Dopo l’acclamato “Seni e uova”, Mieko Kawakami torna con “Heaven”, un romanzo d’amore, amicizia, orrore, solitudine. Una storia che parla di bullismo e che allo stesso tempo è anche un’analisi spietata della società in chiave filosofica

In Italia la letteratura giapponese contemporanea si è affermata con Banana Yoshimoto e Haruki Murakami già negli anni ‘90. Così il lettore italiano si è abituato a un mondo completamente diverso dal suo e si è infatuato di un’atmosfera rarefatta, di affinità relazionali quasi spirituali tra i personaggi e di colori tenui, di una solitudine anelata e pranzetti preparati con cura.

Mieko Kawakami

Mieko Kawakami – Fotografia di Reyko Toyama

È di questo ambiente che fa parte anche Heaven (e/o, traduzione dal giapponese di Gianluca Coci) il romanzo di Mieko Kawakami, autrice dell’acclamato bestseller internazionale Seni e uova (sempre e/o, sempre traduzione di Gianluca Coci).

Ma Kawakami fa anche qualcos’altro, oltre a ritrarre una situazione quotidiana e rassicurante: la stravolge con la violenza e l’insicurezza.

Il protagonista di Heaven è senza nome, ma viene chiamato dai compagni di classe Occhi storti.
È un adolescente dolce, silenzioso, apparentemente fragile ed è, naturalmente, strabico. Viene puntualmente bullizzato dai suoi compagni di classe, che non gli risparmiano scherzi, insulti e brutalità di ogni tipo.

Frequenta una classe di quattordicenni in Giappone, nei primissimi anni ‘90, un momento storico in cui si comincia davvero a parlare di bullismo. In televisione si sentono casi di ragazzini che si sono chiusi in loro stessi, allontanandosi sempre più dal mondo reale, trincerati nelle loro stanze, sempre più distaccati da tutto, per poi suicidarsi.

Di questo ha paura la madre del protagonista, ma di certo non si rende contro che proprio suo figlio potrebbe correre lo stesso rischio e, come tutti gli altri adulti, i veri assenti di questa storia, non sospetta delle violenze che il ragazzo subisce in classe.

Il protagonista senza nome non è il solo a essere maltrattato in quella classe: anche Kojima, una ragazzina dai capelli scuri, vestiti lisi dal tempo e una patina di sporcizia addosso, viene brutalizzata per la sua povertà. Il sodalizio tra i due non è immediato, avviene lentamente, tra uno scambio di lettere sotto al banco e un altro.

Può sembrare una trama a cui si è abituati, una bella storia di resilienza e grandissima amicizia, ma non è solo questo. Quella di Mieko Kawakami è un’analisi spietata della società in chiave filosofica. Oltre al racconto del dramma personale del protagonista senza nome, di quello di Kojima, della vuotezza della vita della madre, dell’assenza di legami reali e passioni, infatti, quello di Kawakami è il tentativo di esplorare modi diversi di affrontare il dolore dell’esistenza.

E ci offre dialoghi che lo raccontino, e da cui emerga al meglio il nichilismo di Momose. A tutti gli effetti uno dei bulli che torturano il protagonista, lui non interviene però mai attivamente e osserva silenzioso gli sviluppi delle violenze. Non prova colpa, comprende perfettamente le sue azioni ma non le giudica: “In colpa? Io?”, risponde al protagonista quando questo gli chiede ragione del suo comportamento.

Ovviamente reagirebbe se qualcuno colpisse una persona a lui cara, ma continua dicendo: “Quanto alla logica del ‘non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te’, secondo me è un’emerita stronzata. Non ci ho mai creduto, sono tutte fesserie. È solo una scusa di cui si servono i deboli e tutti quelli che sono incapaci di vedere le cose come stanno e non sanno né pensare né difendersi da soli”.

Mieko Kawakami heaven

La posizione di Kojima è allo stesso modo pericolosamente affascinante: lei resiste. Resiste in silenzio, prende le botte, gli insulti, e non cambia mai. Rimane sempre identica a se stessa, anche se saprebbe perfettamente come omologarsi per non venire più picchiata. L’unico modo per sopravvivere per lei è accettare il dolore come parte integrante della vita, e non farsi scalfire da niente. Non cambiare mai. Ed è pur di mantenere la sua amicizia con Kojima che il protagonista farebbe di tutto, anche aderire al suo schema di valori, e non operare un occhio strabico, così da rimanere uguale a se stesso e resistente. In lui però sono in atto cambiamenti che non possono fermarsi, forze troppo grandi, l’adolescenza in tutta la sua intensità.

Le stagioni cambiano. Col caldo, col freddo, le giornate rimangono sempre le stesse: scuola, casa, le notti stracolme di paura, inghiottite dall’ansia che le cose che spaventano possano realizzarsi, per poi effettivamente convergere nel finale. Un tornado di violenza che si propaga gonfiandosi e trascinando con sé tutto, e che si conclude nelle ultime pagine, così liriche dal diventare quasi un’esperienza spirituale.

Heaven è un romanzo d’amore, di amicizia, di orrore, di solitudine, che racconta la magia di alcuni istanti, il paradiso a cui tendiamo per natura, la ricerca di un luogo felice, stabile e sereno.

Fotografia header: Foto di Reyko Toyama, rielaborazione grafica di Silvia Cannarsa

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