“L’oro è giallo”: un romanzo irriverente, che conferisce “nuova dignità” alla vescica

La protagonista di L’oro è giallo ha il terrore dei bagni pubblici e teme costantemente di non riuscire a trattenere la pipì quando viaggia. Un incubo a occhi aperti, che la assilla a tal punto da iniziare a vedere minzioni ovunque, anche nelle cose più impensabili. Dalle riviste d’arte contemporanea ai film al cinema: tutto diventa pipì. Inizia addirittura a ragionare come un Inuit: crede che questa malsana ossessione sia data dal fatto che nella vescica risiede la sua anima. Ed è proprio in questo stravagante assunto che individua le possibili ragioni di una felicità arrestata sul nascere e di un piacere trattenuto troppo a lungo…

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“Ti svegli ed è ancora notte, ti volti su un fianco e sollevi le ginocchia al petto, ti giri dall’altra parte, poi ti appiattisci pancia in sotto, infine rinunci, ti alzi e insegui sul pavimento della stanza il gomitolo di luce che dal labirinto del sonno ti condurrà nel bagliore bianco del bagno. Eccoti lì, ancora una volta sei stata spinta fuori dalle coperte tiepide e sei approdata sulla tavoletta fredda del water, ridicolo mezzobusto che cerca di trattenere la quiete negli occhi e di spingere fuori il getto che raspava le pelvi”, si legge nel romanzo.

Una storia che, intervallata dalle umoristiche digressioni dell’autrice, punta a veicolare un inno alla liberazione, nelle relazioni sociali come nel rapporto con il proprio corpo.