era allontanato prima di tornare a colpire il ragazzo per finirlo. L’arma del delitto è stata recuperata dal sottosuolo ma ciononostante le impronte dell’assas­sino e la traccia organica della vittima erano parimenti riscontrabili. Sulla vittima sono state effettuate le analisi di prassi prima che la sottoscritta giungesse a occuparsi del caso. Per nostra parte si è ritenuto di procedere a un supplemento di analisi in laboratorio, segnatamente andando a eseguire un esame radiografico che eviden­ziasse il disegno della frattura cranica meglio di quanto non abbiano fatto le pur eloquenti fotografie scattate dagli agenti di pubblica sicurezza. La composizione del­l’immagine radiografica è stata ottenuta utilizzando un fattore di contrasto non ionico a base di organoioduri, sintetizzato da chi scrive alcuni anni fa. Tale brevetto prende il nome da colui che lo ha ispirato, ed è stato da me battezzato Agente di contrasto Andersson.

Gennaro Serio

L’autore Gennaro Serio

I risulta­ti hanno vieppiù confermato la bontà di questa scelta. Le sfumature di questo prodigio della diagnostica per immagini evidenziano un risultato che va ben oltre lo scopo medico e assurge al rango di composizione artisti­ca. L’immagine del cranio della vittima, archiviata come Composizione in grigio n. 2, viene esaltata dall’Agente di contrasto Andersson attraverso le usuali venature co­ balto che fanno subito correre il pensiero a un estivo tramonto scandinavo; risulta chiara la linea di frattura all’altezza della bassa regione temporale destra, e sembra quasi di sentire le note all’ascolto delle quali il ragazzo ci ha lasciati prematuramente (conto di sperimentare il fattore Andersson nei miei studi di neuroimaging): la musichetta che sente solo e soltanto colui che già è in cammino, senza saperlo, verso il regno del silenzio. Come quel personaggio di un film di Roy Andersson, un vecchio seduto nell’antica locanda di Lotta la Zoppa, a Göteborg. Il vecchio ha cent’anni sicché Lotta è morta da moltissimo tempo e il locale ha cambiato arredamento e clientela. Il vecchio è chino sul suo bicchierino e pare completamente sordo, visto che per offrirgli un secondo giro la cameriera deve sgolarsi a un centimetro dal suo orecchio. Un avventore sciocco dice, che fortuna che il vecchio non senta, si risparmia tutte le stronzate. La cameriera dice che il vecchio è un cliente fisso da diversi anni e l’avventore sciocco risponde che allora deve averne bevuti di bicchierini. A questo punto, proprio a questo punto, perché il regista vuole sottolineare che l’avventore sciocco non ha la minima idea di cosa passi per la testa del vecchio, di cosa vogliano dire per lui tutti i bicchierini bevuti negli ultimi settant’anni, lo stacco di montaggio ci introduce a una lunga analessi: siamo nel quarantatré, il vecchio non è più vecchio, è ben vestito e sorridente. È più o meno nella stessa posizione, nella stessa taverna ma stavolta sono proprio i tempi gloriosi di Lotta la Zoppa, per la quale il futuro vecchio nutre da sempre un segreto e innocentissimo amore. La locanda è affollata da soldati in licenza e l’aria è fumosa, niente a che vedere con l’avventore sciocco. È la sera più importante della sua vita ma il futuro vecchio ancora non lo sa. Beve una birra, e dopo poco Lotta comincia da lui un giro di bicchierini della casa e gli sorride. Lui sorride. Mentre distribuisce bicchierini, Lotta canta la sua leggendaria canzone. Vuole essere pagata con pochi centesimi. Mentre canta guarda il futuro vecchio ma questi non ha il coraggio di alzarsi e andare incontro alla sua amata. L’attimo fugge e i militari fanno presto a organizzare il coro di risposta: non abbiamo un soldo, e poi la domanda allusiva: come paghiamo? La locandiera non si fa pregare: pagate con un bacio; mentre lo dice guarda ancora il futuro vecchio, lo invita con gli occhi. Quello indugia ancora, china il capo sul suo bicchierino, non ce la fa. Lotta non può esimersi e bacia tutti, dico tutti gli avventori uno a uno, mentre sale il coro assordante, il coro che assorderà per sempre le orecchie del futuro vecchio che in quel momento sa di aver perso la sua occasione, sa di aver perso la sua Lotta per sempre e non riuscirà mai più a liberarsi di quel coro assordante, quel coro che è la sua musichetta, quel coro che lo ha fatto invecchiare di cent’anni in una sola sera. Il vecchio non berrà più birra, solo bicchierini della casa, ma questo non gli restituirà il tempo perduto. La sua sordità non è altro che la condanna ad ascoltare sempre e solo la sua musichetta, il maledetto coro dei militari che violentano Lotta davanti a lui, impotente e solo, umiliato e abbandonato, sordo che non ha orecchio se non per la canzone di Lotta, la sua Lotta che ormai è diventata Lotta la Zoppa, patrimonio di tutta la Svezia, immortalata nella canzonetta che significa allegria per tutti tran­ ne che per lui: per lui è la musica del tempo perduto, la musica dei morti, ovvero la musichetta. L’unico artista che a oggi sia riuscito a farci ascoltare il suono della musichetta è stato Roy Andersson. Ecco perché a lui è intitolato il mezzo di contrasto che grazie alla sua efficacia riesce (quasi) a cristallizzare lo spartito metafisico della musichetta: Agente di contrasto Andersson.

(continua in libreria…)

Libri consigliati